Ieri sei novembre sono uscite le ultime due puntate del nuovo reality show targato Prime Video ed è quindi giunto il momento di tirare le somme.

Basato sul format olandese “De Verraders“,The Traitors arriva finalmente anche nel nostro paese e attraverso un cast azzeccato e variegato, dinamiche psicologiche che coinvolgono lo spettatore ma anche momenti di sana comicità che spezzano la tensione del gioco, riesce perfettamente a fare centro. All’interno di un castello vengono isolati un gruppo di concorrenti che verranno divisi segretamente dalla produzione all’inizio del reality tra leali e traditori. Il compito di questi ultimi è quello di eliminare i leali attraverso il conclave, una riunione segreta che si tiene ogni sera in cui si decide quale degli atri partecipanti eliminare.

Dall’altro lato della barricata invece i leali devono essere abili nello scoprire chi sono i traditori e bandirli dal castello per mezzo della votazione palese compiuta al round table in cui ogni partecipante esprime i propri sospetti sugli altri giocatori, ovviamente giusti o sbagliati che siano. Alla fine della partita se rimane anche solo un traditore nel gruppo, il montepremi raccolto tramite numerose sfide durante il game show gli appartiene di diritto, in caso contrario vincono i leali rimasti. The “Traitors” si ispira chiaramente a giochi popolari come “Lupus in fabula” o “Mafia”, che sono proprio basati su meccanismi di deduzione sociale e tradimento in cui alcuni “traditori” (lupi mannari/mafiosi) si nascondono tra i “leali” (cittadini/popolani) e cercano di sabotare il gruppo, mentre gli altri devono scoprire chi sono gli ingannatori.

La conduzione di Alessia Marcuzzi si rivela essere seria ma non seriosa, riuscendo a mantenere l’atmosfera di preoccupazione data dall’improvvisa eliminazione dei leali da parte dei traditori ma inserendo nei momenti giusti dei guizzi comici che danno respiro al game show come ad esempio il siparietto abituale in cui getta malamente a terra il quadro del partecipante assassinato di fronte al resto del gruppo. Nonostante la scelta della location faccia già parte del format originale non è scontato ribadire quanto sia calzante per il gioco. Vedere i concorrenti muoversi a tutti gli effetti in un giallo cercando di scovare chi siano i vari “assassini” all’interno di un castello medievale, imponente e isolato dalla civiltà, aiuta sicuramente a immergere maggiormente i partecipanti nel reality e a creare l’atmosfera giusta per gli spettatori che guardano da casa.

Tuttavia è sicuramente merito della produzione italiana aver scelto un cast estremamente efficace composto da quattordici partecipanti tra cui ovviamente spiccano i traditori designati ovvero il ballerino Giuseppe Giofrè nonché vincitore del game show grazie ad un atteggiamento manipolativo e controllante in grado di indirizzare i sospetti del gruppo sempre sulla vittima perfetta, l’apparentemente dolce e innocente attrice e conduttrice Mariasole Pollio e infine il compositore e comico Rocco Tanica dall’apparenza calma ma astuta. Lo show è in grado di catturare l’attenzione dello spettatore attraverso dei meccanismi psicologici che fanno leva sulla tensione e l’eccitazione nello scoprire se i sospetti e le indagini dei leali porteranno mai al misterioso svelamento dei traditori, e in base al concorrente che ci piace di più o magari in cui ci identifichiamo possiamo gioire nel vedere un leale iniziare a mettere insieme i pezzi giusti che lo porteranno alla tanto attesa rivelazione o disperarci nel momento in cui un traditore viene scoperto e di conseguenza bandito dal castello.

Inoltre per lo spettatore sapere già all’inizio del reality quale concorrente abbia assunto un determinato ruolo rende la narrazione più coinvolgente da guardare e crea una sensazione perversa di piacere nel vedere come i concorrenti siano in balia gli uni degli altri. Ad esempio è molto divertente vedere come la comica Yoko Yamada sia l’unica ad avere inizialmente dei sospetti su Mariasole ma non riesca in nessun modo a validarli con il resto del gruppo, come l’attore Giancarlo Commare abbia un incredibile talento nel puntare il dito ogni volta sulla persona sbagliata o come i traditori con il passare delle puntate inizino a sabotarsi tra loro rendendo molto più fragili e visibili le loro identità celate.

Se dovessimo invece trovare un punto debole sarebbero sicuramente le sfide giornaliere per alzare il montepremi finale poiché in alcune di queste viene meno l’elemento dell’indagine per fare spazio ad una collaborazione collettiva volta a portare a casa il risultato dove si ha quasi la sensazione che il gioco viva un momento di stallo. Al netto di un esperimento sociale estremamente godibile da vedere in televisione, “The Traitors” ci spinge a riflettere su quanto la nostra stessa realtà sia permeata da dinamiche di fiducia e tradimento e su quanto il confine tra verità e bugia sia terribilmente labile tanto da fidarci delle persone sbagliate o allontanarci da quelle che invece ci sono fedeli senza nemmeno rendercene conto o peggio, credendo di aver fatto la scelta giusta.

Lascia un commento