Vangelis è stato uno di quei compositori capaci di trasformare il suono in paesaggio emotivo, di dare una forma musicale al tempo, allo spazio e persino al silenzio. Nato in Grecia come Evángelos Odysséas Papathanassíou, Vangelis non ha mai amato le etichette né i confini: autodidatta, visionario, lontano dagli schemi accademici, ha costruito una carriera che ha attraversato rock progressivo, elettronica, musica classica e cinema con una libertà assoluta. Prima di conquistare Hollywood, il suo nome era già legato agli Aphrodite’s Child, gruppo cult degli anni Sessanta e Settanta, ma è nel rapporto con le immagini che Vangelis trova la sua dimensione più potente, diventando uno dei pionieri della musica elettronica applicata al cinema.
Il suo stile è immediatamente riconoscibile: sintetizzatori analogici, melodie ampie e solenni, un senso costante di spiritualità e malinconia, come se ogni nota provenisse da un luogo sospeso tra il futuro e la memoria. Il mondo lo scopre definitivamente nel 1981 con Momenti di gloria di Hugh Hudson, una colonna sonora che rompe ogni convenzione e vince l’Oscar, fondendo elettronica e pathos sportivo in un inno universale alla perseveranza umana, ma è con Blade Runner di Ridley Scott che Vangelis entra nella leggenda, creando una delle colonne sonore più influenti di sempre: un suono notturno, piovoso, urbano, che non accompagna il film ma lo respira, lo abita, anticipando per decenni l’immaginario sonoro della fantascienza e ridefinendo il modo di pensare la musica nei mondi distopici.
La collaborazione con Ridley Scott prosegue con 1492 – La conquista del paradiso, dove Vangelis unisce epica e spiritualità, trasformando la scoperta del Nuovo Mondo in un viaggio mistico più che storico, dimostrando ancora una volta la sua capacità di parlare all’anima prima che alla mente. Negli anni firma anche La Bounty, Missing, Alexander e numerosi documentari, progetti scientifici e opere legate allo spazio e alla NASA, confermando il suo legame profondo con l’idea di infinito, esplorazione e trascendenza. Vangelis non ha mai composto “musica di servizio”: ogni sua partitura è un atto autoriale, un dialogo profondo con l’immagine, spesso realizzato in totale solitudine nel suo studio, improvvisando, registrando, lasciando che l’emozione guidi la tecnologia e non il contrario.
La sua eredità va oltre il cinema: ha influenzato intere generazioni di musicisti, compositori e registi, aprendo la strada a un uso poetico ed emozionale dell’elettronica, dimostrando che i sintetizzatori possono essere caldi, umani, struggenti. Vangelis è stato il suono del futuro immaginato negli anni Ottanta, ma anche una voce antica, quasi mitologica, capace di raccontare l’uomo davanti all’ignoto. E forse è proprio questo il suo lascito più grande: averci insegnato che la musica, quando è sincera, può diventare memoria collettiva, emozione pura, cinema invisibile che continua a vivere anche quando lo schermo si spegne.