Ludwig Göransson nasce a Linköping, in Svezia, nel 1984, e cresce in una famiglia dove la musica è una presenza costante: il padre suona la chitarra, la madre è appassionata di musica classica, e lui impara presto che il suono è un linguaggio con cui si può costruire un mondo.

Studia alla Royal College of Music di Stoccolma, poi si trasferisce negli Stati Uniti per completare la formazione alla USC di Los Angeles, dove incontra i primi registi con cui crescerà: Ryan Coogler, allora studente, e un giovane attore e musicista destinato a diventare una delle voci più influenti della cultura contemporanea, Donald Glover. Prima che Hollywood lo conosca come compositore, Göransson diventa infatti produttore discografico e arrangiatore: lavora con Glover/Childish Gambino, contribuendo all’identità sonora di album come “Because the Internet” e soprattutto a “Awaken, My Love!”, ampliando confini tra funk psichedelico, soul e sperimentazione elettronica.

La loro collaborazione raggiunge il vertice culturale nel 2018 con “This Is America”, brano che Göransson produce e co-arrangia, vincendo il Grammy per Record of the Year. Parallelamente inizia a dedicarsi con costanza alla musica da film. L’incontro con Ryan Coogler diventa la prima grande svolta. Per “Fruitvale Station” (2013), Göransson scrive una colonna sonora intima, minimalista, costruita sui dettagli dell’emotività quotidiana; per “Creed” (2015), rinnova il mito di Rocky contaminando orchestra, elettronica e hip-hop, creando un tema centrale (“If I Fight, You Fight”) che esplode in una fanfara moderna, incandescente, che vibra come un cuore in corsa. Ma è con Black Panther (2018) che la sua firma entra definitivamente nella storia del cinema.

Göransson studia per mesi in Africa Occidentale, impara strumenti tradizionali come la fule flute, collabora con musicisti senegalesi e nigeriani, crea un linguaggio sonoro che non vuole imitare, ma rappresentare con rispetto e complessità un mondo immaginario radicato nella cultura reale. Il tema di T’Challa è una marcia regale costruita su percussioni ancestrali e ottoni solenni; quello di Killmonger è una ferita aperta che mescola beat trap e kora tradizionale, un dualismo perfetto tra identità e trauma. La colonna sonora gli vale l’Oscar, segnando un momento storico: un film Marvel ottiene per la prima volta una statuetta alla miglior colonna sonora e la musica di Göransson diventa il cuore emotivo di un fenomeno culturale planetario. La collaborazione con Nolan segna la seconda grande metamorfosi della sua carriera.

Con Tenet (2020) Zimmer non può partecipare e Nolan sceglie proprio lui: Göransson risponde con una delle partiture più concettuali e coraggiose degli ultimi anni. Costruisce suoni invertiti, ritmi che si muovono avanti e indietro, bassi distorti che sembrano strappare la realtà. È un’opera fisica, cerebrale, matematica e sensoriale nello stesso tempo, una perfetta traduzione musicale del concetto di tempo rovesciato. Ma il suo capolavoro con Nolan arriva nel 2023 con Oppenheimer, un viaggio di tre ore che Göransson accompagna con una colonna sonora che fonde violini tremolanti, pattern elettronici, esplosioni sonore e silenzi che sembrano urlare. Il tema principale, fragile e infinito, sembra costruito come una reazione a catena: cresce, accumula tensione, implode, riparte.

La musica non descrive Oppenheimer: lo divora. Il film gli vale il secondo Oscar, confermando la sua posizione di erede naturale dei grandi innovatori della musica per film. Nel frattempo Göransson continua a esplorare generi e universi con una naturalezza sorprendente: per The Mandalorian crea un tema che combina western, minimalismo, sintetizzatori e flauti scavati a mano, un motivo talmente iconico da diventare un fenomeno globale; per Black Panther: Wakanda Forever amplia il linguaggio del primo film fondendo sonorità africane e messicane, costruendo un ponte emotivo fatto di memoria, perdita e rinascita; per Turning Red produce canzoni pop da boyband early 2000s con una precisione filologica quasi commovente.

Ogni suo lavoro si riconosce, ma non si somiglia mai: la sua forza sta in una versatilità che non perde mai identità, una curiosità radicale che lo spinge a imparare strumenti, culture, tecniche di produzione, a non accontentarsi di ripetersi. Ludwig Göransson è, in definitiva, la voce del cinema contemporaneo che guarda avanti senza dimenticare la storia. Coniuga tradizione e futuro, radici culturali e ricerca sonora, orchestra e sintetizzatori, rendendo la colonna sonora un atto politico, emotivo e sensoriale insieme. In un’epoca in cui il cinema cambia forma, Göransson gli dà un suono che respira, cresce e si reinventa. E ogni volta che una sua melodia inizia, sappiamo che stiamo per ascoltare un mondo.

Lascia un commento