C’è qualcosa di profondamente malinconico nel vedere chiudersi un capitolo che ha definito quasi un decennio di vita.

Per Gaten Matarazzo, il lovable goofball Dustin Henderson di Stranger Things, quel momento è arrivato. A soli 23 anni, l’attore si trova a fare i conti con la fine di un’avventura iniziata quando ne aveva appena 12, un’esperienza che ha plasmato non solo la sua carriera ma l’intera sua esistenza.

“È surreale avere un’esperienza del genere, iniziando a 12 anni,” ha dichiarato Matarazzo al New York Times. “Mi manca già così tanto.” Parole semplici, dirette, che racchiudono un universo emotivo complesso. Mentre si prepara a trasferirsi a Brooklyn con i suoi due gatti rescue, Joan e Jett, e a inaugurare un nuovo capitolo personale, l’attore deve dire addio professionale alla serie che ha trasformato un ragazzino del New Jersey in una star globale.

La quinta e ultima stagione di Stranger Things debutta su Netflix con i primi episodi il 26 novembre 2025, strutturata in tre parti che accompagneranno gradualmente il pubblico verso la conclusione definitiva. Un addio programmato, dilazionato, che amplifica l’intensità emotiva del distacco. Netflix ha orchestrato questo finale con la precisione di chi conosce il valore culturale del proprio prodotto di punta, trasformando la chiusura in un evento che si estenderà nel tempo.

Ma è Winona Ryder, l’iconica Joyce Byers, a offrire la riflessione più toccante su cosa significhi davvero dire addio a Stranger Things. Durante un’apparizione a Hot Ones, l’attrice ha parlato dell’ultimo giorno di riprese con una consapevolezza quasi materna. “I miei giovani colleghi hanno trascorso letteralmente metà delle loro vite in questa serie,” ha spiegato, facendo riferimento a Matarazzo e agli altri protagonisti adolescenti che sono cresciuti davanti alla telecamera.

Ryder ha attinto alla propria esperienza giovanile per comprendere cosa stessero provando. “Quando ero una giovane teenager pensavo davvero: ‘Dio, rivedrò mai più questa persona?’ E ricordo di aver spiegato ad alcuni colleghi: ‘Beh, la nostra amicizia non è finita.’ Ma sembra davvero così.” Un paragone particolarmente toccante è emerso quando ha ricordato il film Square Dance con Jason Robards: “Ricordo di aver mandato biglietti d’auguri all’intera troupe per anni dopo… E da alcuni non ho mai ricevuto risposta. A volte è una lenta realizzazione: ‘Oh, pensavo fossimo davvero buoni amici.'”

Questa testimonianza illumina una verità spesso taciuta dell’industria dell’intrattenimento: l’intensità delle relazioni sul set raramente sopravvive alla fine della produzione. Per i giovani attori di Stranger Things, che hanno condiviso sleepovers, compleanni, primi amori e trasformazioni adolescenziali sotto i riflettori del successo planetario, questa consapevolezza deve essere particolarmente dolorosa.

Il percorso di Matarazzo è emblematico. Cresciuto a Little Egg Harbor, nel New Jersey, l’attore faceva la spola verso New York City per audizioni, considerando la metropoli troppo caotica, rumorosa e affollata per viverci. “Ma dopo aver iniziato a esplorare aree fuori da Times Square, ho iniziato a vedere che fascino avesse il resto della città,” ha raccontato. Dopo un anno a Chelsea e due nel West Village, ora è pronto per Brooklyn, un trasferimento che simboleggia perfettamente questa fase di transizione: da enfant prodige a giovane adulto che costruisce la propria identità autonoma.

Le sue radici teatrali – Matarazzo ha iniziato sul palcoscenico prima di Stranger Things – potrebbero offrirgli una base solida per navigare questo passaggio. Il teatro insegna che ogni spettacolo ha una fine, che ogni compagnia si scioglie, che l’arte vive nell’effimero. Ma anche con questa preparazione, dire addio a un progetto che ti ha accompagnato dalla preadolescenza all’età adulta è un’esperienza senza eguali.

La struttura narrativa scelta da Netflix per questa quinta stagione – tre blocchi di episodi rilasciati progressivamente – riflette la difficoltà di lasciare andare. Non un taglio netto, ma un congedo graduale che permette al pubblico e al cast di metabolizzare la fine. Rick Damigella di CNN ha definito questo approccio “la serie che si avvicina alla conclusione,” sottolineando come persino il linguaggio utilizzato per descrivere l’evento eviti la definitività brutale.

Stranger Things ha rappresentato molto più di un semplice successo televisivo. Ha ridefinito il concetto di nostalgia culturale, ha lanciato carriere, ha riportato in auge artisti come Winona Ryder e ha creato una mitologia condivisa per un’intera generazione. Per Matarazzo e i suoi giovani colleghi – Finn Wolfhard, Sadie Sink, Millie Bobby Brown, Caleb McLaughlin, Noah Schnapp – rappresenta anche qualcosa di più intimo e inesorabilmente personale: il contenitore della loro crescita, il contesto della loro formazione, il palcoscenico su cui hanno imparato chi sono.

Mentre il countdown verso il 26 novembre prosegue, rimane una domanda sospesa nell’aria: cosa accade quando metà della tua vita è stata vissuta all’interno di una narrazione che ora deve terminare? Gaten Matarazzo lo scoprirà presto, insieme ai suoi compagni di viaggio. E quella nostalgia che già lo pervade – “mi manca già così tanto” – è solo l’inizio di un processo di elaborazione che, come insegna Winona Ryder, può durare anni. Alcune amicizie sopravviveranno, altre svaniranno. Ma Hawkins, Indiana, e tutto ciò che rappresenta, resterà per sempre parte della loro storia personale, indelebile come un tatuaggio emotivo che nessun finale di serie potrà mai cancellare.

Di Martina Bernardo

Vengo da un galassia lontana lontana... Appassionata di cinema e serie tv anche nella vita precedente e devota ai Musical

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