Il nuovo film Netflix Train Dreams, diretto da Clint Bentley e tratto dalla novella di Denis Johnson, sorprende non solo per la sua storia intima e malinconica, ma soprattutto per l’inaspettata fonte d’ispirazione alla base della sua poetica: Princess Mononoke di Hayao Miyazaki.

L’opera dello Studio Ghibli, considerata una pietra miliare dell’animazione mondiale, diventa per Bentley un modello narrativo e visivo da cui partire per raccontare la vita semplice e complessa di Robert Grainier, un operaio delle ferrovie nell’America del primo Novecento. L’ammirazione del regista per Princess Mononoke non riguarda solo l’estetica, ma il modo in cui Miyazaki restituisce al pubblico un mondo in cui la natura possiede un ruolo attivo, quasi spirituale, e in cui i personaggi non vengono mai ridotti a stereotipi di bene e male.

In un film come Train Dreams, dove non esistono eroi tradizionali, Bentley ritrova lo stesso approccio complesso e umano: nessuno è monolitico, nessuno rappresenta un’assoluta purezza o un’assoluta oscurità. Ogni personaggio è un essere umano che si muove tra debolezze, dolori, memorie e desideri, proprio come accade nell’universo di Miyazaki, dove anche gli antagonisti hanno un cuore, una storia, una ferita che li guida. L’influenza ghibliana emerge anche nella concezione della natura come entità viva. In Princess Mononoke, la foresta respira, soffre, combatte, si trasforma; in Train Dreams i paesaggi americani diventano il riflesso interiore del protagonista, testimoni silenziosi del passare degli anni, della modernità che avanza, del rumore dei treni che taglia la quiete dei boschi.

La natura non è mera scenografia: è una presenza che osserva, che custodisce, che accompagna. Bentley ha dichiarato di essersi ispirato alla “spiritualità della natura” tipica di Ghibli, un concetto che avvicina Train Dreams più alla mitologia poetica che al realismo tradizionale, pur rimanendo ancorato a una storia vera, fatta di fatica e perdita. Ma l’elemento più potente che lega i due film è l’idea che l’epica possa nascere dall’ordinario. Miyazaki trasforma conflitti antichi in riflessioni sull’umanità; Bentley racconta un uomo comune che non ha fatto grandi cose, ma ha vissuto pienamente, tra amore, tragedia e solitudine.

È qui che l’influenza di Princess Mononoke diventa un atto di eredità: la consapevolezza che anche una vita semplice può essere un romanzo, un poema, una storia degna di essere raccontata. Per Netflix, portare un film come Train Dreams significa ampliare la propria identità produttiva, accogliendo una forma di cinema lento, contemplativo, ispirato alla sensibilità giapponese che vede nel silenzio, nella natura e nella fragilità un valore narrativo.

È un omaggio allo Studio Ghibli e alla sua capacità di trasformare il quotidiano in un gesto poetico, di rendere ogni personaggio parte di un ecosistema più grande, dove nulla è banale e tutto è collegato. Train Dreams, grazie al suo legame spirituale con Princess Mononoke, si presenta come un racconto che parla di memoria, di trasformazione, di una natura che cambia insieme a noi. Un film che, pur senza magia esplicita, conserva la magia più preziosa: quella di vedere il mondo con occhi nuovi.

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