Quando Nicolas Cage e John Woo unirono le forze nel 1997 per Face/Off, il cinema d’azione si incendiò di una magia particolare. Quella danza letale tra identità fluide, colombe in slow motion e confronti al limite del balletto coreografico segnò un’epoca.
Ora, ventitré anni dopo l’ultima collaborazione, i due maestri del caos controllato tornano a lavorare fianco a fianco. Il progetto si chiama Gambino ed è destinato a trascinare l’esplosività visiva di Woo nel cuore pulsante della mafia newyorkese, raccontando l’ascesa di Carlo Gambino, il boss siciliano che ridefinì le regole del potere criminale americano.
La notizia arriva nel pieno di quella che ormai viene celebrata come la Cageaissance, il rinascimento artistico di Nicolas Cage. Negli ultimi cinque anni, l’attore ha sistematicamente demolito l’idea che la sua carriera fosse destinata al limbo dei film direct-to-video. Da Pig, malinconica elegia su un cercatore di tartufi e le sue ferite nascoste, all’autoironica celebrazione di The Unbearable Weight of Massive Talent, dall’inquietante horror occultista Longlegs al cerebrale Dream Scenario, fino al recente e allucinato The Surfer, Cage ha dimostrato una versatilità che pochi attori della sua generazione possono vantare. Ogni ruolo è un tuffo in acque diverse, ogni personaggio una nuova maschera che rivela qualcosa di essenziale sull’uomo dietro la performance.
Dall’altra parte della macchina da presa c’è John Woo, il poeta visivo dell’azione che ha trasformato le sparatorie in balletti e la violenza in arte. Dopo aver recentemente rivisitato il suo stesso The Killer con un remake che ha ricordato al mondo il suo tocco inconfondibile, e dopo aver dimostrato con Silent Night di saper ancora orchestrare sequenze d’azione che lasciano senza fiato, Woo si prepara a dirigere Gambino da una sceneggiatura firmata da George Gallo, autore di Bad Boys, e Nick Vallelonga, sceneggiatore premio Oscar per Green Book. La combinazione di questi talenti promette una narrazione che sa bilanciare l’adrenalina con la profondità emotiva.
Ma chi era davvero Carlo Gambino? Il film utilizzerà come dispositivo narrativo il lavoro investigativo del giornalista premio Pulitzer Jimmy Breslin, che dopo la morte del boss nel 1976 scavò nelle pieghe della sua vita attraverso le testimonianze di chi lo amava e di chi lo temeva. Figlio di un macellaio siciliano, Gambino arrivò in America come un outsider e scalò metodicamente i ranghi fino a diventare un fulcro insostituibile del crimine organizzato newyorkese. La sua storia è quella di un uomo che mascherò una spietata determinazione dietro una compostezza quasi aristocratica, ridefinendo concetti come potere, lealtà e sogno americano attraverso la lente distorta del crimine.
Secondo quanto riportato da Variety, il film esplorerà come questo immigrato siciliano riuscì a trasformare la sua origine umile in un vantaggio strategico, costruendo un impero criminale basato non sulla violenza ostentata ma sull’intelligenza, la pazienza e una rete di alleanze che sembravano impenetrabili. Breslin, nel suo lavoro giornalistico, riuscì a penetrare quella facciata di rispettabilità per rivelare l’uomo vero: calcolatore, implacabile, ma anche capace di ispirare una lealtà feroce in chi gli stava vicino.
Certo, la storia recente ci ha insegnato a essere cauti quando si parla di film sulla mafia con protagonisti le star di Face/Off. Il disastroso Gotti con John Travolta è ancora un monito vivente di come le cose possano andare terribilmente storte. Ma il contesto è radicalmente diverso. Cage non è più l’attore in cerca di riscatto commerciale che accettava qualsiasi progetto, è un artista nel pieno di una seconda giovinezza creativa, che sceglie i ruoli con cura chirurgica. Woo, dal canto suo, ha dimostrato che il suo linguaggio visivo non ha perso un grammo della sua potenza originale.
La prospettiva di vedere Nicolas Cage interpretare Carlo Gambino sotto la regia di John Woo è elettrizzante per una ragione precisa: entrambi sono maestri nel trasformare l’eccesso in arte. Cage con le sue performance vulcaniche che oscillano tra il sublime e il grottesco, Woo con la sua capacità di rallentare il tempo e trasformare ogni inquadratura in un dipinto dinamico. Se riusciranno a canalizzare questa energia nella storia di un uomo che costruì il suo impero nell’ombra, Gambino potrebbe non solo essere un grande film crime, ma anche il tassello che avvicina finalmente la realizzazione di Face/Off 2, di cui si parla da anni.
L’attesa per questo progetto si carica di significati multipli. È la reunion di due artisti che hanno segnato la cultura pop. È la promessa di vedere la mafia italiana raccontata attraverso uno sguardo che fonde l’estetica hongkonghese con la tradizione del gangster movie americano. È l’opportunità di scoprire una figura storica meno celebrata cinematograficamente rispetto ad altri boss, ma non per questo meno affascinante. E soprattutto, è la conferma che quando il talento incontra il momento giusto, il cinema può ancora regalare sorprese capaci di farci credere che tutto sia possibile.
La macchina da presa di John Woo tornerà a danzare attorno a Nicolas Cage. Le colombe, forse, torneranno a volare. E noi, spettatori fedeli di questa strana e meravigliosa liturgia cinematografica, saremo lì a guardare, con il fiato sospeso, sperando che questa volta la magia si ripeta. Perché se c’è una cosa che Face/Off ci ha insegnato, è che certe alchimie artistiche non si dimenticano. Si attendono, pazientemente, finché non tornano a illuminare lo schermo.