Prima di WhatsApp, prima dei meme, prima che la parola “virale” entrasse nel nostro vocabolario quotidiano, c’era Mario Magnotta. Un bidello dell’Aquila dal nome quasi cinematografico, che sul finire degli anni Ottanta divenne involontariamente protagonista del primo fenomeno di massa della storia italiana moderna.
Non attraverso la televisione, non tramite la radio, ma con qualcosa di molto più artigianale e potente: quattro audiocassette che passarono di mano in mano, duplicate migliaia di volte, fino a diventare la colonna sonora di un’intera generazione.
La storia è tanto semplice quanto crudele. Mario aveva acquistato una lavatrice Sangiorgio nel 1981, pagandola 480mila lire, una cifra considerevole per l’epoca. Anni dopo, due ex alunni della scuola dove lavorava, Antonello De Dominicis e Maurizio Videtta, decisero di organizzare uno scherzo telefonico elaborato. L’idea era ingegnosa quanto spietata: far credere a Mario che, firmando il contratto d’acquisto dell’elettrodomestico, avesse sottoscritto alcune clausole nascoste che lo obbligavano a comprarne uno nuovo dopo un determinato periodo di tempo.
Quello che iniziò come un semplice gioco tra amici si trasformò in un’opera teatrale telefonica complessa. De Dominicis e Videtta crearono un cast di personaggi inventati: negozianti insistenti, responsabili di zona minacciosi, direttori commerciali burocratici. Ogni telefonata aumentava la pressione su Mario, che inizialmente confuso divenne progressivamente esasperato. La sua pazienza, messa alla prova da richieste sempre più assurde, si sgretolò chiamata dopo chiamata, fino a esplodere in una furia verbale fatta di insulti, bestemmie e improperi che oggi definiremmo memorabili.
Gli autori dello scherzo registrarono le ultime quattro conversazioni su audiocassetta. E qui avvenne il miracolo, o la tragedia, dipende dai punti di vista. In un’epoca senza internet, senza social media, senza la possibilità di condividere un file audio con un click, quelle registrazioni iniziarono a diffondersi con una velocità impressionante. Serviva comprare una cassetta vergine, duplicarla, passarla a un amico, che la duplicava a sua volta. Un processo lento, analogico, eppure inarrestabile.
A cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, non c’era studente a L’Aquila, Roma o in gran parte del centro Italia che non conoscesse le invettive di Mario Magnotta contro la sua lavatrice e contro chi voleva vendergliene una nuova. Le sue frasi divennero citazioni cult, campionate e ripetute nei cortili delle scuole, nei bar, nelle piazze. Mario divenne un fenomeno di costume senza averlo voluto, senza averlo capito inizialmente.
La popolarità dello scherzo raggiunse livelli tali che il bidello dell’Aquila venne ingaggiato per fare apparizioni in locali e discoteche. Veniva pagato per essere se stesso, o meglio, per essere la caricatura che le audiocassette avevano creato di lui. La televisione nazionale bussò alla sua porta: trasmissioni come il Maurizio Costanzo Show e I fatti vostri lo invitarono come ospite. Mario Magnotta era diventato famoso, ma famoso per cosa esattamente? Per essere stato ingannato, deriso, preso in giro da migliaia di persone che ridevano della sua rabbia autentica.
È proprio su questa ambiguità dolorosa che si concentra Semplice cliente, il docufilm scritto e diretto da Alessio De Leonardis che arriva nelle sale italiane dal 22 novembre, distribuito da Mescalito Film attraverso una serie di proiezioni evento in tutta Italia. Il film non si limita a raccontare la cronaca dello scherzo, ma va oltre, scavando nelle conseguenze umane di quella che potremmo definire la prima shitstorm italiana, decenni prima che il termine venisse coniato.
De Leonardis porta davanti alla telecamera Antonello De Dominicis e Maurizio Videtta, gli artefici dello scherzo, che dopo decenni rompono il silenzio e raccontano il dietro le quinte di quella che consideravano una semplice burla tra amici. Ma il vero cuore pulsante del documentario è Romina, la figlia di Mario, che all’epoca degli eventi era un’adolescente costretta a confrontarsi con l’imbarazzante celebrità del padre tra i suoi coetanei.
Cosa significa crescere sapendo che tutta la scuola ascolta tuo padre che bestemmia e insulta su una cassetta? Quale peso emotivo comporta vedere il genitore celebrato e contemporaneamente deriso? Romina, utilizzata dal regista come filo conduttore emotivo della narrazione, porta lo spettatore dentro le pieghe più dolorose di questa storia. La sua testimonianza trasforma quello che potrebbe essere un semplice pezzo di archeologia del costume italiano in una riflessione più profonda sulla crudeltà della fama involontaria.
Semplice cliente è stato realizzato con un budget di appena 30mila euro, una cifra che testimonia la natura indipendente e coraggiosa del progetto. Nonostante i mezzi limitati, il film mantiene una dignità formale e narrativa che lo eleva al di sopra del semplice prodotto amatoriale. De Leonardis alterna interviste dirette, materiale d’archivio e ricostruzioni per costruire un racconto che oscilla tra la nostalgia per un’epoca analogica ormai perduta e la consapevolezza delle ferite che quella vicenda ha lasciato.
Il documentario cerca, con un approccio che a tratti sfiora la retorica ma che risulta sincero, di sanare vecchie ferite. L’incontro tra Romina e gli autori dello scherzo diventa un momento di riconciliazione necessaria, un tentativo di chiudere un cerchio rimasto aperto per troppo tempo. Un gesto simbolico che però non può cancellare una verità scomoda: Mario Magnotta è morto nel 2009, solo e dimenticato, appena due mesi prima del terremoto che avrebbe devastato L’Aquila, la sua città.
La vicenda di Mario Magnotta ci pone davanti a una domanda che oggi, nell’era dei social media e della viralità istantanea, è più attuale che mai: dove finisce lo scherzo e dove inizia la crudeltà? Quando il divertimento di molti diventa il tormento di uno? Le audiocassette degli anni Ottanta sono diventate i video imbarazzanti su TikTok, gli scherzi telefonici sono diventati i meme cattivi, ma la sostanza non è cambiata. Dietro ogni contenuto virale c’è una persona reale, con una vita reale, con una dignità che può essere ferita.
Semplice cliente non offre risposte facili. Non condanna apertamente né assolve completamente. Racconta, testimonia, ricorda. Ci mostra un’Italia diversa, quella delle cassette duplicate nei retrobottega, quella in cui la fama si diffondeva a macchia d’olio senza algoritmi né strategie di marketing. Ma ci mostra anche che certe dinamiche umane sono sempre le stesse: il bisogno di ridere, la tentazione di deridere, il confine sottile tra l’intrattenimento e l’umiliazione.
Il docufilm di De Leonardis arriva nelle sale in un momento particolare, quando il dibattito sulla responsabilità dei contenuti virali è al centro dell’attenzione pubblica. La storia di Mario Magnotta, il bidello dell’Aquila che pagò 480mila lire per una lavatrice e divenne famoso per quattro telefonate arrabbiate, ci ricorda che prima dell’internet c’era già tutto: la viralità, la gogna pubblica, la fama involontaria. Mancavano solo i like e le condivisioni.
Le proiezioni evento di Semplice cliente, che coinvolgeranno diverse città italiane a partire dal 22 novembre grazie alla distribuzione di Mescalito Film, rappresentano più di una semplice uscita cinematografica. Sono un’occasione per riflettere collettivamente su un pezzo di storia italiana spesso ricordato con leggerezza, ma che merita uno sguardo più profondo e consapevole. Perché dietro ogni risata c’era un uomo vero, con una famiglia vera, con una vita che quello scherzo ha cambiato per sempre.
Mario Magnotta non c’è più. Le sue audiocassette, però, continuano a circolare, digitalizzate e immortalate su internet. La sua voce arrabbiata è diventata patrimonio sonoro di un’epoca. Semplice cliente ci chiede di ascoltarla di nuovo, ma questa volta con orecchie diverse, più mature, più consapevoli del peso che ogni parola, ogni risata, ogni condivisione può avere sulla vita di chi sta dall’altra parte del telefono. O dello schermo.