La recensione del nuovo film romantico disponibile su Prime Video, diretto da Lasse Hallström e tratto dal romanzo di JP Monninger
Con un titolo che sembra uscito da una canzone scritta per spezzare i cuori, La mappa che mi porta a te (The Map That Leads to You) approda su Prime Video con la promessa di far viaggiare lo spettatore tra città europee da cartolina e sentimenti travolgenti. Alla regia troviamo Lasse Hallström, maestro del melodramma elegante (Dear John, Chocolat, Hachiko), qui alle prese con un racconto di formazione e passione giovanile che, purtroppo, si perde spesso nel già visto.
Trama:
La protagonista è Heather (interpretata da Madelyn Cline, già nota per Outer Banks), una giovane americana pragmatica e con un futuro già scritto nel mondo della finanza. Prima di iniziare la carriera a New York, decide di concedersi un viaggio in Europa con le sue amiche. Durante il tragitto in treno verso Barcellona, incontra Jack (un KJ Apa credibile ma trattenuto), un viaggiatore neozelandese dallo spirito libero. L’attrazione è immediata, il legame intenso. Ma dietro il fascino del caso e dell’avventura si nascondono segreti, divergenze e ostacoli che metteranno alla prova entrambi.
Cast e ambientazioni
Accanto ai due protagonisti troviamo Sofia Wylie, Madison Thompson, Josh Lucas, Eva García Montiel e Giuseppe Schillaci. Le ambientazioni spaziano tra Francia, Italia e Spagna, trasformando il film in un vero e proprio travelogue romantico. Visivamente, è forse il suo punto di forza maggiore: fotografia calda, scorci mozzafiato, città che fanno da cornice alle emozioni.
Il problema principale del film sta nella sceneggiatura, firmata da Les Bohem e Vera Herbert, che ricalca fedelmente gli schemi già visti in decine di altri romantic drama: la ragazza razionale incontra il ragazzo imprevedibile; si innamorano; arriva una rivelazione tragica; separazione, sofferenza, e una riconciliazione finale prevedibile. C’è anche la malattia terminale di uno dei personaggi – colpo di scena che, più che scuotere, appare come un escamotage per giustificare la drammaticità del racconto.
Hallström dirige con il mestiere che lo contraddistingue: le immagini sono pulite, i tempi cadenzati, le emozioni ben incastonate nel montaggio. Tuttavia, la regia non riesce a elevare una narrazione debole, e il film finisce per risultare più bello da vedere che da sentire. La mancanza di sorprese emotive fa sì che il coinvolgimento resti superficiale, come un diario di viaggio con poche pagine scritte davvero a cuore aperto.
La mappa che mi porta a te è un film per chi cerca una visione leggera, magari da condividere in una sera d’estate, senza aspettarsi profondità psicologica o originalità narrativa. Funziona come postcard movie, ma inciampa nella banalità del racconto. Non è un disastro, ma nemmeno un colpo al cuore.