Sarà forse vero, come rimarca il presidente di ANICA Alessandro Usai, che l’industria dell’audiovisivo non sa farsi comprendere dal governo; ma è altrettanto vero che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

E questo, alla 48ª edizione delle Giornate Professionali di Cinema di Sorrento, sembra valere per entrambe le parti. La manifestazione si apre con un sottotitolo programmatico che suona quasi come un mantra: “Growing”. Crescere, certamente. Ma crescere come, e soprattutto verso cosa?

L’atmosfera che si respira tra i vicoli di Sorrento trasformata nel grande villaggio dell’industria cinematografica è quella di un settore che cerca disperatamente di convincersi della propria salute. Centinaia di accreditati, l’imponente macchina organizzativa, la volontà di ribadire che questa è una fiera dell’audiovisivo sempre più “trade show internazionale“. Eppure, sotto la superficie patinata, si percepisce un nervosismo palpabile. Il comparto è cresciuto anno dopo anno, i dati complessivi dell’audiovisivo raccontano tecnicamente un settore in salute. Ma c’è un dato che nessuna retorica può nascondere: dal 2019 a oggi, più di un quarto del pubblico della sala è stato perso per strada.

È su questo scarto tra narrazioni di parte e prosaiche realtà che si gioca la partita di questa edizione. La sala è piena, gli esercenti rispondono con la loro consueta generosità alla chiamata. Ma i volti tradiscono l’ansia. Che il 2025 non sia stato un anno di vacche grasse non lo scopriamo certo qui. E i tentativi generosi di mostrare comunque il bicchiere mezzo pieno non cancellano la sensazione diffusa di un momento difficile, che solo un “dicembre super” potrebbe far dimenticare. Non a caso, nei pensieri nemmeno tanto segreti della platea, tutte le preghiere votive sono rivolte a San Zalone di Bari e al suo Buen Camino, atteso a Natale quasi fosse la stella cometa dei Re Magi.

Daniel Frigo, country manager di Disney Italia, sale sul palco con una missione chiara: rassicurare, confortare, tenere su il morale a questo popolo di esercenti depresso da un anno di risultati sconfortanti. La Disney ha sempre avuto questa specialità della casa, ma stavolta si avverte realmente il bisogno di dare qualcosa di concreto, qualcosa che vada oltre i soliti numeri e le solite promesse. Il momento più spettacolare dell’intervento è dedicato ad Avatar: Fuoco e cenere, terzo capitolo della saga di James Cameron atteso per il 17 dicembre 2025: un contenuto speciale mostra il vulcano di Stromboli trasformato in palcoscenico naturale per il video mapping del simbolo del film, proiettato in volo a circa 800 metri d’altezza su una superficie di oltre 900 metri quadrati.

È vecchio marketing muscolare, certo, ma conforta. Quella capacità di Disney di colonizzare anche il paesaggio con i propri brand, fondendo l’energia primordiale dell’isola con l’universo di Pandora, ricorda a tutti perché questa major rimane un colosso. Frigo sciorina i “dati superlativi”: i risultati freschi di Zootropolis 2 e quelli che sicuramente arriveranno dal nuovo Avatar. Applausi di cortesia, qualche sussulto in platea quando si evocano numeri e market share, parole al miele per il cinema italiano con la formula “quando i film italiani vanno bene, va bene tutto il botteghino”.

Il listino che segue è un mosaico ambizioso che punta tutto sulla riconoscibilità. Si parte con Send Help il 29 gennaio 2026, survival horror a sfondo sociale diretto dal mitico Sam Raimi, per proseguire con la delicata dramedy tokyoita Rental Family – Nelle vite degli altri con un ottimo Brendan Fraser il 19 febbraio. Marzo si apre con il Pixar Jumpers – Un salto tra gli animali, seguito dal musical spirituale Il testamento di Ann Lee e dalla commedia corale di James L. Brooks Ella McCay – Perfettamente imperfetta. Ad aprile tocca al filone post-apocalittico di Dog Stars – Guidati dalle stelle dell’intramontabile Ridley Scott e alla commedia adulta È l’ultima battuta?

Ma l’artiglieria pesante arriva con i grandi ritorni: Il diavolo veste Prada 2 il 29 aprile 2026, Star Wars: The Mandalorian and Grogu il 20 maggio, Toy Story 5 a giugno, il live action di Oceania il 19 agosto. E poi, nella seconda metà dell’anno, l’onda lunga di Avengers: Doomsday, Avengers: Secret Wars, Gli Incredibili 3, Frozen 3. Una costellazione di brand tonitruanti che dice anche molto sul tipo di “growing” immaginato da Disney per il suo 2026: più quantitativo che qualitativo, fondato su riconoscibilità, nostalgia, storie e personaggi rassicuranti.

Curioso che, a un certo punto, tanto Frigo quanto Andrea Romeo – quando toccherà a lui – usino la stessa metrica per misurare l’attesa: milioni di visualizzazioni accumulate da trailer e teaser. È un indicatore reale, certo, ma assai meno scientifico di quanto lo si voglia far passare. Le view non sono biglietti, e il passaggio dallo schermo del telefono alla poltrona di sala è esattamente l’anello mancante che qui a Sorrento si finge di dare per scontato.

È proprio Andrea Romeo, CEO di I Wonder Pictures, a raccogliere l’eredità emotiva della infornata Disney. Prima ringrazia i 235 mila spettatori portati in sala da La voce di Hind Rajab di Kaouther Ben Hania. Poi passa rapidamente al vero cuore del suo intervento: un listino che si ricandida a essere il “pigliatutto” dell’arthouse e del cinema festivaliero più alla moda, grazie alla fiorente collaborazione con l’etichetta A24. Si parte da Eternity il 4 dicembre 2025, commedia romantica fantasy di David Freyne che, dopo l’apertura del Torino Film Festival, arriva in sala come primo assaggio della nuova stagione, seguita dal family dramedy taiwanese La mia famiglia a Taipei il 22 dicembre, premiato alla Festa di Roma.

A gennaio è la volta della commedia sentimentale agrodolce Sorry, Baby il 14 gennaio 2026, scritta, diretta e interpretata da Eva Victor. I Wonder si posiziona così come contraltare necessario alla strategia blockbuster di Disney: meno fuochi d’artificio, più cinema d’autore, ma con la stessa ambizione di riempire le sale attraverso una proposta alternativa e complementare.

Nel frattempo, il nervosismo si è trasmesso anche allo staff organizzativo: procedure di accredito farraginose, con l’idea – sulla carta brillante – di far entrare gli accreditati con un QR code, come entità digitali perfettamente tracciabili. Peccato che basti un piccolo bug, una rete che va e viene, perché il sistema riveli tutta la sua fragilità. A questo si aggiunge un servizio antipirateria caricato a molla: distributori più paranoici del solito che pretendono cellulari spenti e rigorosamente lontani persino durante gli speech, sordi alle ragioni professionali dei cronisti.

Le Giornate di Sorrento si chiudono così come si sono aperte: con un mix di speranza e ansia, di promesse roboanti e dubbi sotterranei. La crescita invocata dal sottotitolo della manifestazione rimane più un auspicio che una certezza. Il 2026 sarà l’anno della verità: capiremo se i grandi brand e il cinema d’autore basteranno a riportare quel quarto di pubblico perduto, o se il settore dovrà fare i conti con una trasformazione più profonda e dolorosa. Per ora, resta solo l’attesa. E la preghiera a San Zalone.

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