Nel mondo della critica cinematografica, raramente esiste una verità assoluta. Basta leggere due recensioni dello stesso film per ritrovarsi in un vortice di opinioni diametralmente opposte: c’è chi ne esalta la profondità, e chi lo accusa di essere banale e prevedibile. Questa apparente schizofrenia non è affatto un difetto del sistema, ma piuttosto il suo tratto più umano.
La visione di un film è, prima di tutto, un’esperienza soggettiva: ognuno lo percepisce attraverso il filtro dei propri gusti, delle esperienze passate, delle emozioni attuali e perfino del contesto socio-culturale. Un film che nasce da un libro o da un fumetto, ad esempio, può generare reazioni molto diverse a seconda che il recensore conosca o meno l’opera originale. Chi ha letto il romanzo da cui è tratto potrebbe concentrarsi sul confronto, magari rimproverando al film di aver tradito lo spirito del libro, mentre chi si approccia alla storia per la prima volta può godersela senza pregiudizi, cogliendone aspetti che agli altri sembrano scontati o superficialmente trattati.
Questo porta inevitabilmente a una pluralità di interpretazioni che non si escludono a vicenda, ma al contrario arricchiscono la lettura collettiva di un’opera. Tuttavia, al di là della soggettività, esistono anche meccanismi più sottili e meno nobili che influenzano le recensioni. Alcuni critici sembrano scrivere per il gusto di essere bastian contrari: si pongono deliberatamente in contrasto con l’opinione dominante, cercando l’effetto provocatorio o lo scalpore. Questo comportamento, a volte, nasce da un bisogno di affermazione, dal desiderio di distinguersi in un mondo saturo di voci, ma può anche essere il risultato di una visione critica onesta che semplicemente diverge dalla maggioranza. Eppure, in certi casi, la volontà di contraddire diventa fine a sé stessa, svuotando la recensione di reale contenuto.
C’è anche chi recensisce in modo strategico, influenzato da logiche di mercato. Non è un segreto che alcune testate ricevano inviti, gadget, anteprime esclusive, con l’aspettativa non detta (ma percepibile) di un trattamento favorevole. In questo scenario, l’onestà intellettuale può entrare in conflitto con gli interessi editoriali, e il lettore si ritrova a decifrare recensioni che oscillano tra entusiasmo forzato e freddezza diplomatica. La critica, insomma, non è un esercizio neutrale. È uno specchio della complessità umana: riflette passioni, ambizioni, influenze, e anche un pizzico di vanità. Leggere recensioni contrastanti non è un segnale di confusione, ma la prova che il cinema, come l’arte in generale, è vivo: tocca corde diverse in ognuno di noi, ci divide, ci fa discutere. Ed è proprio in questa diversità che risiede il suo fascino più autentico.