È come se un’ultima nota, delicata e malinconica, si fosse dissolta nell’aria della sua Milano.
Ornella Vanoni, la voce che ha attraversato mezzo secolo di musica italiana trasformando ogni canzone in una confessione e ogni silenzio in poesia, si è spenta a 91 anni nella sua abitazione dopo un malore. A dare la notizia per primo è stato il Corriere della Sera, seguito da un’ondata di commozione che ha attraversato il mondo dello spettacolo e della cultura italiana.
Se ne va non semplicemente un’interprete, ma un’icona vivente capace di costruire ponti tra epoche, generazioni e continenti. Una figura che ha saputo reinventarsi continuamente senza mai tradire la propria essenza, mantenendo quella fragilità consapevole che rendeva ogni sua interpretazione un atto di verità assoluta.
La sua carriera è stata un romanzo in versi lungo oltre settant’anni: più di cento album, milioni di dischi venduti, collaborazioni con i più grandi autori e musicisti della scena italiana e internazionale. Ma dietro i numeri c’è una storia umana fatta di amori intensi, passioni, scelte coraggiose che hanno segnato non solo la sua arte ma l’intera cultura musicale del nostro paese.
Uno dei capitoli più luminosi di questa storia è scandito dal sodalizio con Gino Paoli, da cui nacque “Senza fine”, brano emblematico non solo del suo repertorio ma anche della profondità del loro legame artistico ed emotivo. È una canzone che suona come una promessa, un amore che si imprime nella memoria al punto da scavalcare il tempo, diventando colonna sonora di intere generazioni.
E poi c’è il capitolo brasiliano, dove l’inconfondibile voce di Ornella si fuse con la bossa nova in un’alchimia rara e preziosa. Nel celebre album “La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria” collaborò con Vinicius de Moraes, il chitarrista Toquinho e Sergio Bardotti, dando vita a un progetto poetico e raffinato che parlava direttamente al cuore e all’anima, intessuto di parole e melodie che ancora oggi commuovono per la loro bellezza senza tempo.
“Mi spiace morire“, aveva detto in un’intervista con Fabio Fazio. Non era una resa, ma un saluto tenero e sincero di una donna che aveva amato la vita in tutte le sue manifestazioni, pur consapevole della sua fragilità. Negli ultimi tempi aveva confessato il peso del “corpo che invecchia e la mente giovane“, una contraddizione che forse ha dato ancora più forza alla sua arte, quella capacità di restare curiosa, vitale, irriverente fino all’ultimo.
Le prime “canzoni della mala” degli esordi, il jazz, il pop d’autore, la poesia brasiliana: Vanoni è stata un ponte tra mondi apparentemente distanti. Ha collaborato con Dario Fo, Paolo Conte, Fabrizio De André, Lucio Dalla, Ivano Fossati e tantissimi altri, costruendo un’eredità vastissima fatta di emozioni, sfumature e un’eleganza che non aveva bisogno di spiegazioni.
I messaggi di cordoglio arrivati dal mondo dello spettacolo testimoniano l’impatto che questa artista ha avuto su colleghi e generazioni diverse. Mahmood, con cui aveva duettato nel successo “Sant’allegria“, ha scritto: “Grazie per l’affetto, le cene, gli insegnamenti. Resterai sempre nei miei ricordi, nel mio cuore e nei miei occhi”. Laura Pausini l’ha definita semplicemente “la mia cantante preferita, unica“. Vasco Rossi ha salutato la “mitica Ornella“, mentre Renato Zero, amico di una vita, ha scritto: “Il tuo canto continuerà a volare”.
Fiorella Mannoia ha trovato difficile esprimere a parole il suo dolore: “Tutte le parole mi sembrano banali. E lei odiava la banalità“. Una frase che racchiude perfettamente l’essenza di Vanoni, artista che non ha mai accettato compromessi, che ha sempre cercato la profondità anche quando sembrava giocare con leggerezza.
Anche Elodie, che aveva duettato con lei in una nuova versione di “Ti voglio”, l’ha ricordata come “una diva e un’amica“. Elisa ha scritto semplicemente: “Ciao Regina“, mentre Paola Turci ha usato una sola parola carica di significato: “Madre“. Amadeus l’ha definita “artista straordinaria e donna speciale”, aggiungendo: “Per me è stato un privilegio condividere tanti momenti belli, divertenti e indimenticabili”.
Il Blue Note di Milano, locale in cui si era spesso esibita, l’ha salutata così: “La tua voce, la tua ironia tagliente e la dolcezza che sapevi nascondere tra le righe, resteranno sempre con noi“. Parole che catturano perfettamente quella dualità che la caratterizzava: forza e vulnerabilità, ironia e profondità, eleganza e ribellione.
La sua morte lascia un vuoto enorme nel panorama musicale italiano, ma come ha scritto Samuele Bersani: “Perdo l’amica più vitale, curiosa, ironica, profonda e irriverente che abbia avuto”. E in quella vitalità, in quella curiosità che l’ha accompagnata fino all’ultimo, c’è forse il segreto della sua immortalità artistica.
Ornella Vanoni non se n’è andata davvero. È rimasta nelle canzoni che ha scelto, nell’interpretazione unica che ha saputo dare a ciascuna di esse, nella bellezza eterna della sua arte. La sua voce continuerà a risuonare, in ogni nota, in ogni frase cantata con quella consapevolezza fragile ma forte che l’ha resa inimitabile. Come quel titolo che l’ha accompagnata per sempre: senza fine.