A un anno esatto dall’uscita del primo capitolo che ha incantato il pubblico mondiale, Wicked torna nelle sale cinematografiche il 19 novembre con la sua seconda parte, intitolata in originale For Good.
Non è un semplice sequel, ma la conclusione necessaria di un viaggio emotivo che il regista Jon M. Chu e le protagoniste Cynthia Erivo e Ariana Grande hanno costruito con una precisione quasi chirurgica. Un set lungo nove mesi, girato back to back, per dar vita a quello che si preannuncia come un capitolo definitivo nella storia del musical cinematografico.
In occasione del lancio internazionale, Universal ha riunito il trio creativo per una conferenza che ha svelato non solo i retroscena produttivi, ma soprattutto la visione profonda che ha guidato questo progetto monumentale. Perché Wicked – Parte 2 non è solo la continuazione di una storia fantasy: è un’interrogazione sull’identità, sul peso dello sguardo altrui, sulla scelta quotidiana tra ciò che il mondo vuole che tu sia e ciò che decidi di diventare.
“Il mondo può dirti che sei un mostro. Ma tu chi decidi di essere? È questo il cuore del secondo film”,
ha dichiarato Jon M. Chu con una convinzione che trascende il cinema per toccare corde universali. Il regista ha sempre difeso strenuamente la necessità narrativa di dividere la storia in due parti.
“La versione ridotta non sarebbe stata Wicked. In quel modo non si sarebbe percepita l’essenza della storia”.
Una scelta non commerciale, ma artistica: se il primo film rappresenta “la fiaba che si infrange”, il secondo affronta la domanda più difficile e dolorosa: come si sopravvive ai pezzi?
Per Chu, che cita tra le sue influenze tutto, da Cabaret fino al cinema visionario di Baz Luhrmann, Wicked è più di un racconto fantasy ambientato nella terra di Oz. È un viaggio attraverso le fragilità umane, le scelte impossibili, il coraggio di esistere quando tutto ti dice che non dovresti. È la storia di chi impara a convivere con l’etichetta di “mostro” senza lasciarsi definire da essa.
Cynthia Erivo, che porta sullo schermo la complessità di Elphaba con una delicatezza e una forza raramente viste, ha raccontato come affrontare il punto di rottura del suo personaggio sia stato un’esperienza devastante e liberatoria insieme.
“Il secondo film è il momento in cui Elphaba affronta il periodo più buio. Non quello che gli altri le attribuiscono, ma quello che ha dentro”,
riflette l’attrice con una dolcezza che contrasta con l’intensità emotiva del ruolo.
“E allo stesso tempo, trova la sua direzione”.
Il percorso fisico ed emotivo che Erivo ha attraversato emerge chiaramente quando descrive le scene più difficili:
“C’è qualcosa di liberatorio e devastante nel cantare It’s me. Quelle parole sono un’ammissione, un’accettazione, un atto d’amore verso se stessi”.
La scena di No Good Deed, in particolare, rappresenta il culmine di questa trasformazione: “È stata una vera battaglia. Ma è lì che Elphaba diventa se stessa, e non la villain della storia degli altri”.
Dall’altra parte dello specchio emotivo c’è Glinda, interpretata da una Ariana Grande che nel primo film ha sorpreso critica e pubblico per presenza scenica, ironia e doti recitative inaspettate. Ma se nel capitolo precedente Glinda era luce, sorrisi e perfezione apparente, in Wicked – Parte 2 la maschera inizia a scivolare via.
“Glinda non è soltanto luce e perfezione. È una ragazza che ha imparato a proteggersi con l’allegria”,
spiega Grande con una consapevolezza profonda del suo personaggio.
La vulnerabilità di Glinda emerge in tutta la sua potenza quando la cantante sottolinea un dettaglio cruciale:
“Glinda non dice sarò Glinda la Buona, ma proverò ad esserlo. È un gesto vulnerabile, umano. Ammette di non avere tutte le risposte”.
È in questo spazio tra l’aspirazione e l’imperfezione che si nasconde la verità più profonda del film: la bontà non è uno stato naturale, ma una scelta continua, faticosa, a volte dolorosa.
Il rapporto tra le due protagoniste, diventato iconico durante il tour promozionale che le ha viste protagoniste di interviste, campagne e siparietti comici virali, trova la sua massima espressione nella canzone For Good.
“La nostra amicizia è diventata la loro”,
confessa Grande con commozione.
“For Good non è solo una canzone. È una dichiarazione reciproca. È ciò che siamo diventate l’una per l’altra”.
Un’arte che imita la vita che imita l’arte, in un circolo perfetto di autenticità emotiva.
Durante la conferenza internazionale non sono mancati momenti più leggeri, con il regista che ha parlato dell’umorismo come “lo strumento più vero che abbiamo per raccontare la complessità”, delle sfide tecniche di un set epico che ha cercato di mantenere il minor impatto ambientale possibile, e delle influenze cinematografiche che hanno plasmato la sua visione. Ma è quando la conversazione si sposta sul presente, sulla risonanza politica e sociale della storia, che Wicked rivela la sua vera natura.
“Viviamo in un’epoca che ha bisogno di storie che non semplificano il bene e il male”, ha dichiarato Chu con urgenza. Erivo ha rincalzato: “Elphaba non offre soluzioni, ma coraggio”.
E Grande ha chiuso con una riflessione che sembra uscire direttamente dalle pagine del musical:
“La bontà non va mai data per scontata. È una scelta continua”.
Dopo il successo travolgente del musical a Broadway e nel West End, i due film di Wicked sono destinati a lasciare un segno indelebile nella storia del musical cinematografico. Non perché raccontano una storia di magia e canzoni, ma perché parlano di noi, delle nostre maschere, delle nostre paure, del coraggio necessario per essere se stessi in un mondo che pretende conformità. Il mondo può dirti che sei un mostro. Ma la vera domanda, quella che brucia al centro di Wicked – Parte 2, rimane sospesa nell’aria come una nota tenuta troppo a lungo: tu chi decidi di essere?