Cruise fa le cose a modo suo in questo ottavo e ultimo Mission: Impossible, dove il suo agente ribelle Ethan Hunt affronta il male supremo sotto forma di intelligenza artificiale.
Cruise fa le cose a modo suo in questo ottavo e ultimo Mission: Impossible, dove il suo agente ribelle Ethan Hunt affronta il male supremo sotto forma di intelligenza artificiale.
Eccolo: l’ottavo e ultimo film (per ora) della spettacolare serie di thriller d’azione Mission: Impossible, che si presenta come l’ultimo segmento espulso da un’astronave Apollo incredibilmente futuristica, che poi continua a salire nella ionosfera in una palla di fuoco mentre Tom Cruise ascende a uno stato oltre la celebrità, oltre il franchise. E con il messaggio anti-IA e scettico nei confronti di Internet di questo film, e la sbalorditiva scena finale girata in volo, Cruise ribadisce la sua richiesta di un’esperienza cinematografica autentica. Ovviamente esegue lui stesso le acrobazie sovrumane, per lo stesso motivo per cui, come lui stesso ha detto una volta in modo memorabile, Gene Kelly ballava tutte le sue scene di danza.
Final Reckoning è una nuova e definitiva sfida (in realtà la seconda parte della sfida del film precedente) che vede il muscoloso e intraprendente leader dell’IMF Ethan Hunt, interpretato da Cruise, impegnato in un’ultima missione ribelle e negabile per esasperare e allo stesso tempo impressionare i suoi superiori boriosi a Washington e Langley. E di cosa si tratta? Di salvare il mondo, ovviamente, come tutte le altre missioni.
Con la sua coraggiosa squadra composta da Grace (Hayley Atwell), Luther (Ving Rhames) e Benji (Simon Pegg), Hunt deve ora affrontare un sinistro e metastatizzante cervello artificiale chiamato “l’Entità”, il MacGuffin-slash-cattivo definitivo che sta minando la verità in tutto il mondo con bugie e deepfake, mettendo nazione contro nazione, potenza nucleare contro potenza nucleare, in modo da diventare l’anti-Dio, il malvagio dominatore di tutti. E per fermarlo, Ethan deve prendere la “chiave cruciforme” low-tech che ha recuperato nell’ultimo film e applicarla al dispositivo “Podkova” che si trova a bordo di un sottomarino russo naufragato, il Sevastopol, da qualche parte sul fondo del mare. (Aspetta… avrebbero dovuto chiamare James Cameron con una sorta di sommergibile ingegnoso?) La combinazione dei due sarà una “pillola avvelenata” che distruggerà l’Entità.
È un’avventura follemente divertente che ci regala periodicamente un montaggio dei momenti migliori degli altri sette film della serie M:I, ma abbiamo anche una scena inedita con Tom che corre per strada, senza la quale non sarebbe M:I. Inoltre, questo ottavo film ci regala un nuovo personaggio fantastico, il capitano Bledsoe, comandante di un sottomarino statunitense, interpretato con eleganza e un pizzico di ironia da Tramell Tillman (della serie TV Severance), che ha tutte le carte in regola per M:I9, quando mai uscirà.
E proprio come non sarebbe M:I senza una scena di corsa, non sarebbe M:I senza Tom che si aggrappa per salvarsi la vita a un’altitudine impossibile; qui riesce ad aggrapparsi all’ala di un vecchio aereo a elica nel blu dell’Empyrean. Come disse Anthony Hopkins in MI:2: “Non è ‘Missione difficile’, vero?
È a questo punto che ho capito che Tom Cruise non è esattamente Gene Kelly, quanto piuttosto l’eroe d’azione sovrumano Harold Lloyd, appeso all’orologio in Safety Last! nel 1923, penzolando dalla lancetta dei minuti, impedendole di avanzare verso le 12, sfidando la gravità e trattenendo il tempo. Questo è ciò che ha fatto Cruise: eternamente giovane, eternamente in forma, senza mai arrendersi di fronte a questo assurdo orologio dell’Armageddon. Che emozione!