Con il suo inconfondibile umorismo scanzonato, Dick Van Dyke aveva scherzato solo un paio di mesi fa: “sarebbe divertente se non ci arrivassi a compiere 100 anni”.
Invece, oggi 13 dicembre 2025, Richard Wayne Van Dyke ha spento cento candeline, coronando una vita che è stata essa stessa un musical: piena di salti acrobatici, cadute spettacolari e risalite trionfali. Per sua e nostra fortuna, la leggenda continua a danzare.
Nato nel Missouri nel 1925, figlio di una stenografa e di un commesso viaggiatore, Van Dyke sembrava destinato a una vita ordinaria. Da studente liceale cantava nel coro a cappella e si esibiva in spettacoli teatrali, diviso tra la vocazione attoriale e quella di ministro religioso. Fu il servizio militare nel 1944 a risolvere l’enigma: intrattenere le truppe via radio gli rivelò dove apparteneva davvero. Il palcoscenico, non il pulpito.
Gli anni Cinquanta lo videro muovere i primi passi come metà del duo comico Eric and Van – The Merry Mules, insieme a Phil Erickson, per poi affermarsi nella televisione americana. Ma è il 1960 a segnare la svolta definitiva: protagonista del musical Bye, Bye Birdie a Broadway, Van Dyke conquista il Tony Award e attira l’attenzione del grande Carl Reiner. Quest’ultimo aveva creato uno show per sé, ma quando la CBS chiese un altro attore per il ruolo principale, Reiner non ebbe dubbi: doveva essere Dick.
Nacque così The Dick Van Dyke Show, dove l’attore interpretava Rob Petrie, un autore di commedie sposato con la dolce Mary Tyler Moore. Per cinque anni, dal 1961, lo show delirò gli americani con la sua commedia fisica mozzafiato. Van Dyke non era solo un attore: era un atleta della risata, capace di cadute spettacolari e recuperi impossibili. La sigla stessa dello show, dove inciampava su un pouf, divenne iconica. L’Emmy arrivò come naturale conseguenza.
Ma fu il 1964 a trasformare Dick Van Dyke da star nazionale a leggenda planetaria. Walt Disney lo scelse per interpretare Bert, lo spazzacamino amico di Mary Poppins, nel film che avrebbe incantato generazioni. L’attore arrivò sul set senza quasi saper ballare, eppure in pochissimo tempo, grazie alla sua agilità naturale e al fisico dinoccolato, si trasformò in un ballerino acrobatico capace di duettare con i pinguini animati e di saltare sui tetti di Londra. Il suo Bert divenne l’incarnazione della simpatia, della saggezza e della gioia di vivere, entrando nel cuore di milioni di bambini per non uscirne mai più.
Certo, il suo accento cockney è passato alla storia come uno dei peggiori mai sentiti al cinema. Van Dyke stesso ci ha sempre scherzato su, attribuendo la responsabilità al dialogue coach irlandese Pat O’Malley che, evidentemente, gli aveva insegnato tutt’altro. Ma per chi lo ha amato doppiato dalla voce splendida di Oreste Lionello, quel dettaglio non è mai esistito. Nel 1964, insieme a Julie Andrews, Van Dyke vinse anche il Grammy Award per le canzoni del film.
Dopo Mary Poppins arrivò Chitty Chitty Bang Bang nel 1968, adattamento musicale di un romanzo di Ian Fleming con gli stessi compositori e coreografi del capolavoro Disney. La sua popolarità era tale che Albert J. Broccoli lo avvicinò per il ruolo di James Bond. La risposta di Van Dyke fu autoironica come sempre: “ma hai sentito il mio accento inglese?”
Dietro il sorriso contagioso, però, si nascondeva un’ombra che il mondo non conosceva. Nel 1974, dopo aver interpretato un uomo d’affari alcolizzato nel film televisivo The Morning After, Van Dyke rivelò pubblicamente di essere stato lui stesso vittima dell’alcol per 25 anni. Da quel momento restò sobrio, dimostrando una forza che andava oltre le acrobazie sul set. Carl Reiner, il suo mentore, gli scrisse un ruolo drammatico in The Comic, permettendogli di mostrare un lato più oscuro e complesso del suo talento.
Dagli anni Settanta in poi, con eccezioni come Dick Tracy, Una notte al museo e il suo sequel, Van Dyke lavorò prevalentemente per la televisione, dove trovò un nuovo successo con la serie Un detective in corsia, trasmessa dal 1993 al 2001, con al suo fianco il figlio Barry Van Dyke, nato dal primo matrimonio.
La vita privata conobbe dolori e rinascite. Dopo la morte della seconda compagna, l’attrice Michelle Triola, nel 2009, Dick Van Dyke a 86 anni sposò nel 2012 la truccatrice Arlene Silver, di 40 anni più giovane, che divenne di fatto la sua manager. A lei l’attore attribuisce la felicità ritrovata e la rinnovata voglia di vivere che ancora oggi lo anima.
Su Instagram lo vediamo ancora esibirsi generosamente nei Vandy Camps, incontri con il pubblico dove canta insieme ad Arlene e ai suoi Vandy Boys le canzoni del repertorio che ha attraversato un secolo. È uscito indenne da incidenti d’auto e cadute che avrebbero piegato chiunque altro. Anche se appare sempre più fragile fisicamente, la sua lucidità e allegria restano contagiose come il primo giorno.
Dick Van Dyke ha fatto sua la filosofia di Bert, lo spazzacamino capace di regalare gioia e spensieratezza ai bambini in un mondo grigio. A 100 anni, continua a danzare sui tetti della vita, dimostrando che la vera magia non sta nell’evitare le cadute, ma nel sapersi sempre rialzare con un sorriso. E nel caso del leggendario Dick Van Dyke, magari anche con un passo di danza. Molti anni dopo il ritorno di Mary Poppins, dove ha ripreso il ruolo del vecchio mr. Dawes, la sua eredità brilla intatta: un secolo di sorrisi che nessun tempo potrà cancellare.