“Perché ho deciso di venire?” La domanda risuona all’inizio di “Noi non siamo napoletani” come un enigma sospeso nell’aria.

È una domanda semplice, quasi banale, eppure custodisce tutto il mistero e l’umanità che attraversa questo piccolo gioiello documentaristico firmato da Gianluca Vitiello. Otto anni dopo Napolitaners, il regista e speaker di Radio DeeJay compie un’inversione di rotta radicale: se nel primo lavoro aveva dato voce a chi Napoli l’aveva lasciata, ora racconta la città attraverso gli occhi di chi l’ha scelta, spesso arrivando dall’altra parte del mondo.

Ed è proprio in questa inversione di sguardo che il documentario trova la sua forza più autentica. Noi non siamo napoletani non è un semplice ritratto urbano, ma un mosaico umano delicato ed eterogeneo, composto da accenti diversi, passati lontani, frammenti di esistenze che si intrecciano con l’anima irrequieta e generosa di Napoli. Una scrittrice dell’Est Europa, un musicista argentino partenopeo da trent’anni e devoto a Maradona, un architetto tedesco, una ricercatrice giapponese, un insegnante di inglese proveniente dagli Stati Uniti: ognuno porta con sé una storia, un viaggio, una scelta.

C’è chi in città ci è arrivato con un gommone partendo dall’Africa, sfidando il mare e il destino. C’è chi ci è venuto per ragioni sentimentali, “per poi essere lasciato”, ironizza con autoironia uno degli intervistati. Storie diverse, percorsi imprevedibili, ma tutte convergono verso lo stesso punto: Napoli come destinazione finale, come casa scelta e non subita. La città emerge attraverso queste voci sincere, senza filtri retorici, senza idealizzazioni da cartolina.

Vitiello osserva senza giudicare, lascia che i suoi personaggi parlino liberamente, che raccontino lo shock iniziale, le contraddizioni quotidiane, la bellezza che si scopre solo abitandola. Il regista costruisce una narrazione che scorre via in settanta minuti calibrati, sostenuta dalla colonna sonora di Simone Paleari, alternando momenti di riflessione profonda ad attimi di leggerezza. Non c’è sentimentalismo gratuito, né voyeurismo antropologico: c’è rispetto, curiosità genuina, passione controllata.

Il titolo stesso è una dichiarazione programmatica. Noi non siamo napoletani ribalta un coro calcistico insultante e ricorrente negli stadi italiani, trasformandolo in una frase che suona come un piccolo rimpianto: non esserci nati, certo, ma anche l’occasione per guardare Napoli con occhi più liberi, forse più lucidi. È lo sguardo di chi non dà nulla per scontato, di chi deve conquistare ogni angolo, ogni tradizione, ogni codice non scritto della napoletanità.

Questo documentario umile e appassionato celebra Napoli senza idealizzarla, restituendole una dignità che passa attraverso la scelta consapevole di chi decide di restarci o di arrivarci da molto lontano. È un omaggio lieve ma potente, che lascia allo spettatore il piacere di scoprire la verità più semplice e più bella della città: quella che si svela negli occhi di chi l’ha amata abbastanza da farne la propria casa.

In un’epoca in cui i documentari sulla città partenopea oscillano spesso tra folklore esasperato e denuncia sociale, Noi non siamo napoletani di Gianluca Vitiello sceglie una terza via: quella dell’ascolto, della presenza discreta, della costruzione corale di un’identità che non esclude ma accoglie. Una lezione di cinema e di umanità, racchiusa in settanta minuti che sanno di vita vera.

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