C’è un momento nella vita di ogni ragazzo in cui un’estate può cambiare tutto. Un’estate in cui il tempo sembra dilatarsi, in cui ogni partita diventa una lezione e ogni scambio una metafora di ciò che sarai.
È questa l’essenza di Il maestro, il nuovo film diretto da Andrea Di Stefano che arriva oggi nelle sale italiane dopo la presentazione fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, distribuito da Vision Distribution.
Il tennis, lo sanno bene gli appassionati, non è solo questione di tecnica. È strategia, psicologia, capacità di leggere l’avversario e soprattutto di leggere se stessi. Rimanere ancorati a fondo campo aspettando l’errore dell’altro, o prendere coraggio e attaccare a rete? Questa domanda attraversa ogni punto, ogni game, ogni set. E attraversa anche la vita di un tredicenne che, in un’estate alla fine degli anni Ottanta, si trova a dover fare il salto dai tornei regionali a quelli nazionali.
Andrea Di Stefano attinge dalla sua esperienza personale per costruire questa storia di formazione. Da ragazzino ha vissuto quei campi polverosi, quelle trasferte tra un torneo e l’altro, quella sensazione di essere sul confine tra il sogno agonistico e la realtà. Per accompagnare il giovane protagonista in questo viaggio, il padre affida il ragazzo a un ex talento del tennis, un uomo che aveva tutto davanti a sé e che, per qualche motivo, ha lasciato che il suo potenziale si disperdesse tra seduzione, cialtroneria e occasioni mancate.
È Pierfrancesco Favino a dare corpo e anima a Raul Gatti, questo maestro imperfetto che diventerà molto più di un allenatore. Favino porta sullo schermo tutta la sua capacità di costruire personaggi stratificati, uomini che portano dentro le cicatrici di scelte sbagliate ma anche la leggerezza di chi ha imparato a non prendersi troppo sul serio. Accanto a lui, il giovane Tiziano Menichelli interpreta il ragazzo che sogna di emergere, accompagnato da un cast che include Giovanni Ludeno, Dora Romano, Valentina Bellè, Astrid Meloni, Chiara Bassermann, Paolo Briguglia, Roberto Zibetti e, in un ruolo particolare, Edwige Fenech.
Nella video intervista realizzata in occasione dell’uscita del film, Di Stefano e Favino parlano di quella magia che si crea quando un adulto disilluso e un ragazzo pieno di aspettative si incontrano. Partita dopo partita, torneo dopo torneo, si costruisce un legame che va oltre la rete del campo da tennis. È il tipo di rapporto che può nascere solo in certe estati, quelle che quando finiscono lasciano un segno indelebile, un prima e un dopo nella percezione di chi siamo.
Il film, scritto da Ludovica Rampoldi insieme a Di Stefano, non è una celebrazione retorica del rapporto maestro-allievo. È piuttosto un’indagine onesta su cosa significhi trasmettere qualcosa a qualcuno, su come le seconde possibilità possano arrivare quando meno te lo aspetti, e su come a volte insegnare significhi anche imparare. La libertà degli anni Ottanta, quando i ragazzi potevano ancora sparire per un’intera estate tra campi da tennis e piccole avventure, fa da sfondo a una storia universale.
La produzione vede la collaborazione tra Indigo Film, con Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori e Viola Prestieri, e Indiana Production, con Marco Cohen, Benedetto Habib, Fabrizio Donvito e Daniel Campos Pavoncelli. Un progetto che unisce la sensibilità autoriale con la capacità di raccontare storie che parlano al cuore del pubblico.
Il tennis come metafora di vita non è certo una novità nel cinema, ma Di Stefano riesce a trovare un angolo personale, intimo, lontano dalle narrazioni eroiche dei grandi campioni. Qui non si parla di Wimbledon o del Roland Garros, ma di quei piccoli tornei polverosi dove si costruiscono i sogni o si infrangono le illusioni. Dove un maestro cialtrone può diventare la persona più importante dell’estate. E dove un ragazzo impara che nella vita, come nel tennis, a volte bisogna avere il coraggio di attaccare a rete, anche se il rischio di sbagliare è altissimo.
Il maestro è nei cinema da oggi, pronto a riportarci in quelle estati sospese dove tutto sembrava possibile e dove i legami si costruivano punto dopo punto, servizio dopo servizio, game dopo game.