C’è un momento preciso in cui capisci che non stai assistendo a un semplice concerto. Accade quando le luci si abbassano, il palco si trasforma in una superficie viva e pulsante, e una voce potentissima riempie ogni centimetro del palazzetto.

È quello che è successo venerdì 21 novembre 2025 al Palazzo dello Sport di Roma, dove Annalisa ha inaugurato la tappa capitolina del “Ma noi siamo fuoco tour – Capitolo 1“. Non un concerto, ma una dichiarazione di identità artistica. Un viaggio in tre atti che racconta la metamorfosi di una delle artiste più amate e ascoltate d’Italia.

Con 52 dischi di platino e 14 d’oro all’attivo, la cantautrice ligure classe 1985 non ha più nulla da dimostrare in termini di numeri. Eppure, ogni volta che sale sul palco, sceglie di andare oltre. Di spingersi in territori inesplorati. Di rischiare. E il “Ma noi siamo fuoco tour” è esattamente questo: un manifesto di sperimentazione e coraggio, dove design, tecnica, simbolismo e corpo si fondono in un’esperienza totalmente immersiva.

Lo spettacolo è strutturato come un racconto cinematografico diviso in tre sogni, tre capitoli della stessa trasformazione. Il primo sogno è quello del fuoco: “Il tempo è un fuoco che mi consuma, ma sono io quel fuoco”. Qui Annalisa è energia pura, un vulcano di passione e rabbia controllata che esplode in brani come “Ragazza sola”, “Chiodi” e “Bye bye”. Le fiamme sul palco non sono solo scenografia, sono metafora di una personalità artistica che brucia di intensità e non conosce compromessi.

Il secondo sogno è il fiume: “Il tempo è un fiume che mi trascina, ma sono io quel fiume”. La fluidità prende il posto dell’ardore. Le luci si fanno più soffuse, i movimenti più sinuosi. È il momento dell’intimità, della vulnerabilità che diventa forza. “Movimento lento”, “Il mondo prima di te” e “Indaco violento” creano un flusso emotivo che trascina il pubblico in acque profonde, dove la sensualità non è mai volgare ma sempre autentica, sempre vera.

Il terzo e ultimo sogno è la tigre: “Il tempo è una tigre che mi divora, ma sono io quella tigre”. È l’apice della trasformazione. Annalisa non è più preda del tempo, delle aspettative, dei giudizi. È lei stessa il predatore, colei che divora le paure e le trasforma in potenza scenica. “Sinceramente”, “Bellissima”, “Esibizionista” e la travolgente “Sweet dreams” – quella cover portata a Sanremo 2024 che ha conquistato tutti – chiudono il cerchio con un’esplosione di energia che lascia il pubblico senza fiato.

Sul palco con lei, la squadra di sempre: Daniel Bestonzo alle tastiere e synth, anche direttore musicale, Gianni Pastorino e Dario Panza, oltre a 14 ballerini diretti da Simone Baroni. La direzione artistica è stata affidata a Jacopo Ricci, classe 1994, creative director e lighting designer che ha lavorato con nomi del calibro di Skrillex, The Weeknd e Travis Scott. La sua visione ha trasformato il palco in un organismo vivente: pedane che si muovono, fuochi caldi che avvolgono, luci led che disegnano geometrie emozionali, coriandoli argentati che piovono come stelle, letti sospesi che sfidano la gravità.

E poi ci sono gli outfit. Ogni abito racconta un momento, un’emozione, una fase della metamorfosi. Alessandro Vigilante, Dsquared2, Etro, Ferrari, GCDS, Pinko, Roberto Cavalli, Sportmax hanno vestito le diverse anime di Annalisa. Dal nero luccicante dell’apertura al rosso fuoco lucido in pelle, fino al finale con il fuoco disegnato sul tessuto. Gioielli Pandora, scarpe Cult. Ogni dettaglio studiato, ogni scelta coerente con una visione artistica chiara e identitaria.

La scaletta è un equilibrio perfetto tra hit travolgenti e momenti più raccolti. “Ragazza sola”, “Bellissima”, “Eva + Eva”, “Movimento lento”, “Delusa”, “Sinceramente”, “Maschio”, “Piazza San Marco”: ogni brano è un tassello di un mosaico emotivo che il pubblico conosce a memoria e canta a squarciagola. Non mancano l’adrenalina di “Stragadada”, l’intensità di “Avvelenata”, la dolcezza malinconica di “Mon amour”. E quel medley che attraversa la sua storia artistica come un fiume di ricordi: “Diamante lei e luce lui”, “Una finestra tra le stelle”, “Alice e il blu”, “Bonsa”, “Secret”, “Il diluvio universale”.

Il pubblico risponde con un’intensità che commuove. Bambini accompagnati dai genitori, preadolescenti che vivono ogni parola come se fosse scritta per loro, adulti che ritrovano pezzi di sé in quelle canzoni. Applausi scroscianti, luci dei telefoni accese come stelle terrestri, abbracci sinceri, lacrime di gioia. Annalisa non si risparmia nemmeno per un attimo. Balla, canta, si emoziona, si dona completamente. È questo il segreto del suo successo: l’autenticità totale, la capacità di raccontare l’amore, i sentimenti, le paure, la vita quotidiana in modo potente e riconoscibile.

Organizzato da Friends and Partners, il tour è ideato e realizzato da Denso Studio e rappresenta un nuovo livello di sperimentazione nella dimensione live dell’artista. Ma c’è un dettaglio che non sfugge: questo è solo il “Capitolo 1”. Cosa significa? Annalisa stessa, dopo lo show romano, ha svelato qualcosa in più: “Sul palco cerco di raccontare sempre me stessa, con le mie fragilità e i miei punti di forza. Siamo solo all’inizio ora. Ho in mente un viaggio fatto di tante tappe. Il capitolo zero è stata l’uscita dell’album ‘Ma io sono fuoco’. In futuro ce ne saranno sicuramente altri e non parlo solo di appuntamenti live”.

Una promessa che suona come una dichiarazione d’intenti. Il fuoco che arde sul palco non è destinato a spegnersi. È solo l’inizio di una trasformazione che continuerà a evolversi, capitolo dopo capitolo. E il pubblico italiano, che ha già mandato sold out diverse date del tour – tra cui entrambe le serate milanesi all’Unipol Forum del 28 e 29 novembre e quella torinese all’Inalpi Arena del 13 dicembre – non vede l’ora di scoprire quale sarà il prossimo sogno.

Le prossime tappe porteranno Annalisa a Eboli il 2 dicembre al Palasele, a Bari il 5 e 6 dicembre al PalaFlorio, a Bologna il 10 dicembre all’Unipol Arena. Ogni palazzetto si prepara a diventare il teatro di quella che non è solo musica pop, ma arte nel senso più pieno del termine. Perché quando Annalisa chiama, il pubblico risponde. Sempre. E lo fa con il cuore in mano, pronto a farsi travolgere da quel fuoco, quel fiume, quella tigre che è diventata il simbolo di una generazione che non ha paura di trasformarsi, di bruciare, di rinascere.

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