Dopo averla vista brandire una spada laser come Rey nella saga di Star Wars, Daisy Ridley si prepara a confrontarsi con un nemico ben più viscerale e terrificante: orde di morti viventi in un paesaggio devastato dall’arroganza militare.

We Bury the Dead, lo zombie movie australiano scritto e diretto da Zak Hilditch, ha finalmente svelato il suo trailer ufficiale, e le premesse sono decisamente promettenti.

Il film debutterà nei cinema americani il 2 gennaio, forte di un passaparola entusiasta maturato nei festival internazionali. La presentazione in anteprima al prestigioso South by Southwest di Austin ha generato recensioni molto positive, confermando che questo progetto indipendente ha tutte le carte in regola per distinguersi nel sovraffollato genere degli zombie movie.

La storia segue Ava, interpretata da Daisy Ridley, una donna che si unisce a un gruppo incaricato di una missione tanto macabra quanto necessaria: identificare tutte le vittime di un esperimento militare statunitense condotto in Tasmania e conclusosi in modo catastrofico. Tra quei cadaveri c’è anche suo marito, e la ricerca personale di Ava si intreccia con un compito collettivo che ha il sapore della penitenza.

Ma la Tasmania devastata non custodisce solo i morti. Mentre Ava attraversa paesaggi costellati da migliaia di corpi, si scontra con una verità terrificante: molte delle vittime stanno tornando in vita, alterate nel corpo e nella mente. L’esperimento militare non ha solo ucciso, ha trasformato esseri umani in qualcosa di innaturale e letale.

Il trailer ufficiale restituisce atmosfere cupe e claustrofobiche, con una fotografia che sembra abbracciare i toni desaturati e la disperazione ambientale tipica del cinema post-apocalittico australiano. La terra rossa della Tasmania diventa il teatro perfetto per un dramma di sopravvivenza che promette di non risparmiare colpi, né fisici né emotivi.

Zak Hilditch, regista australiano già noto per la sua capacità di manipolare tensione e pathos, costruisce una narrazione che sembra voler andare oltre il semplice horror splatter. La ricerca del marito di Ava aggiunge uno strato emotivo profondo a quello che potrebbe essere solo un survival tra zombi, trasformando il film in un’esplorazione del lutto, della colpa e della resistenza umana di fronte all’orrore.

Per Daisy Ridley, We Bury the Dead rappresenta un’ulteriore conferma della sua versatilità attoriale. Dopo aver chiuso il capitolo di Star Wars e aver spaziato tra drammi e thriller, l’attrice britannica si immerge nel genere horror con un ruolo che richiede intensità fisica ed emotiva. Il suo volto segnato dalla fatica e dalla determinazione, visibile nel trailer, racconta già molta della storia di Ava prima ancora che vengano pronunciate parole.

L’ambientazione tasmaniana non è casuale. L’isola australiana, con i suoi paesaggi selvaggi e isolati, offre il fondale perfetto per una storia di contenimento e disastro. La scelta di un esperimento militare statunitense come catalizzatore della catastrofe aggiunge una dimensione geopolitica che risuona con tematiche contemporanee legate all’intervento straniero e alle conseguenze di scelte prese lontano dai territori che poi ne pagano il prezzo.

Il film arriva in un momento particolare per il genere zombie, che dopo anni di saturazione cerca nuove strade narrative. We Bury the Dead sembra voler riportare il genere alle sue radici più cupe e drammatiche, lontano dalle derive action o comedy che hanno caratterizzato molte produzioni recenti. La promessa è quella di uno zombie movie che fa male, che scava nell’animo umano mentre i corpi marciscono e risorgono.

Con il debutto fissato per il 2 gennaio nei cinema americani, We Bury the Dead si posiziona strategicamente all’inizio dell’anno, un periodo in cui il pubblico è spesso alla ricerca di proposte fresche e coraggiose. Se il film manterrà le promesse del trailer e del passaparola festivaliero, Daisy Ridley potrebbe consegnare al pubblico uno dei migliori horror dell’anno appena iniziato, dimostrando ancora una volta che la Forza non è l’unica cosa che sa maneggiare con maestria.

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