C’è stato un momento preciso in cui l’Italia ha smesso di essere solo un paese e ha cominciato a diventare una nazione che condivideva gli stessi sogni, le stesse parole, gli stessi desideri.
Era il 1957, e nelle case, nei bar, nei cortili affollati di gente curiosa, faceva il suo ingresso un piccolo schermo magico che avrebbe cambiato tutto. La televisione non era solo un elettrodomestico: era una finestra su un mondo nuovo, patinato, colorato, desiderabile. E tra tutti i programmi che hanno costruito l’immaginario collettivo di quel tempo, uno ha brillato più di tutti: Carosello.
Ora quella storia rivive in Carosello in Love, il film-tv che andrà in onda il 30 novembre in prima serata su Rai1, prodotto da Grøenlandia e Rai Fiction, con la regia di Jacopo Bonvicini e interpretato da Giacomo Giorgio e Ludovica Martino. Un’opera che non si limita a celebrare un programma televisivo, ma racconta come la pubblicità sia diventata arte, come il linguaggio sia mutato, come i sogni di un’intera generazione abbiano preso forma attraverso gli sketch di quel programma cult che per vent’anni ha preceduto il telegiornale della sera.
La storia parte nel 1957, quando Laura, una giovane donna affascinata dal potere ipnotico della televisione, decide di sfidare la volontà paterna e vince il concorso per segretarie in Rai. Non è una scelta qualunque: è un atto di ribellione, una dichiarazione d’indipendenza in un’epoca in cui le donne dovevano ancora conquistare spazi e libertà. Laura ama Carosello con la passione di chi crede davvero che la felicità possa avere i colori accesi e patinati degli spot pubblicitari. Per lei, quel programma rappresenta tutto: i prodotti, i sogni, i modelli di vita a cui aspirare.
Dall’altra parte c’è Mario, regista di Carosello fin dal primo giorno di riprese. Per lui il televisore è solo un elettrodomestico, uno strumento di lavoro. Creativo, ironico, sciupafemmine incallito, Mario ha un solo vero amore: il cinema. La televisione è un mezzo, non un fine. Il suo sogno è altrove, su uno schermo più grande, in sale buie dove le storie durano più di due minuti e mezzo.
Tra Laura e Mario è inevitabile che scoccino le scintille. Lei è sognatrice ma determinata, pratica ma idealista. Lui è guascone, disincantato ma appassionato. L’ostilità iniziale è palpabile, quasi fisica. Ma come in tutte le grandi storie d’amore, il tempo ha il potere di trasformare tutto. Nel corso di vent’anni, mentre Carosello continua a mandare in onda i suoi piccoli capolavori pubblicitari, tra Laura e Mario si consuma una danza fatta di sguardi, incomprensioni, stima crescente, affetto nascosto e un’attrazione che emerge lentamente, dopo tanti errori, tante occasioni mancate, tante vite parallele che solo alla fine potrebbero finalmente incrociarsi.
Il film, scritto da Simona Coppini e Armando Festa, non è solo una love story sullo sfondo di un programma televisivo. È un ritratto d’epoca, un viaggio nel dietro le quinte di un fenomeno che ha rivoluzionato il linguaggio della comunicazione in Italia. Carosello non era solo pubblicità: era intrattenimento puro, creatività senza freni, un laboratorio dove registi, sceneggiatori e attori potevano sperimentare forme narrative innovative, condensando in pochi minuti storie memorabili che gli italiani aspettavano con trepidazione ogni sera.
Accanto ai due protagonisti, il cast di Carosello in Love vanta nomi come Alessandro Tedeschi, Federico Tocci, Alberto Astorri, Guido Quaglione, Isabella Mottinelli, Giuseppe Brunetti, Maria Malandrucco, Massimo De Lorenzo e Dora Romano. Un ensemble che restituisce la varietà e la ricchezza di quel mondo televisivo in ebollizione, fatto di ambizioni, creatività, competizioni e solidarietà.
Prodotto da Matteo Rovere e Sydney Sibilia, due nomi che hanno dimostrato di saper raccontare l’Italia attraverso narrazioni potenti e visivamente ricche, il film promette di essere molto più di una celebrazione nostalgica. È un’operazione di memoria collettiva, un modo per ricordare come la televisione abbia plasmato non solo il modo di parlare e di scrivere, ma anche il modo di guardare, di desiderare e, soprattutto, di sognare.
Perché in fondo, quando alle 20:50 le famiglie italiane si riunivano davanti al televisore per vedere Carosello, non stavano solo guardando della pubblicità. Stavano partecipando a un rituale collettivo, a un momento di condivisione che superava le differenze sociali e geografiche. Stavano assistendo alla nascita di una nuova cultura popolare, dove Calimero, Carmencita, il Signor Bonaventura e tanti altri personaggi sarebbero diventati parte integrante della memoria di un paese.
Il 30 novembre, Rai1 ci riporterà in quegli anni straordinari, quando tutto sembrava possibile e l’amore poteva nascere anche tra una ripresa e l’altra, tra un ciak e una pausa caffè, nel caos creativo di uno studio televisivo dove si stava scrivendo la storia della comunicazione italiana. E dove due persone così diverse hanno impiegato vent’anni per capire che, a volte, l’amore più vero è quello che cresce lentamente, frame dopo frame, come in un perfetto carosello di emozioni.