I martini shakerati, gli smoking antiproiettile e la puntualità cronometrica sono sempre stati il marchio di fabbrica di James Bond.
Ma il prossimo capitolo della saga dell’agente segreto più famoso del cinema rischia di distinguersi per un primato ben diverso: il periodo più lungo senza 007 nella storia sessantennale del franchise. Il ventiseiesimo film della serie, affidato alla regia di Denis Villeneuve e alla penna di Steven Knight, creatore di Peaky Blinders, sta per infrangere un record che resisteva da due decenni.
No Time to Die, l’ultimo saluto di Daniel Craig al personaggio, è uscito nelle sale nel 2021. A ottobre 2026, quel film avrà già cinque anni. E Bond 26? Non è nemmeno lontanamente vicino alla produzione. Non c’è ancora un attore confermato per indossare il papillon, nonostante le voci insistenti su nomi come Callum Turner. Se il nuovo 007 non tornerà sugli schermi prima della fine del 2027, il pubblico avrà atteso sei anni tra un capitolo e l’altro. Ma se il rilascio slittasse al 2028, l’attesa si dilaterebbe fino a un’inedita e dolorosa soglia: sette anni.
Il record attuale appartiene a due momenti distinti della storia bondiana: i sei anni trascorsi tra Licence to Kill del 1989 e GoldenEye del 1995, e quelli tra Spectre del 2015 e No Time to Die del 2021. La differenza sostanziale è che oggi il franchise non è più sotto la tutela esclusiva della produttrice Barbara Broccoli, custode storica del marchio attraverso un controllo creativo rigido e cicli decisionali meticolosi. Amazon MGM ha preso le redini della nave MI6 dopo il passo indietro di Broccoli, e con Villeneuve al timone la pressione per rilanciare 007 nel modo giusto si è moltiplicata.
La posta in gioco è altissima. Villeneuve, reduce dai trionfi visionari di Dune e Blade Runner 2049, porta con sé un approccio autoriale che promette di ridefinire l’estetica e la sostanza dell’universo bondiano. Steven Knight, maestro nel costruire narrazioni complesse e personaggi dalle mille sfumature, aggiunge un ulteriore strato di credibilità al progetto. Eppure, nonostante questo dream team creativo, la macchina produttiva sembra bloccata in una fase di stallo che alimenta tanto l’attesa quanto la frustrazione dei fan.
In questo limbo temporale, una voce inaspettata si è levata con entusiasmo: quella di Pierce Brosnan. L’ex Bond, che ha interpretato l’agente segreto in quattro film da GoldenEye a Die Another Day, ha dichiarato di non avere alcun interesse a riprendere il ruolo principale, ma di essere decisamente aperto a rientrare nell’universo spionistico in una veste differente. “Ovviamente la gente mi chiede di Bond, ma quello è il lavoro di un altro uomo”, ha spiegato Brosnan con il suo consueto charme. “Ma le possibilità di lavorare all’interno di quel film sarebbero entusiasmanti. Non credo che nessuno voglia vedere un Bond rugoso di settantadue anni, ma se Villeneuve avesse qualcosa in mente lo valuterei in un battito di cuore. Potrebbe essere molto divertente. Parrucche, protesi… chi lo sa?”
L’idea di vedere Brosnan tornare come un ex agente dell’MI6 in pensione, o magari come mentore o avversario del nuovo 007, è tanto affascinante quanto coerente con l’evoluzione del franchise. Dopotutto, il cinema bondiano ha sempre saputo reinventarsi, integrando passato e presente in una danza narrativa che attraversa generazioni. Quando gli è stato chiesto direttamente se avrebbe interpretato un veterano dei servizi segreti nella nuova fase del franchise, Brosnan ha risposto con filosofia: “A volte ci pensi, e a volte vai semplicemente avanti.”
Ma mentre Brosnan sogna a occhi aperti, i fan devono fare i conti con una realtà più prosaica: l’orizzonte del ritorno di James Bond continua a sfuggire. Non c’è una data di inizio produzione, non c’è un volto confermato, non c’è nemmeno un titolo ufficiale. C’è solo la certezza che il tempo continua a scorrere, inesorabile come un countdown in un dispositivo esplosivo, e che ogni mese che passa avvicina il franchise a un record che nessuno aveva davvero desiderato stabilire. La missione di riportare 007 sul grande schermo è ufficialmente la più lunga della sua carriera.