Il 30 settembre 2025, Treviso ha salutato per l’ultima volta uno dei suoi figli più illustri.
Renato Casaro, maestro indiscusso della cartellonistica cinematografica, si è spento a 89 anni nella sua città natale, dove era ricoverato per una broncopolmonite. Avrebbe compiuto 90 anni il 28 ottobre, un traguardo che la vita gli ha negato per un soffio, lasciando però un’eredità artistica che non conosce tempo.
In un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale e dalla serialità digitale, la scomparsa di Casaro segna la fine di un’era irripetibile. Un’era in cui le locandine cinematografiche non erano semplici strumenti promozionali, ma vere e proprie opere d’arte capaci di catturare l’essenza di un film in un’unica, potente immagine. Prima che i trailer diventassero il principale veicolo di promozione, erano i manifesti dipinti a mano a far sognare il pubblico, a promettere mondi inesplorati dietro le porte delle sale cinematografiche.
La carriera di Renato Casaro è stata un romanzo cinematografico in sé. Autodidatta per vocazione, ispirato da giganti come Norman Rockwell e Alessandro Cesselon, ha iniziato giovanissimo a Treviso prima di trasferirsi a Roma a soli diciotto anni. Pochi anni dopo, con una determinazione che solo i veri artisti possiedono, apriva il suo studio personale nella Capitale, dove avrebbe dato vita a migliaia di capolavori destinati a viaggiare in tutto il mondo.
Il suo pennello ha dato forma visiva ai sogni dei più grandi maestri del cinema. Ha lavorato con Claude Lelouch, Francis Ford Coppola, Wolfgang Petersen, Bernardo Bertolucci, Luc Besson, Franco Zeffirelli e Rainer Werner Fassbinder. Ma è forse con Sergio Leone che ha creato il sodalizio più profondo, realizzando le locandine di tutti i suoi film, traducendo in immagini statiche l’epica dei suoi western crepuscolari e la poesia violenta dei suoi antieroi.
I manifesti di Casaro per La Bibbia di John Huston hanno fatto il giro del mondo, acquistati e riprodotti in ogni continente. Nel 1988, il suo lavoro per Opera di Dario Argento gli valse il primo Ciak d’oro, riconoscimento che avrebbe conquistato nuovamente tre anni dopo con la locandina de Il tè nel deserto di Bertolucci. Ogni suo manifesto era uno studio di composizione, colore ed emozione, capace di raccontare una storia prima ancora che il film iniziasse a scorrere sul grande schermo.
La consacrazione definitiva del suo talento è arrivata nel 2019, quando Quentin Tarantino in persona lo ha chiamato per realizzare i finti poster vintage che arredano il mondo nostalgico di C’era una volta a Hollywood. Un omaggio nel omaggio, un maestro del cinema che celebra un maestro dell’arte cinematografica, chiudendo idealmente il cerchio di una carriera leggendaria.
Casaro non si è mai fermato. Anche negli ultimi anni della sua vita ha continuato a creare, realizzando locandine per parchi a tema nel 2024 e consegnando il suo ultimo manifesto cinematografico al regista Alessandro Pondi per il film Una commedia pericolosa del 2023. Il figlio Claudio ha seguito le sue orme, garantendo che l’arte della famiglia Casaro continui a vivere, anche se con la consapevolezza che quella mano, quella visione, quella capacità di trasformare il cinema in pittura, era unica e irripetibile.
Nel 2024, alla Casa del Cinema di Roma, una mostra in suo onore aveva celebrato la sua straordinaria carriera. Renato Casaro aveva partecipato all’inaugurazione, circondato dai suoi manifesti, testimone vivente di un’epoca d’oro del cinema e della sua promozione artistica. Oggi quelle opere rimangono, appese nelle case dei cinefili, contese dai collezionisti, conservate nei musei e negli archivi cinematografici di tutto il mondo.
Guardare una locandina di Renato Casaro significa immergersi in un’epoca in cui l’arte e il cinema erano inscindibili, in cui ogni pennellata raccontava una promessa e ogni colore evocava un’emozione. Il suo addio ci ricorda che, prima dei pixel e degli algoritmi, c’erano mani d’artista che dipingevano i nostri sogni. E quei sogni, fortunatamente, continueranno a vivere per sempre.
