C’è un momento nella vita di ogni attore in cui un personaggio diventa qualcosa di più di una semplice interpretazione.
Diventa un’icona, un ricordo collettivo, un frammento di cultura pop che attraversa le generazioni. Per Gil Gerard, quel momento è arrivato nel 1979, quando ha indossato i panni del capitano William “Buck” Rogers, l’astronauta congelato nel tempo che si risveglia 504 anni dopo in un mondo completamente trasformato. Martedì 17 dicembre 2025, Gerard ha concluso il suo viaggio terreno all’età di 82 anni, dopo una battaglia lampo contro una forma rara e aggressiva di cancro.
La notizia è stata condivisa dalla moglie Janet attraverso un toccante messaggio su Facebook. “Questa mattina presto Gil, la mia anima gemella, ha perso la sua battaglia contro una forma rara e ferocemente aggressiva di cancro. Dal momento in cui abbiamo capito che qualcosa non andava alla sua morte questa mattina sono passati solo pochi giorni”, ha scritto Janet, aggiungendo parole che racchiudono l’essenza di una vita vissuta intensamente: “Non importa quanti anni avrei potuto passare con lui, non sarebbero mai stati abbastanza”.
Ma c’è di più. Gerard stesso aveva preparato un ultimo messaggio per i suoi fan, chiedendo alla moglie di condividerlo dopo la sua morte. “La mia vita è stata un viaggio straordinario. Le opportunità che ho avuto, le persone che ho incontrato e l’amore che ho dato e ricevuto hanno reso i miei 82 anni su questo pianeta profondamente appaganti”, recitano le sue parole, che suonano come il testamento spirituale di un uomo che ha saputo vivere pienamente. Il messaggio si conclude con un consiglio che è quasi un imperativo esistenziale: “Non sprecate il vostro tempo in qualcosa che non vi entusiasma o non vi porta amore. Ci vediamo da qualche parte nel cosmo”.
Nato il 23 gennaio 1943 a Little Rock, Arkansas, Gilbert Cyril Gerard era il più giovane di tre fratelli. Figlio di Frank, un venditore di coltelli, e Gladys, un’insegnante, Gerard ha percorso la classica gavetta dell’attore americano. Nel 1969 si trasferì a New York per studiare recitazione con Philip Burton all’American Musical and Dramatic Academy. Burton non era un insegnante qualunque: era il mentore e padre adottivo del leggendario Richard Burton. Per mantenersi, Gerard guidava un taxi di notte, un dettaglio che aggiunge un tocco quasi cinematografico alla sua biografia.
Fu proprio uno dei suoi passeggeri a cambiargli la vita. Il cliente organizzò un provino per un ruolo in “Love Story” di Arthur Hiller, che stava girando a New York. Gerard venne assunto come comparsa e lavorò sul set per circa dieci settimane, anche se la sua piccola parte finì poi sul pavimento della sala di montaggio. Ma l’esperienza gli aprì le porte di Hollywood. Nei primi anni Settanta apparve in più di 400 spot pubblicitari e ottenne un ruolo ricorrente nella soap opera NBC “The Doctors”, interpretando il dottor Alan Stewart dal 1973 al 1976.
Nel 1977, Gerard apparve come interesse romantico di Lee Grant nel film catastrofico candidato all’Oscar “Airport ’77” e produsse il suo primo film, “Hooch”, una commedia ambientata negli Appalachian che lui stesso ammise essere un’imitazione di “Smokey and the Bandit”. Ma il destino stava per bussare alla sua porta sotto forma di un progetto fantascientifico che avrebbe definito la sua carriera.
Quando Glen A. Larson della Universal Television gli propose il ruolo di Buck Rogers, Gerard rifiutò. Non una volta, ma tre volte. “Ho visto cosa ha fatto alla carriera di Adam West con Batman, e questo era un altro personaggio dei cartoni animati. Non volevo fare questa roba camp”, spiegò Gerard in un’intervista del 2018. Il riferimento a West era significativo: l’attore di Batman aveva faticato per decenni a liberarsi dalla tirannia del mantello e del costume, diventando prigioniero del suo stesso successo.
Ma il suo agente insistette affinché leggesse almeno la sceneggiatura. Gerard cedette e scoprì qualcosa di inaspettato. “Pensavo che il personaggio avesse un senso di realtà. Mi piaceva molto il suo senso dell’umorismo e la sua umanità. Non era un tipo rigido. Era un uomo capace di risolvere i problemi con prontezza, e non era un supereroe”, raccontò nel 2017. Quella sfumatura fece la differenza.
Il progetto iniziò come un film per la televisione nel 1979, ma la Universal, fiutando l’affare sulla scia del successo planetario di Star Wars, decise di distribuirlo nei cinema. Fu una scommessa vincente: il film incassò 21 milioni di dollari e si piazzò tra i primi 25 maggiori incassi dell’anno. Il film venne poi riconfezionato come episodio pilota di due ore per la serie televisiva che debuttò su NBC nel corso dello stesso anno.
“Buck Rogers in the 25th Century” raccontava la storia del capitano William “Buck” Rogers, un pilota della NASA e dell’Air Force congelato accidentalmente nella sua navicella spaziale nel maggio 1987 e scoperto solo nel 2491, dopo che una guerra nucleare aveva devastato il mondo. Al fianco di Gerard brillavano Erin Gray nel ruolo della colonnella Wilma Deering e Felix Silla come il robot argentato Twiki, doppiato dalla voce leggendaria di Mel Blanc. La serie mescolava azione, fantascienza e un tono scanzonato che la rendeva accessibile a un pubblico molto vasto.
La serie durò due stagioni per un totale di 32 episodi, concludendosi nell’aprile 1981. Non fu un trionfo critico, ma conquistò il cuore di milioni di spettatori che videro in Buck Rogers un eroe diverso: ironico, umano, capace di ridere di sé stesso pur salvando continuamente la situazione. Gerard aveva ragione a non voler fare “roba camp”: il suo Buck Rogers era molto più di questo.
Dopo la cancellazione della serie, Gerard continuò a lavorare costantemente. Condusse una serie di film per la televisione, tra cui “Help Wanted: Male” del 1982 con Suzanne Pleshette, che ottenne ascolti significativi. Dal 1986 al 1987 interpretò il sergente Jake Rizzo nella serie ABC “Sidekicks”, affiancato da Ernie Reyes Jr. nel ruolo di suo nipote. Apparve anche in “E.A.R.T.H. Force” nel 1990, condusse il reality show “Code 3” nel 1992 e fece una guest appearance in “Days of Our Lives” nel 1997 interpretando il maggiore Dodd.
Nel 1983, Gerard si cimentò anche nella produzione teatrale portando a Broadway il musical “Amen Corner”, basato sull’opera di James Baldwin e interpretato da Rhetta Hughes. Il suo ultimo ruolo cinematografico di rilievo fu in “The Nice Guys” del 2016, la commedia noir diretta da Shane Black con Ryan Gosling e Russell Crowe.
La vita di Gerard non fu priva di difficoltà. Nel 2007 divenne protagonista del documentario “Action Hero Makeover” sul Discovery Health Channel, nel quale decise di sottoporsi a un intervento di bypass gastrico dopo che il suo peso aveva raggiunto i 350 chili. In un articolo del 1990 su People, stimò di aver perso circa un milione di dollari di lavoro a causa dei problemi legati all’alimentazione compulsiva. Fu un momento di estrema vulnerabilità che Gerard affrontò pubblicamente, dimostrando un coraggio che andava oltre quello richiesto da qualsiasi copione.
Gerard fu sposato quattro volte. Uno dei matrimoni più noti fu quello con l’attrice Connie Sellecca, star della serie “Hotel”, durato dal 1979 al 1987. Dal matrimonio nacque il figlio Gib. Nel 2007 sposò Janet, che gli rimase accanto per 18 anni fino alla fine. Gerard mantenne anche una lunga amicizia con l’ex presidente Bill Clinton, un legame che testimoniava la sua capacità di costruire relazioni profonde e durature.
Negli ultimi anni, Gerard si era ritirato nella sua casa in North Georgia, lontano dai riflettori di Hollywood ma mai dimenticato dai fan. Continuava a partecipare occasionalmente a convention e incontri dedicati alla fantascienza, dove veniva accolto con affetto da generazioni di appassionati che avevano vissuto attraverso di lui il sogno di viaggiare tra le stelle.
La morte di Gil Gerard chiude un capitolo della televisione americana, quella televisione che negli anni tra la fine dei Settanta e l’inizio degli Ottanta seppe regalare sogni ed evasione a milioni di spettatori. Buck Rogers non era solo un eroe spaziale: era un uomo del Novecento catapultato in un futuro alieno, costretto a reinventarsi mantenendo la propria umanità. In questo senso, il personaggio incarnava perfettamente le ansie e le speranze di un’epoca che guardava al futuro con una miscela di timore e fascinazione.
Gerard lascia la moglie Janet e il figlio Gib. Ma lascia anche un’eredità intangibile: quella sensazione di meraviglia che provavamo da bambini davanti allo schermo, quando un uomo in tuta spaziale ci convinceva che il futuro, per quanto incerto, sarebbe stato un’avventura che valeva la pena vivere. Come lui stesso ha scritto nel suo ultimo messaggio, ci vediamo da qualche parte nel cosmo, capitano Rogers.