Nel 1988 esce il capolavoro diretto da Robert Zemeckis e da allora l’industria cinematografica ha lottato per eguagliare la sua inventiva.

L’aspetto sorprendente di “Chi ha incastrato Roger Rabbit”, una sorta di film noir inchiostrato con gag oltraggiose, è la rapidità con cui iniziamo ad accettare il miracolo che abbiamo davanti agli occhi.

In meno di quattro minuti ci viene presentato uno sfortunato “attore”, lo stesso R. Rabbit (molto) animato, che fa impazzire il suo regista umano perché Roger vede uccelli cinguettanti invece di stelle quando gli cade un frigorifero in testa.

Nel giro di altri 10 minuti, abbiamo accettato che gli esseri umani entrino nel mondo di Roger, il mondo metaforico e di seconda classe dei Toons: star animate, attori a contratto e attori non protagonisti che lavorano ai Maroon Studios di Hollywood nel 1947. Quando uno squallido investigatore, Eddie Valiant (Bob Hoskins), entra negli studi Maroon, deve passare accanto a un ippopotamo Toon in tutù sulle scale ed evitare di bagnarsi i piedi mentre una squadra di scope di “Fantasia” pulisce un palcoscenico. (Hoskins deve avere un’immaginazione di ferro per portare a termine questa interazione delicatamente calibrata con ogni dimensione e varietà di Toon, da un coniglio nel suo letto, a un gorilla di due metri che incombe minaccioso sulla sua spalla, a una seduttrice con la bocca di Gloria Grahame e la silhouette di Jayne Mansfield).

Denso, soddisfacente, febbrilmente inventivo e una meraviglia tecnica, “Chi ha incastrato Roger Rabbit” ha avuto Robert Zemeckis (“Ritorno al Futuro”) come regista e Richard Williams, premio Oscar per “A Christmas Carol” (1972), come direttore dell’animazione, sotto le insegne congiunte delle società Touchstone della Disney e Amblin di Steven Spielberg.

L’idea originale di mescolare personaggi animati con personaggi reali è nata dal romanzo del 1981 “Chi ha censurato Roger Rabbit?” di Gary K. Wolf, che è stato rivisto dagli sceneggiatori Jeffrey Price e Peter Seaman fino a quando non è rimasto molto della trama se non la sua premessa.

Si tratta ora di un giallo che deve qualcosa al sapore di “Chinatown” e qualcosa in più alla leggenda che circondava lo smantellamento del superbo sistema di auto elettriche Red Car di Los Angeles e la costruzione di un sistema di autostrade per sostituirlo.

La sceneggiatura presenta ora Roger, un veterano della comicità slapstick tooniana (con la voce ricca e saporita del comico Charles Fleischer), in preda a una crisi isterica perché la sua bella moglie, Jessica (un’apparizione vocale non accreditata di Kathleen Turner), una cantante di nightclub, è stata beccata in alcune foto piuttosto incriminanti con Marvin Acme (Stubby Kaye), il boss delle compagnie di novità. (Acme vi suona familiare? Ricorda il fornitore di candelotti di dinamite di Wile E. Coyote).

Seguono omicidi incruenti (il film è vietato ai minori) e l’orribile minaccia del sinistro Giudice Destino (Christopher Lloyd), un personaggio in carne e ossa affiancato da un’ignobile banda di donnole dei cartoni animati.

L’arma di Destino è l’Immersione, una miscela fulminante di trementina e benzene (nella traduzione Italiana chiamata Salamoia), garantita per sradicare ogni simpatico toon che tocca. (Non c’è bisogno di menzionare la Soluzione Finale).

“Roger Rabbit” ha un fascino diverso per ogni età. I bambini rimarranno a bocca aperta di fronte al trucco in sé, ai camerieri pinguini animati che bilanciano veri vassoi e ai personaggi dei cartoni animati che agitano vere pistole, mentre Eddie Valiant carica l’enorme pistola animata di Yosemite Sam, i cui proiettili hanno volti e voci e una volontà propria. E se, come a volte fanno i bambini, cercano di trovare un difetto nell’esecuzione, non ci riusciranno. Questi cartoni proiettano ombre reali, in più di un senso della parola.

Non è difficile applicare la situazione dei Cartoni alla vita reale, a coloro che un tempo erano considerati abbastanza bravi per esibirsi nei club ma non per mangiarvi o bere, la cui scelta era di stare sotto i riflettori o in cucina; coloro che devono vivere in ghetti isolati su terreni controllati da altri. I registi sono ben consapevoli del simbolismo dei Toons, ma scelgono semplicemente di mostrarlo, non di predicarlo.

Per il pubblico che è cresciuto con i cartoni animati come parte naturale del proprio cinema, lo shock potrebbe non essere il mix di persone vive e animate, ma la vista davvero rivoluzionaria di grandi icone di studios rivali che si sfregano allegramente le spalle.

Immaginate: Daffy e Paperino su due pianoforti gemelli e uno studio abbastanza grande da ospitare solo superstar: Droopy e Dumbo, Bambi e Lena Hyena, Porky Pig e Pinocchio, Woody Woodpecker e Tweetie Pie, Bugs Bunny e Betty Boop. (Betty, che sia benedetta, è rimasta fedele ai suoi inizi in bianco e nero). Il paradiso dei fan dei cartoni animati è un colpo equivalente al Live Aid e alla reunion di tutti i Beatles, messi insieme.

Zemeckis ha tenuto ben stretto il filo della memoria cinematografica e del piacere dei cartoni animati che lega tutta l’azione di “Roger Rabbit”. Le gag sono ricche e divertenti: Le vecchie castagne di Mae West e Kitty Foyle sono riprese volutamente, e alcune nuove gag sono brillanti.

La migliore è la formula di Destino per attirare qualsiasi cartone fuori dal suo nascondiglio: Basta che digiti “Ammazza la vecchia…” e aspetta che il toon esca dal suo nascondiglio. .” e aspetta la risposta “col flit!” per rivelare la sua vittima. Roger si contorce come un cavatappi, cercando di trattenersi. In realtà, qui si sta dicendo qualcosa di serio sulla vita di un cartone (per il quale si può leggere attore), che farebbe di tutto, anche mettere in pericolo la propria vita, per farsi una risata.

Ci sono sorprese e tesori a ogni angolo, soprattutto per gli appassionati di cinema. Ma – animazione a parte – il tesoro dell’opera è la performance comica pungente e viscerale di Hoskins. Non è una sorpresa per chi lo ricorda cantare e ballare nella complessa e cupa tragicommedia televisiva britannica “Pennies From Heaven”, Hoskins modula qui la sua performance dal sommesso al cartoon-maniacale per rimanere il perno assoluto dell’opera.

Scorrendo l’ultima, grande carrellata di star dei cartoni animati, si può notare l’assenza di alcuni protagonisti dei cartoni animati, in particolare di Braccio di Ferro. Vedrete un piccolo omaggio a Felix il gatto, anch’esso assente, sopra il tunnel per Cartoonia, con Felix come maschera della Commedia e della Tragedia. Si dice che i proprietari di Braccio di Ferro e Felix abbiano rifiutato i 5.000 dollari offerti per il loro utilizzo.

In questa costellazione storica, non si può fare a meno di pensare che siano stati loro a rimetterci.

Di Mauro

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