Nel solco glorioso dei sequel horror fantascientifici, M3GAN 2.0 torna a scuotere lo schermo con una promessa inaspettata: questa volta, il robot non è lì per ucciderti… o almeno, non proprio.
Il pericolo, ovviamente, non manca: un nuovo robot assassino incombe, e ancora una volta tocca a Gemma (una magnetica Allison Williams) e alla giovane Cady (la sempre intensa Violet McGraw) affrontarlo. Ma il colpo di scena — gustoso e sottilmente annunciato — è che, per sconfiggerlo, dovranno allearsi proprio con M3GAN. Sì, con lei. L’intelligenza artificiale che ci aveva terrorizzati ora torna con un’evoluzione sorprendente… e una missione.
Se il primo film aveva toccato con delicatezza il tema della dipendenza digitale dei genitori e della disconnessione emotiva dai propri figli, M3GAN 2.0 alza la posta e ci invita a contemplare lo spettacolo inquietante ma affascinante del futuro dell’intelligenza artificiale. In questo secondo atto, proprio come la protagonista che le dà il nome, M3GAN è cresciuta, è cambiata… e ha molto da dire.
Tra battute taglienti e dialoghi intrisi di ironia, M3GAN 2.0 svela riflessioni sincere sulle paure, i sogni e le ossessioni della nostra epoca digitale. Gerard Johnstone torna alla regia con un piglio più audace, affiancato dal cast quasi al completo. Allison Williams è irresistibile nel suo ruolo: il suo desiderio di redenzione rispecchia in modo commovente quello della sua creazione. Ma è M3GAN, con la sua inquietante grazia robotica, a toccare davvero il cuore dello spettatore.
Sin dalle prime sequenze, il film sorprende: più vicino a un episodio ad alta tensione di Mission: Impossible che a un tradizionale horror. Abiti scintillanti, auto di lusso, laboratori futuristici e rifugi segreti fanno da sfondo a una storia che vibra di adrenalina e mistero. Se il primo M3GAN non era certo un horror da pelle d’oca, il sequel non ha neppure la pretesa di esserlo: M3GAN 2.0 è qualcosa di nuovo — un ibrido elettrizzante tra thriller, azione e riflessione tecnologica.
AMELIA, interpretata con intensità da Ivanna Sakhno, incarna un antagonismo in continua evoluzione. Il suo percorso svela una stratificazione narrativa più profonda, spingendoci a chiederci chi sia davvero il nemico, e chi la vittima. Laddove il primo film si muoveva su un terreno più intimo, M3GAN 2.0 esplora l’universo più ampio della società, del potere tecnologico e del nostro rapporto con le macchine. Il budget più generoso si traduce in una visione cinematografica ambiziosa, che cerca di riflettere — tra spettacolo e satira — sul nostro presente e futuro.
La trama, per quanto dinamica, sacrifica in parte il cuore emotivo che aveva reso così coinvolgente il primo film. Il legame tra Gemma e Cady si fa più tenue, più funzionale alla narrazione. Ma è ancora M3GAN a rubare la scena: il suo arco di redenzione è sorprendentemente toccante. E quando sfida il proprio codice per scegliere il bene, siamo costretti a domandarci… e se fosse davvero più umana di quanto pensassimo?
Sì, M3GAN 2.0 è satirico, sopra le righe, a tratti volutamente assurdo — ma questo non gli impedisce di lanciare stoccate taglienti alla realtà della regolamentazione dell’IA e alla nostra crescente dipendenza da essa. Johnstone sa che non esiste un ritorno al passato: l’intelligenza artificiale è tra noi, e lo sarà sempre di più. Il film sembra dirci: non possiamo scendere da questo treno in corsa, ma possiamo ancora scegliere dove andare.
Ed è proprio in questo che il viaggio di Gemma trova il suo significato più profondo. La sua trasformazione personale diventa uno specchio per noi spettatori: imparare a guardare all’IA non con cieca fiducia né con terrore apocalittico, ma con consapevolezza e responsabilità.
Fortunatamente, quando il tono rischia di farsi troppo serio, arriva M3GAN a restituirci il sorriso — con una battuta irresistibile, una danza ipnotica, o un momento di grottesco splendore. Perché in fondo, il suo fascino è anche questo: inquietante, spiazzante, eppure stranamente liberatorio.
In un panorama horror che spesso si divide tra tragedie inesorabili e commedie esagerate, M3GAN ha sempre camminato su un filo sottile. Il primo film aveva saputo usare l’ironia e il “camp” come armi affilate per raccontare una storia profondamente contemporanea. Il sequel non abbandona completamente questa vena, ma nel suo mondo più maturo e levigato, quella leggerezza diventa più difficile da maneggiare.
M3GAN 2.0 è consapevole di sé, delle sue origini e del suo potenziale. È un film che cerca il suo tono, la sua voce, il suo posto in un franchise in evoluzione. E se a volte inciampa, lo fa con stile, ambizione e cuore. Perché, proprio come M3GAN, sta imparando a essere qualcosa di più di ciò per cui è stato creato.