C’è un momento nella vita di ogni piattaforma streaming in cui deve fare i conti con la propria identità.

Per Disney+, quel momento è adesso. La dichiarazione arrivata dal Content London non lascia spazio a interpretazioni: il servizio streaming della Casa di Topolino sta ridisegnando completamente la propria strategia editoriale, e la direzione è una sola: verso un pubblico adulto.

Eric Schrier, responsabile dei Disney Television Studios e delle produzioni originali Disney+, ha tracciato una linea netta durante l’evento londinese. “Non siamo dogmatici,” ha esordito, prima di sferrare il colpo decisivo: “Non stiamo più sviluppando contenuti per bambini e famiglie.” Una frase che suona come una rivoluzione per chi ha sempre associato il marchio Disney alle favole animate e alle avventure family-friendly.

La strategia è articolata e ambiziosa. Mentre gli Stati Uniti continueranno a produrre titoli per bambini e famiglie, i team internazionali di Disney+ in Europa e America Latina ricevono un mandato chiaro: concentrarsi esclusivamente su contenuti per adulti. Progetti che possano convivere con i giganti del catalogo come Marvel, Star Wars, Pixar e Hulu, ma che parlino una lingua diversa, più matura, più sfaccettata.

Schrier ha spiegato che la spina dorsale della programmazione resta solida: commedie, drammi e miniserie continueranno a essere centrali. Ma il perimetro si allarga. Il non-fiction e i documentari diventano protagonisti, con titoli come Secret Lives of Mormon Wives e le serie true crime che dimostrano come Disney+ voglia costruire un vero portafoglio di contenuti, capace di competere con Netflix e Amazon Prime Video sul loro stesso terreno.

La chiave di volta della nuova strategia è l’autenticità locale. Non più produzioni generiche pensate per riempire il catalogo, ma storie radicate nei territori di riferimento. “Vogliamo espandere la percezione di Disney+ realizzando serie con un sapore locale,” ha dichiarato Schrier. “Show francesi per il pubblico francese, spagnoli per quello spagnolo, britannici per quello del Regno Unito.” Un approccio che ricorda quello adottato con successo da Netflix, ma che per Disney rappresenta un cambio di paradigma culturale.

I numeri parlano chiaro: la divisione di Schrier produce attualmente circa 100 serie l’anno per Disney+, distribuite in oltre 20 mercati e in più lingue. L’investimento internazionale crescerà ulteriormente, con un focus particolare su Europa e Asia, come già anticipato dal CEO Bob Iger e dal CFO Hugh Johnston. Ma la crescita sarà selettiva. Schrier ha ammesso che nella prima fase di espansione Disney+ “si è dispersa troppo” e che la nuova fase sarà “più mirata”, concentrandosi sui territori con il maggior potenziale.

Il vero ostacolo, tuttavia, non è produttivo ma percettivo. Cambiare l’immagine di Disney+ nella mente del pubblico è una sfida titanica. Per decenni, il marchio Disney è stato sinonimo di magia per bambini, di principesse e supereroi adatti a tutta la famiglia. Ora la piattaforma chiede al pubblico di accettare una nuova versione di sé: più adulta, più complessa, più vicina allo stile Hulu che a quello dei classici animati.

“La nostra prima sfida è stata modificare la percezione di Disney+ – e non è facile,” ha confessato Schrier. “Vogliamo creare produzioni in stile Hulu in tutto il mondo e dimostrare che su Disney+ c’è spazio anche per un pubblico adulto.” È un’operazione di rebranding delicata, che rischia di alienare la base storica di utenti senza garantire l’acquisizione di nuovi abbonati.

Con questa nuova strategia, Disney+ mira a ridefinire la propria identità in un mercato streaming sempre più affollato e competitivo. L’obiettivo è diventare una piattaforma completa, capace di soddisfare ogni tipo di pubblico senza rinunciare alla forza dei suoi franchise storici. Una scommessa coraggiosa che nei prossimi mesi mostrerà se il castello Disney può davvero ospitare anche storie più oscure e mature, o se il pubblico continuerà a cercare lì solo la magia dell’infanzia.

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