C’è una data che la community di Giffoni celebra come un compleanno speciale. Il 20 novembre non è un giorno qualunque: è il Giffoni Day, l’anniversario di un’intuizione visionaria che 56 anni fa ha trasformato il panorama culturale italiano.

Nel 1970, un diciottenne di nome Claudio Gubitosi immaginò qualcosa che allora sembrava, appunto, impossibile: un festival di cinema dedicato interamente ai giovani. Da quella scintilla è nato il Giffoni Film Festival, oggi punto di riferimento internazionale per migliaia di ragazzi da tutto il mondo, un hub culturale dove cinema, inclusione e condivisione si intrecciano in una narrazione collettiva potente.

Quest’anno, per celebrare questo anniversario, la direzione del festival ha svelato il tema dell’edizione 2026, in programma dal 17 al 25 luglio: “Le cose impossibili – The Impossible Things”. Una scelta che non è solo uno slogan, ma una dichiarazione d’intenti profonda, nata dall’ascolto attento delle voci, dei dubbi e delle speranze delle nuove generazioni.

Ma cosa significa davvero parlare di “cose impossibili” nel 2026? Il direttore creativo Luca Apolito ha spiegato la genesi di questo tema con parole che suonano come una mappa per orientarsi in un tempo complesso. “Impossibile” è una parola che chiude, che dice “no”, eppure custodisce dentro di sé il seme del suo contrario. Non si tratta dell’impossibile come astrazione filosofica, ma di “cose” – tangibili, concrete, vicine. Il plurale conta: non un unico grande ostacolo da superare, ma tante piccole e grandi sfide che ogni ragazzo può riconoscere nella propria esperienza quotidiana.

Il tema nasce direttamente dalle riflessioni emerse durante l’edizione 2024, “Diventare umani“, un viaggio all’interno della consapevolezza, dell’empatia, della capacità di entrare in relazione con gli altri. Durante quell’estate a Giffoni sono state raccolte centinaia di storie, migliaia di pensieri. E da quelle voci è emersa una domanda semplice e dirompente: oggi, per le nuove generazioni, cosa è diventato impossibile?

La risposta attraversa la complessità del nostro tempo. Gli adolescenti di oggi crescono in un paradosso: il futuro sembra insieme vicinissimo, a portata di smartphone, e completamente inaccessibile. Sono iper-informati ma disorientati, sommersi di dati ma affamati di senso. Vedono le guerre ridotte a clip di quindici secondi su TikTok, conoscono il cambiamento climatico prima ancora di studiarlo a scuola, osservano la disuguaglianza economica scorrere nei loro feed. Quello che vedono si presenta come “verità”, ma distinguere la verità dall’informazione richiede strumenti che questa generazione sta ancora imparando a costruire. Portano dentro di sé una doppia nostalgia: per un futuro che non riescono a immaginare e per un passato che non hanno mai vissuto.

In questo contesto, Giffoni si conferma non solo come festival cinematografico, ma come laboratorio di riflessione collettiva. E lo fa anche attraverso scelte concrete. Il 25 novembre sul sito ufficiale verranno pubblicati i regolamenti e le procedure per candidarsi alle diverse sezioni: Elements +3, Elements +6, Elements +10, Generator +13, Generator +15 e Generator +18.

La novità più significativa riguarda proprio la rimodulazione della sezione Generator +16, che diventa Generator +15. Non si tratta semplicemente di abbassare l’età di un anno. La scelta nasce da un’attenta osservazione dei cambiamenti che attraversano la Generazione Z. Come spiegano gli organizzatori, il modo in cui gli adolescenti leggono le narrazioni, interpretano le storie e riflettono sulle prospettive è profondamente cambiato. I quindicenni di oggi sono pienamente in grado di gestire produzioni cinematografiche con trame più stratificate e sfidanti, e meritano un corpus di film capace di dialogare efficacemente con i loro interessi e la loro sensibilità.

Questa attenzione alle dinamiche giovanili è il DNA di Giffoni, un festival che da oltre mezzo secolo non si limita a mostrare film ai ragazzi, ma li coinvolge come protagonisti attivi, giurati, pensatori critici. Un luogo dove “impossibile” diventa una parola da decostruire, da rigirare tra le mani, da trasformare in possibilità.

Perché in fondo, come ricorda Apolito, “impossibile” comincia con un “no“, ma quando lo pronunciamo spesso lo facciamo per indicare la direzione di ciò che ancora non sappiamo fare, non osiamo pensare, non abbiamo imparato a credere. E forse proprio questo è il senso più profondo di Giffoni: creare uno spazio dove le cose impossibili possano essere nominate, riconosciute, e finalmente trasformate in storie condivise che aprono porte invece di chiuderle.

L’appuntamento è fissato: dal 17 al 25 luglio 2026, Giffoni tornerà a essere il palcoscenico dove migliaia di giovani si ritroveranno per guardare film, discutere, confrontarsi e forse scoprire che molte delle cose che sembravano impossibili aspettavano solo di essere raccontate in modo diverso.

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