Ci sono momenti nella carriera di un attore in cui il dubbio si insinua come un’ombra persistente, anche quando si è una leggenda vivente di Hollywood.
Robert Redford, icona del cinema americano con una carriera costellata di scelte audaci e rifiuti leggendari, si trovò esattamente in questa posizione durante le riprese di Indecent Proposal. Ma questa volta, a differenza delle altre occasioni in cui aveva semplicemente detto no prima ancora di iniziare, Redford era già sul set quando decise di voler abbandonare tutto.
Era il 1993, un anno che avrebbe visto Steven Spielberg dominare sia il botteghino che gli Oscar con Jurassic Park e Schindler’s List, mentre Tom Hanks conquistava la sua prima statuetta con Philadelphia. In questo panorama cinematografico vivace e variegato, Proposta indecente di Adrian Lyne si preparava a diventare il film più discusso dell’anno, quello di cui tutti avrebbero parlato anche senza averlo visto. Il concept era esplosivo: un miliardario offre un milione di dollari a una coppia in difficoltà economiche per trascorrere una notte con la moglie.
Robert Redford interpretava John Gage, il ricchissimo e misterioso protagonista di questa proposta indecente, un personaggio alla Gatsby che individua David e Diane Murphy, interpretati da Woody Harrelson e Demi Moore, in un casinò e formula la sua offerta scioccante. Loro accettano con riluttanza, ma quella notte dal compenso milionario si trasformerà in un incubo che minaccia di distruggere il loro matrimonio, mentre Gage continua a corteggiare la sua costosissima conquista.
Fu durante la produzione che accadde l’impensabile. La produttrice Sherry Lansing ricevette una convocazione nella suite d’albergo di Redford, aspettandosi magari qualche osservazione sulla sceneggiatura o una richiesta di modifiche. Invece, l’attore lasciò tutti senza parole: “Voglio andarmene”, dichiarò senza giri di parole. “I ragazzi sono meravigliosi, ma io no. È il loro film”. Lansing tentò di rassicurarlo: “Bob, sei straordinario”. Ma Redford era irremovibile: “È molto gentile da parte tua, ma devo andarmene”.
Questa reazione non era completamente fuori dal personaggio per Redford. L’attore aveva una storia consolidata di abbandoni eccellenti, progetti ai quali aveva detto no quando altri avrebbero ucciso per quei ruoli. Aveva lasciato Serpico per questioni economiche, aprendo la strada alla seconda nomination agli Oscar di Al Pacino. Aveva rifiutato una montagna di denaro per interpretare Superman, convinto che fosse troppo famoso perché il pubblico credesse in lui come supereroe con il mantello. E aveva semplicemente ignorato Il verdetto dopo aver tentato invano di rendere il protagonista più appetibile, lasciando che fosse il suo amico Paul Newman a guadagnarsi l’ennesima candidatura all’Academy Award.
Ma Proposta indecente rappresentava qualcosa di diverso. La sceneggiatura, basata sul romanzo di Jack Engelhard del 1988, aveva già smussato un aspetto culturalmente controverso del libro originale: nel romanzo il giovane marito era ebreo mentre l’uomo ricco che faceva la proposta era arabo. Tuttavia, John Gage rimaneva uno dei personaggi più sgradevoli che Redford avesse mai interpretato. La sua sollecitazione di sesso con la moglie di un altro uomo lo rendeva moralmente ambiguo, e l’attore aveva sempre evitato materiale più oscuro e impegnativo.
Fu il suo agente a convincerlo, ragionando in termini puramente strategici: “La realtà è che là fuori c’è un mercato, e dovevamo proteggere la sua posizione in esso. Non possiamo dimenticare che quest’uomo è una star del cinema. Doveva interpretare alcuni ruoli da star del cinema”. Alla fine, ci vollero le pressioni della CAA, la Creative Artists Agency, e i ritocchi dello script doctor Robert Getchell per convincere Redford a rimanere sul progetto.
Il clamore attorno a Indecent Proposal era impossibile da ignorare. Con un concept ad alto tasso scandalistico, era il tipo di film di cui le persone discutevano anche avendo visto solo il trailer. I critici furono generalmente negativi, in particolare coloro che lo accusarono di trattare le donne come proprietà. Ciò non impedì al film di diventare il sesto maggior incasso dell’anno, anche se fu solo parzialmente efficace nel mantenere le promesse della sua premessa.
Adrian Lyne, regista che poteva sempre contare sulla capacità di capitalizzare storie luride, aveva trasformato Nove settimane e mezzo in un grande successo e regalato a Glenn Close il suo ruolo migliore in Attrazione fatale. Ma con Indecent Proposal fu curiosamente titubante. Dopo aver esposto il titillante “cosa succederebbe se” nella prima ora, il film si tirava indietro dall’esplorare la situazione adulta in modo maturo, accontentandosi di melodramma enfatico e banalità romantiche semplicistiche nella seconda metà.
Eppure, almeno questo film aveva Robert Redford. L’attore interpretò Gage nella sua modalità distaccata ed enigmatica, e la sua presenza sollevò una questione affascinante. Gage è un uomo emotivamente vacuo ed estremamente manipolatore che non si fermerà davanti a nulla finché non ottiene ciò che vuole, ma risulta una figura più simpatica perché è interpretato da Redford. Forse era proprio questo il punto: come avremmo reagito se fosse stato interpretato, diciamo, da Robert De Niro o Dustin Hoffman dei primi anni Novanta?
Con qualcuno del genere nel ruolo, Gage sarebbe potuto risultare più sinistro o viscido, ma la presenza sullo schermo di Redford era così inebriante che lo troviamo ancora affascinante anche mentre ci ricordiamo che è un totale manipolatore. È questa ambiguità morale, questa capacità di rendere attraente ciò che dovrebbe respingerci, che rende la permanenza di Redford nel film tanto preziosa quanto problematica. L’attore che voleva andarsene perché pensava di non essere all’altezza era, ironicamente, l’unico che potesse davvero far funzionare quel personaggio, trasformando un potenziale villain in qualcosa di molto più complesso e disturbante: un uomo che ci piace anche quando non dovrebbe.