La pellicola del 1985 avrà l’opportunità di essere riscoperta da una nuova generazione di spettatori e riaprire un dibattito che persiste dal giorno della sua uscita nelle sale cinematografiche.
In occasione del quarantesimo anniversario del film, “L’uovo dell’angelo” ritorna nelle sale italiane dal 4 al 10 dicembre in versione restaurata 4K. In un mondo oscuro e senza vita una bambina cerca disperatamente di proteggere un uovo il cui contenuto rimane avvolto nel mistero. Nel mezzo del suo vagabondare incontra un ragazzo enigmatico con una spada a forma di croce che è interessato al contenuto dell’uovo, convinto che esso possa svelare il senso e la logica delle loro esistenze e di quella società gotica così solitaria e abbandonata a se stessa.
Dopo un periodo di apparente compagnia e collaborazione il ragazzo rompe l’uovo della bambina mentre quest’ultima dorme e lascia il rifugio in cui entrambi si stavano riparando dalla pioggia. Al suo risveglio la piccola nel tentativo di inseguirlo cade in fondo ad un crepaccio di un corso d’acqua ed esala l’ultimo respiro. Il lungometraggio è riuscito ad entrare nei cult dell’animazione giapponese grazie ad una trama estremamente lineare e criptica che lascia spazio ai silenzi, alle musiche, a sequenze artistiche ineccepibili ma soprattutto a tantissime allegorie e simbolismi che mai come in questo caso diventano fondamentali per poter comprendere un’opera così complessa.
L’interpretazione di queste figure retoriche e artistiche sono così centrali da lasciare pochissimo spazio di dialogo tra i due personaggi della storia. Non a caso su un’ora e dieci di durata complessiva le scene parlate arrivano a malapena a due minuti. Avrete sicuramente capito che “L’uovo dell’angelo” non è un film semplice poiché bisogna essere in possesso di numerosi strumenti per poter decodificare un’opera che vive di allegorie potenti e profonde dall’inizio alla fine. Tuttavia la bellezza della pellicola risiede proprio nel contrasto tra sequenze visive estremamente evocative e curate nel dettaglio con la complessità e il mistero che l’ambientazione e i personaggi si trascinano dietro.
Mamoru Oshii, la mente dietro a questo piccolo capolavoro nonché autore di altri gioielli dell’animazione come “Ghost in the Shell”, ha dichiarato numerose volte di non sapere fino in fondo neanche lui cosa volesse rappresentare con il lungometraggio se non l’intricato insieme di emozioni che lo stava torturando in un periodo particolarmente complesso della sua vita. Le parole del regista hanno spinto quindi numerosi appassionati a cercare varie chiavi di lettura per poter comprendere una storia che può essere interpretata in modo diverso a seconda della persona che la fruisce, rendendo la sua opera enigmatica, affascinante e viva poiché sempre avvolta dal confronto e dallo scambio di opinioni.
La bambina potrebbe rappresentare la forza della fede poiché ha trovato l’uovo ai piedi di un fossile simile ad una creatura alata paragonabile ad un angelo. Sicuramente crede che all’interno dell’uovo si celi lo stesso essere vivente e cerca di proteggerlo ad ogni costo. Questa fede cieca e incrollabile si sovrappone al ragazzo che incarna invece il dubbio razionale, dubbio che lo porterà a rompere l’uovo per scoprire cosa c’è al suo interno. Nel finale la bambina che personifica la purezza della fede positiva muore, mentre il ragazzo cinico e razionale riesce a sopravvivere dando vita ad un sottotesto narrativo che potrebbe suggerirci che nemmeno la fede più assoluta può salvarci perché il destino dell’essere umano è quello di giungere ad una fine in un modo o nell’altro.
L’interpretazione religiosa emerge sicuramente anche dal racconto del ragazzo sul diluvio universale. Secondo lui in un passato remoto l’uomo ha subito l’ira di Dio sotto forma di un diluvio devastante e i pochi sopravvissuti all’interno di un’arca gigantesca mandarono un uccello in perlustrazione per vedere se era rimasta della terra da qualche parte. Passò del tempo ma l’uccello non fece più ritorno finchè quelle persone si dimenticarono di averlo mandato e la speranza in futuro migliore si dissolse semplicemente nel nulla. Questo racconto anticiperà il finale del lungometraggio in cui, attraverso un lento gioco di zoom, Oshii ci mostrerà come quei paesaggi così gotici e oscuri non siano altro che la chiglia dell’arca rovesciata circondata da una distesa d’acqua infinita.
Perché riguardarlo dopo quarant’anni?
• I contrasti di luce, i colori tenui e l’acqua animata con estrema fluidità rendono ogni frame della pellicola un dipinto su schermo.
• La presenza di moltissime sequenze oniriche e mentali pongono lo spettatore di fronte ad un’opera rara e speciale in cui la soggettività assume un ruolo fondamentale per dare un senso alla storia e ai personaggi.
• L’utilizzo del suono attraverso rumori metallici, silenzi e voci liriche è sublime e genera immediatamente un’atmosfera di inquietudine estremamente disturbante.
Attraverso “L’uovo dell’angelo” Mamoru Oshii ci mette di fronte ad una pellicola affascinante e complessa che spinge lo spettatore a interrogarsi continuamente sul suo contenuto esattamente come il giovane ragazzo per gran parte del film si chiede che cosa si celi dentro al misterioso uovo. E tu sei disposto a vederlo sul grande schermo per scoprire la verità?