Dietro ogni grande film si nasconde una storia che il pubblico non vede mai.

E dietro “Philadelphia”, il dramma straziante che nel 1993 portò sugli schermi la tragedia dell’AIDS e della discriminazione, si nascondeva qualcosa di inaspettato: uno Denzel Washington burlone che trasformò il set in un campo minato di cioccolatini per il suo co-protagonista in rapido dimagrimento.

Il film diretto da Jonathan Demme vedeva Tom Hanks nei panni di Andrew Beckett, un avvocato brillante licenziato ingiustamente dopo che il suo studio legale scopre che è gay e malato di AIDS. Per dare credibilità alla devastazione fisica causata dal virus, Hanks dovette sottoporsi a una trasformazione estrema, perdendo circa 12 chili attraverso una dieta rigorosissima. Washington, che interpretava Joe Miller, l’avvocato che accetta di difenderlo in tribunale, osservava il sacrificio del collega con rispetto professionale. O almeno così sembrava.

Perché mentre Hanks contava ogni caloria e si negava quasi tutto per rendere credibile il declino del suo personaggio, Washington architettava uno scherzo tanto crudele quanto esilarante. “Prendevo in giro Tom continuamente,” ha confessato anni dopo l’attore a Entertainment Weekly. “Lui mangiava a malapena, e io gli mettevo tipo 200 Almond Joy nei cassetti per dargli il tormento. Fingevo di starnutire e una valanga di Snickers cadeva per terra.”

Immaginate la scena: un Tom Hanks affamato, concentrato sulla performance più impegnativa della sua carriera fino a quel momento, che apre un cassetto cercando magari delle note sul copione e si ritrova sommerso da barrette di cioccolato. O che assiste a un finto starnuto di Washington da cui piovono caramelle come in una slot machine impazzita. È il tipo di umorismo che solo chi condivide la pressione di un set così emotivamente carico può permettersi.

Ma Washington non si faceva illusioni sul finale di questa partita a scacchi fatta di Snickers e forza di volontà. “Sono sicuro che ha riso fino al podio quando ha vinto l’Oscar,” ha aggiunto con l’autoironia che lo contraddistingue. E aveva ragione: Hanks vinse il suo primo Academy Award grazie a quella che resta una delle sue interpretazioni più potenti, aprendo la strada a una carriera costellata di riconoscimenti.

La vendetta, però, sarebbe arrivata. Nel 2016, quando Washington ricevette il prestigioso Cecil B. DeMille Award ai Golden Globes, fu proprio Hanks a presentargli il premio. E l’attore di “Forrest Gump” non si lasciò sfuggire l’occasione. Dopo aver chiesto al pubblico di fare silenzio, dichiarò con finta serietà: “Vi tratterò tutti come Denzel tratterebbe voi.” Poi sfoderò uno sguardo intenso alla Washington e iniziò un applauso lento e ritmato che imitava perfettamente la postura iconica del collega.

La sala esplose in una risata, e tra tutti si distingueva quella inconfondibile di Washington, che apprezzò lo scherzo vendicativo dopo oltre vent’anni. Quando però Hanks passò alla parte seria della presentazione, le sue parole risuonarono con la gravità che meritava il momento: “Un singolo nome può definire un artista che è pari e uguale a tutte le più grandi leggende del nostro mestiere. Se Washington non risuona abbastanza forte, lasciamo che sia il nome di battesimo a portare tutto il peso. E quel nome è Denzel.”

Questa storia rivela qualcosa di essenziale sul mestiere dell’attore al più alto livello. Anche quando si affrontano temi devastanti come la malattia terminale e l’omofobia, anche quando ci si sottopone a trasformazioni fisiche estreme, resta lo spazio per la leggerezza e la complicità. Gli scherzi di Washington non sminuivano l’importanza del progetto, anzi: probabilmente servivano proprio ad alleggerire la tensione emotiva che permeava ogni giornata di riprese.

“Philadelphia” rimane una pietra miliare del cinema americano, uno dei primi film hollywoodiani a trattare con dignità e umanità l’epidemia di AIDS. Le performance di Hanks e Washington elevarono un copione già potente a opera memorabile, creando scene di tribunale che risuonano ancora oggi per intensità e autenticità. Ma dietro quelle lacrime trattenute e quegli sguardi carichi di significato, c’era anche un set dove due giganti della recitazione si prendevano in giro come vecchi amici.

Perché alla fine, anche i più grandi attori della loro generazione sono prima di tutto esseri umani. E quale modo migliore per ricordarlo se non attraverso una cascata di Snickers che cade da un finto starnuto?

Lascia un commento