Il caso reale: una tragedia internazionale

La notte del 1° novembre 2007, a Perugia, venne uccisa Meredith Kercher, studentessa britannica di 21 anni in Erasmus. Una ragazza piena di vita, brillante e sorridente, che si era trasferita in Italia per studiare lingue e vivere un’esperienza universitaria. La sua morte violenta sconvolse non solo l’Italia, ma l’opinione pubblica mondiale.
Quella che avrebbe dovuto restare la storia di una vittima innocente si trasformò invece in un processo mediatico interminabile, in cui il nome di Amanda Knox oscurò completamente quello di Meredith.

La vicenda giudiziaria — con arresti, processi, condanne e assoluzioni ribaltate più volte — scosse tribunali, media e famiglie. Gli errori investigativi, le fughe di notizie, gli interrogatori controversi e le accuse infondate (come l’iniziale coinvolgimento di Patrick Lumumba, il cui nome venne fatto proprio durante gli interrogatori di Amanda) rimasero impressi come una pagina nera della cronaca italiana.

La serie: Amanda al centro, Meredith relegata a comparsa

Disney+ e Hulu hanno scelto di trasformare questo materiale in The Twisted Tale of Amanda Knox, una miniserie in cui Knox stessa figura come produttrice e co-sceneggiatrice insieme a Monica Lewinsky. Le prime due puntate, rilasciate il 20 agosto 2025, rivelano subito l’intento: offrire ad Amanda un palcoscenico narrativo che la presenti come protagonista di un dramma psicologico e mediatico.

Il problema è evidente: ancora una volta Meredith Kercher non è altro che un’ombra.
Non una voce, non un volto, ma un dettaglio utile a costruire l’ennesima “twisted tale” intorno ad Amanda. La vittima diventa invisibile, e con lei la tragedia di una famiglia che non ha mai smesso di chiedere giustizia.

Perché non funziona

Il tono scelto dagli autori non restituisce dignità alla vicenda:
• Ridicolizzazione delle forze dell’ordine: la serie tratteggia gli inquirenti in modo caricaturale, quasi grottesco. Le difficoltà e gli errori reali vengono semplificati in cliché, al punto da sfiorare la parodia.
• Amanda come narratrice assoluta: tutto è filtrato dal suo punto di vista, senza contraddittorio. La complessità del processo, le prove, i dubbi rimangono sullo sfondo, sacrificati a favore di un racconto autoassolutorio.
• Estetica fuori luogo: simbolismi visivi e scelte stilistiche (atmosfere noir, jump-scare, dettagli pulp) creano un effetto quasi macabro, che banalizza la tragedia reale.
• Assenza della vittima: ciò che resta inaccettabile è che Meredith non abbia spazio. Nessun approfondimento sulla sua vita, sul suo percorso, sui suoi sogni. Solo un nome che riemerge per necessità narrative.

Conclusione: il vuoto lasciato da Meredith

The Twisted Tale of Amanda Knox non è un omaggio, non è un’inchiesta, non è un tentativo di capire. È un prodotto che trasforma un delitto in un dramma personale, alimentando l’attenzione morbosa intorno ad Amanda Knox e dimenticando ancora una volta chi ha perso la vita.

Questa prima parte poteva essere l’occasione per restituire a Meredith Kercher la centralità che merita. Invece, preferisce giocare con le ombre, spettacolarizzare il dolore e semplificare la complessità. Spero che nelle prossima puntate venga fatto ma visto l’andazzo dubito fortemente.

La verità più elementare rimane sullo sfondo, ignorata: dietro ogni caso di cronaca c’è una vittima, non una celebrità.
E Meredith, in questa narrazione, resta la grande assente.

Di Martina Bernardo

Vengo da un galassia lontana lontana... Appassionata di cinema e serie tv anche nella vita precedente e devota ai Musical

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