Christopher Nolan non fa mai le cose a metà. Dopo aver conquistato l’Oscar per il miglior film con Oppenheimer, il regista britannico si prepara a un’impresa titanica: portare sul grande schermo The Odyssey, uno dei testi letterari più antichi e influenti della civiltà occidentale.
Ma chi pensa che il passaggio dall’era atomica all’epica greca significhi alleggerire il carico morale si sbaglia di grosso. Anzi, il nuovo progetto di Nolan promette di riaccendere esattamente quel tipo di dibattito lacerante che ha trasformato Oppenheimer in un fenomeno culturale oltre che cinematografico.
Quando Oppenheimer arrivò nelle sale, portò con sé qualcosa di inaspettato: un’ondata di discussioni appassionate sull’uso delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Non si trattava di una semplice recensione del film, ma di un vero e proprio riesame storico collettivo. Le persone si sono ritrovate a confrontarsi con domande scomode: è mai giustificabile l’uso di un’arma di distruzione di massa? Quante vite salvate possono compensare quelle annientate? Nolan non aveva dato risposte, aveva semplicemente posto le domande giuste, costringendo il pubblico a fare i conti con la complessità morale della storia.
The Odyssey, in uscita il 17 luglio 2026, è destinato a ricreare esattamente quella stessa tempesta intellettuale ed emotiva. Certo, parliamo di un testo letterario antico, di una storia che mescola elementi storici e fantastici, con dei ed eroi che navigano tra mito e realtà. Ma sotto la superficie epica si nasconde un terreno minato di dilemmi morali che risuonano con forza anche nell’epoca contemporanea.
Il cuore pulsante di questa controversia annunciata si chiama Scilla e Cariddi, uno degli episodi più celebri e strazianti del viaggio di Odisseo. Durante il suo ritorno decennale da Troia, l’eroe greco si trova davanti a una scelta impossibile: navigare vicino a Scilla, un mostro marino a sei teste che divorerà alcuni dei suoi uomini, o tentare di attraversare Cariddi, un gigantesco vortice che inghiottirebbe l’intera nave e l’intero equipaggio. Non esiste una terza via, non c’è salvezza per tutti. Odisseo sceglie Scilla, sacrificando deliberatamente una parte del suo equipaggio per salvare la maggioranza.
Ma c’è di più, e qui arriva il colpo di scena morale: Odisseo mente ai suoi uomini. Non rivela loro l’esistenza di Scilla, permettendo che vengano divorati senza sapere cosa li attende. È leadership pragmatica o tradimento? È la scelta utilitaristica di un comandante o la vigliaccheria di chi non ha il coraggio di condividere il peso della decisione?
Questa è esattamente la stessa matrice etica che attraversava Oppenheimer come una corrente elettrica. Robert Oppenheimer, interpretato da Cillian Murphy, era un uomo che aveva contribuito a creare l’arma più devastante mai concepita, sapendo che avrebbe causato morte e distruzione inimmaginabili, ma convinto che avrebbe potuto porre fine a un conflitto ancora più sanguinoso. Il “male minore” come giustificazione per l’orrore.
Nolan ha costruito la sua carriera su questi nodi gordiani della moralità. Lo abbiamo visto in Dunkirk, dove la sopravvivenza collettiva richiede sacrifici individuali. Lo abbiamo vissuto in Interstellar, dove Matthew McConaughey deve scegliere tra salvare l’umanità e riabbracciare i propri figli. E ora, con The Odyssey, il regista tornerà a quella domanda fondamentale: quando, se mai, è giustificabile sacrificare pochi per salvare molti?
L’interpretazione di Matt Damon nei panni di Odisseo promette di essere lontana anni luce dall’eroe muscolare e irreprensibile del cinema d’azione contemporaneo. Nolan ha scelto di basarsi sulla traduzione di Emily Wilson, la prima donna classicista a tradurre l’Odissea in inglese, un lavoro che ha suscitato dibattiti accesi per la sua prospettiva moderna su un testo antico. La Wilson presenta Odisseo non come un supereroe in toga, ma come un uomo complesso, capace di adulterio, omicidio, inganno verso i propri compagni.
Questa scelta ha già innescato polemiche, con alcuni che accusano il progetto di “revisionismo woke” prima ancora di aver visto un singolo fotogramma. Ma è proprio qui che si manifesta il genio provocatorio di Nolan: il regista non è interessato a dare comfort morale al suo pubblico. Vuole invece costringerci a confrontarci con personaggi storicamente importanti che non sono necessariamente buoni secondo i nostri parametri contemporanei.
A differenza di Oppenheimer, The Odyssey non porta con sé il peso emotivo diretto di eventi storici come Hiroshima e Nagasaki. Ma questo non significa che i suoi dilemmi siano meno rilevanti. Al contrario, la distanza mitologica potrebbe permettere discussioni ancora più libere e universali sui temi del sacrificio, della leadership, della menzogna in nome del bene comune.
Il film arriva in un momento culturale in cui le questioni etiche non sono mai state così polarizzanti. Viviamo in un’epoca in cui ogni decisione complessa viene ridotta a posizioni binarie, dove la sfumatura è vista come debolezza e l’ambiguità morale come tradimento. Il cinema di Nolan, invece, vive esattamente in quello spazio grigio, in quella zona scomoda dove le risposte facili non esistono.
Con un cast stellare che include Tom Holland nei panni di Telemaco, Zendaya e Anne Hathaway, The Odyssey ha tutti gli ingredienti per diventare non solo un successo di botteghino, ma un evento culturale capace di innescare conversazioni nei salotti, nelle aule universitarie, sui social media. Proprio come fece Oppenheimer.
Perché, alla fine, questo è ciò che distingue un grande film da un semplice intrattenimento: la capacità di porre domande che continuano a risuonare molto dopo che le luci della sala si sono riaccese. Nolan non ci darà la pace di una risposta definitiva. Ci consegnerà invece uno specchio in cui guardare le nostre contraddizioni, i nostri compromessi, le nostre impossibili scelte quotidiane. E ci chiederà: cosa avreste fatto voi al posto di Odisseo? Quale vita vale di più? Chi ha il diritto di decidere?
Preparatevi, perché tra meno di un anno il dibattito ricomincerà. E questa volta, avrà il sapore antico del mare Egeo.