In occasione dei trent’anni dalla sua prima uscita nel 1995 torna nelle sale cinematografiche “Toy Story” dal 20 al 25 settembre.

L’iconica pellicola diretta da John Lasseter segue le vicende di un gruppo di giocattoli senzienti che fingono di essere senza vita quando ci sono umani nei dintorni ma soprattutto quando il loro padroncino Andy, un bambino di sette anni, gioca con loro ricreando storie inventate attraverso la sua fantasia. L’eroe di questi racconti è Woody, un cowboy giocattolo nonché amministratore delle problematiche di vita quotidiana dei suoi simili all’interno della cameretta di Andy. La normale routine dei balocchi viene stravolta dall’arrivo del compleanno del bambino, aumentando così il timore di essere rimpiazzati da giocattoli più nuovi e desiderati. La paura di essere abbondonati a prendere polvere in uno scaffale si concretizza quando sul letto di Andy fa la sua apparizione il regalo di compleanno più temuto, lo Space Ranger Buzz Lightyear.

Woody che fino a quel momento era stato il giocattolo preferito ora vede crollare davanti a se tutte le sue certezze. Buzz ha infatti un impianto sonoro migliore del suo, è dotato di molteplici accessori ma soprattutto è in grado di volare, o almeno crede di saperlo fare. Lo Space Ranger riesce in poco tempo a conquistare l’affetto di Andy e degli altri compagni, accrescendo in Woody un senso di gelosia e inferiorità che lo spingeranno a tirare fuori la sua parte più infida e manipolatoria per allontanare Buzz dal suo padroncino. Il senso di abbandono di Woody si dipana quindi su due livelli. Il primo riguarda la paura di essere messo da parte da Andy e il secondo riguarda il timore di aver perso la fiducia dei suoi amici che ora non lo vedono più come una guida ma solo come un giocattolo sleale e geloso.

A questo punto la pellicola mette in scena una dinamica classica ma sempre funzionale ovvero il compimento del viaggio dell’eroe accanto ad un personaggio che si detesta, il cui rapporto sarà però fondamentale per compiere una crescita e una maturazione. Woody e Buzz verranno infatti separati prima dal gruppo e poi da Andy e sua mamma. La paura di non tornare in tempo per il trasloco del loro bambino e quindi di non rivederlo più spingerà Woody a mettere da parte il suo astio per Buzz e a confessargli tutte le sue fragilità, creando un contatto emotivo tra i due e arrivando alla nascita di una delle squadre più efficaci che si siano mai viste sullo schermo. Il film prodotto da Pixar sceglie di raccontare l’aspro confronto con l’abbandono ad un pubblico di bambini in una chiave inedita e brillante ovvero attraverso dei giocattoli viventi.

Questo crea per i più piccoli un gancio narrativo potentissimo essendo i balocchi uno strumento per potersi esprimere nell’età infantile. Molto spesso infatti i bambini tendono a mettere in scena inconsciamente, attraverso le storie che creano con i giocattoli, il loro mondo interiore compresi i sentimenti negativi come per l’appunto il senso di abbandono. Il modo in cui interagiscono con loro e la possibilità di umanizzarli sono rivelatori per comprendere a fondo i loro sentimenti. Pixar però ha dimostrato negli anni, a partire da questo film, di saper parlare non solo ai bambini ma anche agli adulti inserendo nelle sue pellicole vari livelli di interpretazione. L’abbandono infatti non è qualcosa che ci riguarda solo da bambini, ad esempio quando iniziamo ad andare a scuola e dobbiamo affrontare il primo grande distacco con i genitori, ma anche da adulti in situazioni universali come la rottura di un rapporto di amore o di amicizia o la fine di un percorso lavorativo o scolastico.

Woody però non è solo in questa corsa contro il tempo. Acconto a lui impariamo a conoscere Buzz, un personaggio esilarante ma che cela nel suo percorso narrativo una forte malinconia. Inizialmente infatti è contraddistinto da un grande ingenuità, credendo davvero di essere in missione come un vero Space Ranger. Attraverso uno spot che pubblicizza proprio se stesso arriva però il momento della cruda presa di coscienza. Buzz scopre che la sua astronave non è precipitata lì per sbaglio ma che proviene da un negozio, che il suo compito non è quello di proteggere l’alleanza galattica dal malvagio imperatore Zurg ma di far felice un bambino, ma soprattutto scopre di non poter volare. La sua crisi identitaria troverà però un punto di svolta nel confronto con Woody.

Scoprendo infatti il suo dolore e quanto questo invidi la sua natura tecnologica e accessoriata rispetto alla sua, Buzz inizierà a riconsiderare la sua condizione arrivando a integrare perfettamente la sua natura di Space Ranger a quella di giocattolo nell’iconica scena in cui apre le ali meccaniche per cavalcare il vento e tornare da Andy insieme a Woody. Quel volo verso l’infinito e oltre segna non solo la compiuta maturazione del percorso narrativo dei due personaggi ma anche la nascita definitiva della loro amicizia. D’altronde la canzone principale del film parla chiaro, hai un amico in me.

La storia racconta quindi un’amicizia più chiara ed esplicita che segna il rapporto viscerale tra bambino e giocattolo ma anche un’amicizia più inaspettata ed emozionante, quella tra due personaggi in conflitto che crescono insieme. Molto interessante l’utilizzo di elementi tipici dell’horror come strumenti non solo estetici ma anche tematici. Infatti attraverso l’ambientazione buia della cameretta di Sid, i giocattoli seviziati e il pavimento della casa avente lo stesso motivo geometrico psichedelico dell’Overlook Hotel di Shining, Woody e Buzz dovranno affrontare le loro paure più grandi e i loro conflitti interiori. “Toy Story” ci dimostra quindi che nel cinema a fare la differenza non è quello che racconti ma come lo racconti. Temi universali e sicuramente già trattati in molte altre pellicole come l’abbandono e l’amicizia arrivano comunque al cuore degli spettatori attraverso un taglio brillante che lascia il segno.

Curiosità dal backstage:
E’ il primo film animato nella storia ad essere stato nominato nella categoria miglior sceneggiatura agli Oscar.Disney voleva che film fosse un musical ma il regista John Lasseter riuscì a convincere la casa di priduzione che il taglio giusto per la storia era quello di una buddy comedy.
Il personaggio di Rex il dinosauro è stato creato e caratterizzato da Joss Whedon.
Il personaggio del perfido bambino Sid Phillips, è ispirato ad un ex dipendente della Pixar dal nome simile che amava smontare i giocattoli e rimontarli per formarne di nuovi.
Inizialmente Buzz Lightyear doveva chiamarsi Lunar Larry.
Il titolo della pellicola scelto in fase di progettazione era “You are a Toy”.
E’ il primo film interamente generato al computer nella storia del cinema.


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