Quando si pronuncia il nome di George R.R. Martin, la mente corre immediatamente a Westeros, ai draghi Targaryen e alle intricate trame di potere che hanno definito Game of Thrones e House of the Dragon.

Eppure, l’universo creativo di Martin si estende ben oltre le mura di Approdo del Re, abbracciando territori dove la fantasia lascia spazio alla fantascienza e l’horror cosmico sostituisce le battaglie per il Trono di Spade. Nightflyers rappresenta proprio questa dimensione nascosta del genio narrativo di Martin, un’opera che merita di essere ricordata accanto alle saghe epiche di Westeros, nonostante un destino televisivo tragicamente breve.

La serie televisiva Nightflyers, prodotta da SYFY nel 2018 e cancellata dopo una sola stagione nel febbraio 2019, affonda le sue radici in una novella omonima di Martin ambientata nell’universo fantascientifico dei Thousand Worlds. Ma trasformare 88 pagine in cui sette personaggi su otto muoiono prima della conclusione in una serie televisiva completa rappresentava una sfida titanica. Lo stesso Martin, venuto a conoscenza dei piani per una serie, si chiese con il suo caratteristico umorismo nero: “Cosa ci sarà nel quarto episodio? Chi guarderà quattro stagioni di un’astronave piena di cadaveri?”

La risposta del creatore Jeff Buhler fu audace quanto necessaria: usare il racconto di Martin come ispirazione e struttura piuttosto che come adattamento diretto. Questo approccio distingue nettamente Nightflyers da Game of Thrones, che nonostante alcune deviazioni narrative rimane fedele ai romanzi di Martin. Per espandere la storia breve in una serie completa, Buhler e il suo team attinsero generosamente dal pantheon dei classici del genere, un’operazione che il creatore stesso ammise apertamente: “Ci siamo appoggiati pesantemente sulle spalle dei grandi. Non siamo stati timidi nel prendere temi e persino alcune immagini.”

Il DNA cinematografico di Nightflyers pulsa con riferimenti inequivocabili. C’è l’intelligenza artificiale inquietante di 2001: Odissea nello spazio, il terrore claustrofobico di Alien, l’isolamento psicologico di Shining, la possessione demoniaca de L’esorcista e, forse più palesemente, l’horror cosmico di Event Horizon, il film di Paul W.S. Anderson che ancora oggi continua a disturbare gli spettatori con la sua rappresentazione dell’inferno nello spazio profondo.

La serie si apre con una sequenza che omaggia direttamente Shining: la dottoressa Agatha Matheson, interpretata da Gretchen Mol, viene inseguita da un uomo armato di ascia, Angus Sampson, attraverso i corridoi metallici dell’astronave Nightflyer. Prima di togliersi la vita, Matheson riesce a trasmettere un avvertimento disperato: state lontani da questa nave. La narrazione poi torna indietro nel tempo, al 2039, quando tutto ebbe inizio.

La Terra del futuro immaginato da Martin è un mondo al collasso, devastato da una misteriosa malattia e dalla scarsità di risorse. In questo scenario apocalittico, un gruppo di scienziati sale a bordo della Nightflyer con una missione disperata: raggiungere i Volcryn, una razza aliena avanzata che potrebbe rappresentare l’ultima speranza per l’umanità. L’equipaggio è un mosaico di talenti e traumi: Karl D’Branin, interpretato da Eoin Mackin, lascia sulla Terra la moglie e il ricordo straziante della figlia deceduta; il capitano Roy Eris, nella performance di David Ajala, si mantiene misteriosamente separato dall’equipaggio, manifestandosi solo come ologramma; Melantha Jhiri, il personaggio che ha lanciato la carriera di Jodie Turner-Smith, è una donna geneticamente potenziata; e infine Thale, interpretato da Sam Strike, un telepatico reclutato per comunicare con gli alieni.

Durante il viaggio verso l’ignoto, l’equipaggio inizia a vedere cose impossibili. D’Branin conversa con la figlia morta, altri membri del team affrontano le proprie paure più profonde materializzate. Inizialmente, i sospetti cadono su Thale, accusato di manipolare le menti dei compagni. Ma la verità è molto più terrificante: l’astronave stessa è infestata, trasformando quello che doveva essere un viaggio di speranza in una lotta disperata per la sopravvivenza.

L’elemento della casa infestata rappresenta indubbiamente il punto di forza della serie, creando momenti di autentico terrore psicologico. Tuttavia, come sottolineato anche dalla critica di Collider, il progetto soffre di un’eccessiva ambizione narrativa. Buhler e il suo team hanno cercato di fondere troppi generi in un’unica esperienza: casa infestata, fantascienza hard, space opera, body horror e thriller psicologico. Il risultato è un mosaico affascinante ma talvolta frammentario, dove i diversi elementi faticano a trovare una coesione perfetta.

Per arricchire la narrazione, la serie introduce elementi completamente assenti dalla novella originale, come le storie passate dei personaggi esplorate attraverso una “memory suite”, una tecnologia che permette un’esplorazione tangibile dei ricordi. Temi come scienza contro fede, l’hubris dell’umanità e il mistero dell’ignoto vengono ampiamente sviluppati, compensando la scarsa partecipazione di Martin alla produzione, vincolato dal suo contratto esclusivo con HBO.

Ciò che la serie mantiene fedelmente è l’approccio disinibito alla sessualità tipico dell’universo martiniano. In questo futuro liberale, il sesso diventa un’attività ricreativa normalizzata, chiamata semplicemente “sexing”, praticata con la stessa naturalezza con cui si giocherebbe a tennis. Almeno senza coinvolgere membri della famiglia, una pratica che rimane fortunatamente confinata a Westeros.

Nonostante le differenze strutturali, Nightflyers condivide con Game of Thrones e House of the Dragon alcuni elementi fondamentali dello stile narrativo di Martin. Nessun personaggio è al sicuro da una morte improvvisa e violenta, non importa quanto centrale possa sembrare per la trama. Le moralità definite sono bandite: tutti i personaggi esistono in una zona grigia etica, dove anche chi commette omicidi multipli può essere liberato perché le sue competenze sono necessarie alla missione. L’ottimismo non trova spazio in questo universo, proprio come nelle terre di Westeros.

L’universo dei Thousand Worlds di Martin si rivela intricato, immaginativo e dettagliato quanto quello di Westeros, offrendo infinite possibilità narrative. Purtroppo, questo potenziale non venne mai pienamente esplorato. La serie scelse di abbandonare il finale definitivo della novella di Martin in favore di un cliffhanger che prometteva sviluppi futuri, una scommessa perduta con la cancellazione da parte di SYFY.

Prima di Nightflyers, un altro lavoro di Martin aveva già trovato la via dell’adattamento televisivo: la sua novelette Sandkings era stata trasformata nell’episodio pilota della serie antologica The Outer Limits nel 1995. E ancora prima, nel 1987, Nightflyers aveva avuto una prima incarnazione cinematografica, ben prima che Game of Thrones trasformasse Martin in un nome conosciuto a livello globale.

Nonostante la cancellazione prematura, Nightflyers rimane un’esperienza visivamente stupefacente e narrativamente più profonda della fantascienza televisiva convenzionale. La serie si distingue nettamente dalle altre produzioni SYFY, offrendo un livello di complessità tematica e sofisticazione visiva che trascende il budget televisivo. È un’opera che richiede pazienza e attenzione, ricompensando lo spettatore con riflessioni sul destino dell’umanità, sulla natura della coscienza e sui confini tra vita e morte.

House of the Dragon tornerà con la sua terza stagione nell’estate del 2025, promettendo nuove battaglie sanguinose nella guerra civile dei Targaryen. Ma mentre attendiamo il ritorno a Westeros, vale la pena riscoprire questo angolo oscuro e inquietante dell’universo creativo di George R.R. Martin, dove le astronavi sono infestate dai fantasmi, dove l’ignoto cosmico attende nelle profondità dello spazio, e dove la sopravvivenza dell’umanità dipende dall’affrontare i demoni tanto esterni quanto interni. Nightflyers merita di essere ricordata non come un fallimento, ma come un esperimento coraggioso che ha osato portare la visione di Martin oltre i confini della fantasia medievale, verso le stelle oscure dell’horror fantascientifico.

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