C’è un volto che più di tutti si confonde con la storia del Festival di Sanremo: quello di Pippo Baudo.
Per decenni, quando si accendevano le luci dell’Ariston, bastava vederlo entrare in scena per capire che la festa stava davvero per cominciare. Elegante, sicuro, ironico e severo al tempo stesso: Baudo non è stato soltanto un conduttore, ma il vero sovrano del Festival.
Il re dell’Ariston
Diciassette edizioni condotte, record assoluto nella storia della manifestazione. Con lui Sanremo non era solo una gara canora, ma un evento che paralizzava il Paese. Pippo sapeva dettare i ritmi, gestire i colpi di scena, tenere in equilibrio il glamour e la musica, l’ironia e la commozione. Era, semplicemente, il Festival fatto persona.
I talenti scoperti
Baudo è stato anche il più grande talent scout che Sanremo abbia conosciuto. Sotto la sua guida hanno mosso i primi passi giovani artisti destinati a diventare icone della musica italiana:
Eros Ramazzotti, che vinse tra le Nuove Proposte nel 1984;
Laura Pausini, che trionfò nel 1993 con La solitudine;
Giorgia, che incantò il pubblico nel 1994;
Andrea Bocelli, che conquistò tutti nel 1994 con Il mare calmo della sera.
E la lista potrebbe continuare ancora: da Zucchero a Raf, da Mietta a Anna Oxa. Pippo aveva l’occhio lungo, il fiuto di chi sapeva riconoscere in un’esibizione non solo il talento, ma anche il destino.

L’uomo del popolo
Il segreto di Baudo era la sua capacità di parlare a tutti. Conosciuto e amato dalle famiglie italiane, ha incarnato l’idea che Sanremo non fosse soltanto un concorso, ma un rito collettivo. Per molti spettatori, vedere Pippo al centro del palco significava sentirsi a casa, anche quando sul palco passavano emozioni nuove, voci inedite, volti sconosciuti.
Un simbolo che resta
Oggi, guardando indietro, si può dire che Sanremo senza Baudo non sarebbe mai stato lo stesso.
Il Festival ha avuto tanti protagonisti, ma solo uno può essere chiamato Re. E quel Re, con il suo passo sicuro e il suo sorriso rassicurante, si chiama Pippo Baudo.