Quentin Tarantino, il regista che ha riscritto le regole del cinema postmoderno, è noto per la sua meticolosa attenzione ai dettagli e per la sua capacità di trasportare il pubblico in universi cinematografici unici.
Ma cosa succede quando la sua visione artistica si scontra con la realtà? La risposta, nel caso di C’era una volta a… Hollywood, è un’affascinante storia di passione, perseveranza e un pizzico di magia cinematografica.
Per ricreare la Los Angeles del 1969, Tarantino non si è accontentato di semplici scenografie. Voleva la Hollywood autentica, quella della sua infanzia, con le sue luci al neon, le sue insegne vintage e la sua atmosfera vibrante. “Immagina un bambino di 8 anni sdraiato sul sedile posteriore dell’auto dei suoi genitori. Bene, il film è il suo punto di vista”, dichiarò il regista alla sua production designer, Barbara Ling. Questa frase, apparentemente semplice, racchiudeva l’essenza del progetto: un viaggio nostalgico nel tempo, un’immersione totale nel cuore pulsante della Hollywood di un’epoca passata.
Ma trasformare un’intera città in un set cinematografico non è un’impresa facile, soprattutto quando si tratta di Hollywood Boulevard. Ottenere il permesso di chiudere otto isolati, il sogno di Tarantino, sembrava impossibile. Il budget scricchiolava, i produttori erano preoccupati, e la California Film Commission titubante. Lo sapevate che Tarantino si è nascosto in un armadio di scope per convincere il consiglio di quartiere? Questo aneddoto, raccontato nel libro The Making of Quentin Tarantino’s Once Upon a Time in Hollywood, rivela la determinazione del regista. Dopo quasi un’ora di attesa, Tarantino è uscito dal suo nascondiglio e, senza appunti, ha conquistato il consiglio con un discorso appassionato sulla sua Hollywood, quella della sua infanzia, quella che voleva celebrare nel suo film. Il risultato? Approvazione unanime.
La ricostruzione di Hollywood Boulevard è stata un’opera titanica. Ogni dettaglio, dalle insegne dei negozi alle auto d’epoca, è stato curato con maniacale precisione. Barbara Ling, anche lei cresciuta a Los Angeles, ha condiviso la visione di Tarantino, rifiutando l’uso di effetti digitali e puntando sulla concretezza del “reale”. Volevano che Leonardo DiCaprio (Rick Dalton) e Brad Pitt (Cliff Booth) guidassero per le strade di una Hollywood tangibile, respirabile, viva. E ci sono riusciti.
Ma la magia di Tarantino non si limita alla ricostruzione scenografica. Il regista ha saputo piegare la realtà al suo volere anche dal punto di vista economico. Nonostante le difficoltà iniziali, Tarantino ha dimostrato una sorprendente flessibilità, accettando di ridurre il numero di isolati da chiudere a tre per contenere i costi. “È stato un sogno lavorare con lui”, ha dichiarato il produttore David Heyman, sottolineando la capacità del regista di conciliare la sua visione artistica con le esigenze produttive.
C’era una volta a… Hollywood è più di un film: è un’esperienza immersiva, un omaggio a un’epoca d’oro del cinema, un viaggio nel tempo reso possibile dalla passione e dalla determinazione di un regista visionario. Un film che ci ricorda il potere del cinema di plasmare la realtà, di far rivivere il passato e di trasportarci in mondi immaginari, ma incredibilmente reali.