Un documentario intimo e struggente, fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Una lettera d’amore scritta con le immagini, tra Napoli, ricordi e note che non hanno mai smesso di cantare.
All’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia arriva un’opera che ha il sapore delle confessioni vere, quelle che si fanno sottovoce, solo quando si è pronti a guardarsi negli occhi. Si intitola “NINO. 18 GIORNI”, ed è il documentario diretto da Toni D’Angelo, figlio dell’iconico Nino, che con delicatezza e coraggio porta sul grande schermo il ritratto di un padre, di un artista, di un’epoca.
Il film, presentato fuori concorso, è prodotto da Isola Produzioni con Rai Cinema, MAD Entertainment e Stefano Francioni Produzioni, con il contributo del Ministero della Cultura. In autunno uscirà nei cinema italiani distribuito da Nexo Studios in collaborazione con MYmovies. Fondamentale il sostegno della Regione Campania e della sua Film Commission, custodi silenziosi di una storia che affonda le radici a San Pietro a Patierno, dove tutto è cominciato.
Diciotto giorni per incontrarsi davvero
Il titolo del film nasce da un tempo sospeso: quando Toni venne al mondo, Nino era a Palermo con la sua prima sceneggiata di successo. Ci vollero diciotto giorni prima che padre e figlio si incontrassero. Un ritardo che diventa ora occasione di riscatto, attraverso un viaggio tra passato e presente, note e silenzi, nella Napoli che ha forgiato un artista unico, capace di essere sempre popolare senza mai diventare prevedibile.
Dal mito del caschetto biondo alla voce di un popolo
Negli anni ’80, Nino D’Angelo era una vera e propria icona. Il caschetto biondo, le canzoni da juke-box, i film di quartiere che riempivano le sale. Era la voce dei sogni di riscatto di una generazione intera. Oggi, quel caschetto non c’è più, ma restano le melodie mediterranee, il timbro inconfondibile, e soprattutto il legame con una terra che lo ha amato visceralmente.
Il documentario segue Nino nei giorni che precedono un grande concerto allo Stadio Maradona di Napoli, tra prove, confessioni e passeggiate nei luoghi dell’infanzia. A tenergli la videocamera è Toni, che in punta di piedi costruisce un racconto che mescola pubblico e privato, nostalgia e gratitudine.
Non solo musica: una vita anche di cinema e memoria collettiva
Artista completo, Nino D’Angelo ha attraversato generi e palcoscenici: sei partecipazioni a Sanremo, un David di Donatello, un Nastro d’Argento, un Ciak d’Oro, un Globo d’Oro per Tano da morire. È stato direttore artistico del Trianon Viviani, ha cantato al Teatro San Carlo, ha recitato, diretto, scritto. E ora viene omaggiato anche da un murales di Jorit, nel cuore del quartiere che lo ha visto crescere.
Toni D’Angelo: uno sguardo che non giudica, ma ascolta
Regista e sceneggiatore, Toni D’Angelo firma qui il suo film più personale. Dopo aver lavorato con Abel Ferrara e diretto opere come Falchi e Calibro 9, con “NINO. 18 GIORNI” si confronta con le zone d’ombra del legame più antico e più difficile: quello tra padre e figlio.
“Mio padre è il mio più grande mistero: vicinissimo e lontanissimo allo stesso tempo. Con questo film ho cercato di colmare un vuoto, di prendere appunti a matita, senza invadere.”
— Toni D’Angelo
Non è solo un film su Nino D’Angelo, ma su Gaetano, su quell’uomo prima del mito. È il ritratto di chi ha costruito un successo partendo dal nulla, restando sempre fedele a sé stesso, e di un figlio che ha voluto finalmente conoscere l’uomo dietro l’artista, con amore, ma senza sconti.
Un abbraccio tra generazioni
NINO. 18 GIORNI è più di un documentario musicale: è un atto d’amore che parla di tempo perduto e ritrovato, di identità e memoria, di cosa significa davvero appartenere a qualcuno e a un luogo. Una dedica silenziosa a tutti i figli che cercano i loro padri, e a tutti i padri che si raccontano solo quando smettono di essere eroi.
La proiezione alla Biennale di Venezia non celebra solo un artista, ma l’anima di una città, di un’Italia che cambia eppure resta.
Con la voce di Nino D’Angelo a farci da colonna sonora.