Perdere un lavoro è un’esperienza traumatica per chiunque. Ma immaginate di essere attori, di aver vinto un’audizione durissima, di aver firmato il contratto dei vostri sogni, e poi di essere licenziati mentre le riprese sono già in corso.
Non è solo la fine di un progetto: è l’umiliazione pubblica, il fallimento cristallizzato su pellicola, la consapevolezza che qualcun altro prenderà il vostro posto e, forse, la gloria che doveva essere vostra. Hollywood è spietata, e la storia del cinema è costellata di attori che hanno vissuto questo incubo. Alcuni sono stati sostituiti per ragioni creative, altri per comportamenti problematici, altri ancora per dinamiche che sfuggono alla logica. Quello che è certo è che dietro alcuni dei personaggi più iconici della storia del cinema si nascondono volti che non abbiamo mai visto, performance cancellate, carriere deviate. Queste sono le loro storie.
La vicenda più celebre riguarda Eric Stoltz e “Ritorno al futuro”. Fin dall’inizio, il regista Robert Zemeckis e il produttore Steven Spielberg volevano Michael J. Fox per il ruolo di Marty McFly. Ma Fox era impegnato nella serie TV “Casato e segreti”, così scelsero Stoltz. Dopo settimane di riprese, però, qualcosa non funzionava: nelle prime versioni del montaggio, Stoltz non faceva ridere. Il film doveva essere una commedia brillante, ma l’attore aveva adottato un approccio drammatico, quasi metodico. Secondo il libro “We Don’t Need Roads: The Making of the Back to the Future Trilogy”, Stoltz pretendeva che tutti sul set lo chiamassero “Marty”, immedesimandosi totalmente nel personaggio. Alcuni membri della troupe tirarono un sospiro di sollievo quando venne licenziato.
La decisione di sostituire Stoltz con Fox si rivelò vincente: il film incassò oltre 200 milioni di dollari e divenne un classico. Stoltz, da parte sua, dichiarò anni dopo a Moviehole che l’esperienza fu “liberatoria”, in retrospettiva. Ma liberatoria o no, rimane una delle sostituzioni più famose della storia di Hollywood.
Un caso diverso, ma altrettanto doloroso, riguarda Samantha Morton in “Her” di Spike Jonze. Morton aveva registrato l’intera voce di Samantha, il sistema operativo di cui si innamora il personaggio di Joaquin Phoenix. Durante le riprese, tutto sembrava andare per il verso giusto. Morton aveva dato a Phoenix materiale emotivo prezioso su cui lavorare. Ma quando il team arrivò in sala montaggio, Jonze si rese conto che qualcosa non quadrava. La chimica non funzionava, il tono della voce non corrispondeva a ciò che il personaggio richiedeva.
Morton fu sostituita da Scarlett Johansson, che registrò tutti i dialoghi tra un impegno e l’altro sul set di “Captain America: The Winter Soldier”. Il film vinse l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale, e la voce di Johansson divenne iconica. Morton non ha mai commentato pubblicamente l’accaduto, ma è facile immaginare la frustrazione di vedere il proprio lavoro cancellato completamente.
Se parliamo di licenziamenti leggendari, non possiamo ignorare Harvey Keitel e “Apocalypse Now”. Francis Ford Coppola ingaggiò Keitel per il ruolo del capitano Willard, ma dopo poche settimane di riprese lo licenziò. Il motivo? Divergenze creative insanabili sulla caratterizzazione del personaggio. Keitel, ex marine con tre anni di esperienza sul campo, voleva portare la sua conoscenza militare nella performance, ma Coppola aveva una visione diversa. In un’intervista con lo scrittore Jason Matloff, Keitel ha spiegato che, se il regista avesse davvero compreso il valore del suo contributo, la separazione non sarebbe avvenuta.
Al posto di Keitel arrivò Martin Sheen, che subì un infarto durante le riprese di una delle produzioni più difficili della storia del cinema. “Apocalypse Now” divenne un capolavoro, ma Keitel ha dichiarato che lui e Coppola hanno superato le divergenze con gli anni: “Siamo uomini adulti ora, e certamente siamo amici.”
Anche Lori Petty ha vissuto un’esperienza traumatica. Dopo il successo di “Ragazze vincenti”, Petty fu ingaggiata per “Demolition Man”. Ma il produttore Joel Silver la licenziò dopo appena due giorni di riprese, citando “divergenze creative”. Al suo posto arrivò una giovane Sandra Bullock, che usò il film come trampolino di lancio per una carriera straordinaria. Petty ha definito quell’episodio “il giorno più scorretto di Hollywood” in un’intervista con The Daily Beast, aggiungendo di preferire non parlare della scortesia di Silver.
Più complessa è la vicenda di Kel O’Neill in “Il petroliere”. O’Neill era stato scelto per interpretare Eli Sunday, il nemico giurato del personaggio di Daniel Day-Lewis. Ma a metà delle 60 giornate di riprese, O’Neill fu sostituito. Circolarono voci secondo cui l’attore fosse stato intimidito dall’approccio metodico di Day-Lewis, noto per immergersi totalmente nei suoi ruoli. Sia Day-Lewis che il regista Paul Thomas Anderson hanno però negato questa ricostruzione, affermando semplicemente che “non era la scelta giusta”. Al posto di O’Neill arrivò Paul Dano, che ottenne una nomination ai BAFTA per la sua interpretazione.
Un caso particolarmente toccante riguarda James Remar in “Aliens”. Remar fu licenziato silenziosamente dal film, e per anni disse di aver dovuto lasciare per problemi familiari urgenti. Decenni dopo, però, rivelò la verità in un podcast: “Avevo un terribile problema con la droga. Avevo una grande carriera e una vita personale, e ho rovinato tutto con una terribile dipendenza.” Remar spiegò di essere stato arrestato per possesso di droga durante le riprese, e che Michael Biehn lo aveva sostituito. Il licenziamento danneggiò gravemente il suo rapporto con il regista Walter Hill, che non lavorò più con lui per 12 anni.
Infine, c’è il caso quasi comico di Lee Coleman in “Venerdì 13 Parte VIII: Jason a New York”. Coleman interpretava Sean Robertson, uno degli studenti sulla nave diretta a New York. Ma dopo pochi giorni di riprese, fu sostituito. La franchise di “Venerdì 13” non è mai stata famosa per essere un trampolino di lancio per star, essendo più che altro un sistema di distribuzione di morti creative. Eppure, anche in questo contesto, Coleman perse il suo posto.
Queste storie ci ricordano che Hollywood, dietro il glamour e i red carpet, è un’industria spietata dove nulla è garantito fino ai titoli di coda. Ogni grande film che amiamo potrebbe nascondere un volto sostituito, una performance cancellata, una carriera deviata. E mentre noi celebriamo i vincitori, qualcun altro conta le ferite di una battaglia persa sul set.