C’è una tradizione che gli spettatori degli Oscar hanno imparato ad amare nel corso dei decenni: le esibizioni dal vivo delle canzoni nominate per il Best Original Song.

Momenti che sono entrati nella storia della cultura pop, come Ryan Gosling che canta “I’m Just Ken” da Barbie o l’esplosiva coreografia di “Naatu Naatu” da RRR. Eppure, nella cerimonia del 2025, l’Academy ha fatto una scelta che ha deluso milioni di fan in tutto il mondo: eliminare completamente queste performance dal palco del Dolby Theatre.

Al loro posto, l’organizzazione ha optato per segmenti pre-registrati delle canzoni nominate, una decisione che ha privato la serata della sua energia vitale e della capacità di creare quei momenti di magia televisiva che trasformano una cerimonia di premi in un evento culturale imperdibile. Certo, ci sono state alcune eccezioni: Cynthia Erivo e Ariana Grande hanno regalato un medley emozionante di brani tratti da The Wizard of Oz, The Wiz e Wicked. Ma la sostanza è stata chiara: le esibizioni dal vivo delle canzoni nominate sono state considerate prescindibili.

La giustificazione dell’Academy, seppur comprensibile nel contesto del 2025, nasceva da una constatazione oggettiva: nessuna delle canzoni nominate quell’anno aveva raggiunto un pubblico particolarmente ampio. Emilia Perez aveva due brani in gara ma non è riuscito a conquistare il grande pubblico, mentre le altre selezioni provenivano da documentari o produzioni di nicchia. In un’ottica di gestione dei tempi di trasmissione, l’eliminazione delle performance poteva sembrare una soluzione logica.

Ma il 2026 racconta una storia completamente diversa. La lineup dei film candidabili quest’anno presenta una convergenza rara e preziosa tra cinema e industria musicale, con colonne sonore che hanno dominato le classifiche e conquistato l’immaginario collettivo. Almeno tre produzioni sono garantite nella categoria Best Original Song: Sinners, KPop Demon Hunters e Wicked: For Good. Tre titoli che non rappresentano solo successi cinematografici, ma veri e propri fenomeni culturali.

KPop Demon Hunters ha portato la canzone “Golden” in cima alle classifiche di Billboard, trasformando una soundtrack cinematografica in un evento musicale globale. Il film ha dimostrato che la fusione tra K-pop e cinema può generare una potenza commerciale e artistica senza precedenti. Sinners, dal canto suo, ha infranto ogni record al botteghino per un film horror originale, e la sua colonna sonora firmata da Ludwig Göransson include brani memorabili come “I Lied To You” e “Last Time (I Seen The Sun)”, entrambi sottoposti per la considerazione dell’Academy.

Non è un caso che sia KPop Demon Hunters che Sinners abbiano ricevuto nomination ai Grammy 2026, certificando il loro impatto simultaneo su due industrie creative fondamentali. Questi non sono semplici accompagnamenti musicali a una narrazione visiva: sono opere che hanno vita propria, che le persone ascoltano, condividono e celebrano indipendentemente dal film.

E poi c’è Wicked: For Good, il sequel di un fenomeno culturale che ha già dimostrato di poter dominare il box office e la conversazione pubblica. Il film presenta due canzoni originali eligibili: “No Place Like Home” e “The Girl in the Bubble”, entrambe interpretate dalle protagoniste Cynthia Erivo e Ariana Grande. Considerando il successo straordinario del primo capitolo e l’attesa febbrile per il secondo, queste performance dal vivo rappresenterebbero non solo un momento di intrattenimento, ma un’opportunità commerciale che l’Academy non può permettersi di ignorare.

La verità è che le cerimonie degli Oscar hanno lottato negli ultimi anni per aumentare gli ascolti televisivi. La competizione con le piattaforme streaming, il cambiamento nelle abitudini di consumo mediale e la percezione di una lunghezza eccessiva della trasmissione hanno eroso progressivamente l’audience. Eppure, la soluzione non sta nel sottrarre, ma nell’aggiungere valore: portare sul palco artisti che il pubblico ama, canzoni che già conosce e vuole riascoltare, momenti che possono diventare virali sui social media.

Le esibizioni dal vivo delle canzoni nominate non sono un optional decorativo: sono un ponte essenziale tra l’Academy e il pubblico contemporaneo. Eliminare Hunterx che esegue “Golden” o la voce soul di uno degli interpreti di Sinners significherebbe sprecare un’occasione d’oro per riconnettere la cerimonia con quella vasta porzione di spettatori che vive la musica come porta d’accesso principale alla cultura cinematografica.

Il 2026 offre all’Academy una seconda possibilità, l’opportunità di correggere una decisione che, nel contesto dell’anno precedente, poteva avere una sua logica, ma che nel nuovo panorama risulterebbe semplicemente inspiegabile. I film in competizione non sono produzioni di nicchia che richiedono presentazioni elaborate per contestualizzare la loro musica: sono blockbuster culturali che hanno già conquistato il cuore di milioni di persone.

La domanda non è se l’Academy riporterà le esibizioni dal vivo sul palco degli Oscar 2026, ma piuttosto se saprà riconoscere l’eccezionalità del momento storico che sta vivendo. Raramente cinema e musica convergono con questa potenza simultanea, e ancora più raramente l’Academy ha l’occasione di celebrare questa convergenza davanti a un pubblico mondiale. La marcia indietro sulla decisione del 2025 non sarebbe un’ammissione di errore, ma un atto di intelligenza strategica e rispetto per quella tradizione che ha reso gli Oscar ciò che sono: una celebrazione dell’eccellenza artistica in tutte le sue forme, compresa quella che fa battere i piedi e vibrare il cuore.

Di Martina Bernardo

Vengo da un galassia lontana lontana... Appassionata di cinema e serie tv anche nella vita precedente e devota ai Musical

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