Ogni grande film ha i suoi segreti nascosti tra le pieghe della produzione, dettagli che trasformano una semplice creatura cinematografica in qualcosa di profondamente personale.

Nel caso di Ghostbusters, il classico del 1984 diretto da Ivan Reitman, uno dei personaggi più iconici dell’intera saga porta con sé un omaggio tanto inaspettato quanto commovente. Quel fantasma verde e affamato che tutti conosciamo come Slimer non era solo un effetto speciale nato dalla fantasia degli sceneggiatori: era il modo di Dan Aykroyd di far rivivere sullo schermo l’energia travolgente di un amico perduto troppo presto.

La scena è scolpita nella memoria collettiva degli appassionati di cinema. I tre acchiappafantasmi interpretati da Dan Aykroyd, Harold Ramis e Bill Murray fanno il loro ingresso all’hotel Sedgewick per la prima missione ufficiale. L’equipaggiamento è ancora da testare, le armi protonici sono pericolose quanto affascinanti, e la tensione si taglia con un coltello. Ed ecco che appare: un’apparizione verde, senza gambe, intenta a divorare tutto ciò che trova su un carrello di servizio in camera. Il cibo gli attraversa il corpo spettrale, ma lui continua imperterrito. Una punizione divina per un’anima golosa, condannata a una fame eterna sulla Terra.

Quella creatura attaccherà Peter Venkman, lasciando Bill Murray ricoperto da capo a piedi di quella sostanza viscida e fluorescente che diventerà il marchio di fabbrica dell’intero franchise: l’ectoplasma. Da quel momento, il fantasma senza nome guadagnerà un’identità precisa. Slimer diventerà molto più di un semplice antagonista da catturare: si trasformerà nella mascotte ufficiale del brand, protagonista della serie animata The Real Ghostbusters con la voce di Frank Welker, e talmente popolare da far cambiare il titolo dello show in Slimer and the Real Ghostbusters.

Ma dietro quella figura grottesca e divertente si nascondeva un’intenzione più profonda. Nel 1990, durante un documentario intitolato Slimer Won’t Do That!, realizzato in concomitanza con la serie animata, Dan Aykroyd e Harold Ramis – co-sceneggiatori del film originale – si sono ritrovati a parlare dell’incredibile successo di quel personaggio. Ed è proprio in quel momento che Aykroyd ha svelato la verità: Slimer era il suo modo di riportare in vita John Belushi, il leggendario compagno di Saturday Night Live e co-protagonista di The Blues Brothers, morto nel 1982 per overdose all’età di soli 33 anni.

Aykroyd ha raccontato che Slimer era presente fin dalla primissima bozza della sceneggiatura, anche se con un nome diverso: The Onion Head, la testa di cipolla. E già allora incarnava quelle caratteristiche inconfondibili.

“Era sempre una specie di residuo di qualcuno a cui piaceva godersi la vita”

ha spiegato l’attore e sceneggiatore.

“Spesso penso che fosse forse Belushi che tornava indietro. Perché John aveva quella passione per la vita, quell’appetito per le cose. E Slimer ha sempre avuto quel tratto di ingoiare tutto e vederlo scivolare via attraverso il corpo.”

È un’immagine potente e malinconica allo stesso tempo. John Belushi era noto per le sue performance senza freni, per quella comicità fisica e maniacale che lo rendeva irresistibile, per un’energia selvaggia che sembrava impossibile da contenere. Era amato da un’intera generazione di comici e la sua scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile. Trasformarlo in un fantasma affamato e goffo, costretto a un’eternità di desiderio insaziabile, è al tempo stesso un tributo affettuoso e una riflessione sulla natura effimera del piacere.

Aykroyd stesso ha ammesso quanto fosse strano vedere quel personaggio diventare una star dei cartoni animati.

“È davvero strano per me. The Onion Head ora è una stella dei cartoni animati”

ha dichiarato con un misto di stupore e tenerezza. Nella serie animata, infatti, Slimer non è più il fastidioso spettro da catturare, ma un compagno buffo e affezionato dei Ghostbusters, quasi un animale domestico capace di pronunciare parole basilari e di regalare momenti di pura leggerezza.

Nel corso degli anni, Slimer è apparso anche in Ghostbusters II del 1989, è diventato il volto dell’Ecto Cooler della Hi-C, e ha fatto ritorno nel remake del 2016 e nel sequel del 2024, Ghostbusters: Frozen Empire. Ogni volta, quella figura verde ha portato con sé l’eco di un’amicizia perduta e di un talento spezzato. È il modo in cui Hollywood, a volte, riesce a trasformare il dolore in magia, a far sopravvivere chi non c’è più attraverso l’immaginazione e la creatività.

Quella creatura che sguazza nell’ectoplasma e divora tutto ciò che incontra non è solo uno dei fantasmi più famosi della storia del cinema. È il fantasma di John Belushi che continua a vivere, a far ridere, a ricordarci che l’appetito per la vita – in tutte le sue forme – è forse la cosa più umana che esista. E che certi amici, anche quando non ci sono più, trovano sempre un modo per tornare.

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