Ci sono amori che attraversano i decenni come fiumi carsici: a volte visibili, a volte nascosti, ma sempre in movimento. Quello tra Vanessa Redgrave e Franco Nero è uno di questi. Lei 88 anni, lui 83, insieme dal 1966, stanno per toccare il traguardo dei sessant’anni in coppia.

Non è la storia zuccherosa di un amore perfetto, ma qualcosa di più profondo: un legame fatto di rispetto reciproco, lealtà di fondo e quella complicità che nasce solo quando due anime si riconoscono, anche nelle loro differenze.

Al Torino Film Festival arrivano insieme, portando con sé La tenuta (The Estate), il film diretto dal loro figlio Carlo Nero. È una di quelle occasioni rare in cui la vita imita l’arte e l’arte riflette la vita. Nel film, Vanessa interpreta la capofamiglia di un’aristocratica famiglia inglese in declino, mentre Franco è il suo maggiordomo, un uomo silenzioso e riservato. Sul set come a casa, con una differenza: “A Londra da lei lo faccio sempre il maggiordomo,” scherza Franco. “È tutta una commissione: comprami le sigarette, fai la spesa…”

Ma è Vanessa a ricevere il premio alla carriera dal direttore Giulio Base, un riconoscimento che celebra una vita spesa tra palcoscenico, cinema e barricate. Divisa tra Shakespeare e diritti civili, arte e impegno politico, la Redgrave è stata sempre dalla parte degli oppressi e degli ultimi. “Quel mondo aristocratico,” spiega parlando del film, “non rappresenta solo la vita dei nobili inglesi, ma è anche metafora della nostra società attuale. L’Occidente non sa reagire ai gravi problemi sociali, economici e culturali che abbiamo davanti.”

La fragilità fisica che accompagna gli anni non le impedisce di recitare, anche se ora lo fa prevalentemente da seduta. “In passato mi capitò di recitare un film intero sul letto, ma lì era il ruolo. La poca mobilità aiuta molto a capire la debolezza di una donna,” confessa con quella lucidità che la contraddistingue. È una fragilità che non intacca la forza del suo sguardo di ghiaccio, né la sua determinazione quando si parla di giustizia sociale.

Il loro incontro risale al 1966, sul set di Camelot. Da allora non si sono più veramente lasciati, nonostante lunghi periodi senza vedersi e quelle litigate proverbiali che Franco ricorda con un sorriso: “Da giovani facevamo delle litigate terribili, quando Vanessa faceva parte del Partito trotzkista inglese. Lei scappava da suo padre a Londra, io la raggiungevo, e suo padre bonario: Franco, prima beviamoci una tazza di tè.”

Lui viene da una famiglia contadina di Parma con origini pugliesi, in apparenza un orso ma in realtà un uomo buono e tollerante, abituato a smussare le spigolosità di lei. Lei discende da una dinastia di celebri attori inglesi, con quella determinazione che Franco ammira e che vorrebbe avere: “È la mia Giovanna d’Arco, aiuta tutte le persone in difficoltà che incontra. Io sono un patriarca, Vanessa è la matrona.”

Il film diretto dal loro figlio Carlo, 56 anni, è più di un progetto cinematografico: è un ritratto di famiglia che diventa riflessione sociale. “È un dramma sociale, un thriller,” spiega Carlo, che vive a Londra con doppia cittadinanza. “Ci sono venature di eventi sovrannaturali che costringono i Wellsley a confrontarsi con le ingiustizie che loro e altri proprietari terrieri hanno perpetrato.” Carlo ha ereditato dalla madre la passione per i temi sociali, avendo girato molti documentari su dissidenti russi, la guerra in Cecenia, diritti umani e ambientalismo.

Per Vanessa e Franco è la prima volta che recitano insieme in scene condivise, anche se Carlo li aveva già diretti entrambi nel 1999 in L’escluso. “Carlo è una persona molto seria, ma ha anche un buon senso dell’umorismo che mi piace e credo traspaia nel film,” racconta Vanessa. Franco aggiunge: “Vorrei che potesse esprimere il suo talento,” con quel misto di orgoglio e speranza che ogni padre conserva per i propri figli.

Il matrimonio è arrivato nel 2006, dopo quarant’anni insieme. Una cerimonia intima nella campagna inglese, lo scambio delle fedi, un ballo. “Per me è più importante l’unione tra due anime che il rito e le promesse eterne,” confessa Franco. “È stato il nostro piccolo matrimonio non ufficiale.” Vanessa ricorda “solo la gioia di quel momento, atteso da tempo.”

Quando Natasha Richardson, la figlia di Vanessa nata dal matrimonio con Tony Richardson, morì nel 2009 in un banale incidente sulla neve in Canada, il dolore li avvicinò ancora di più. Sono questi i momenti in cui un amore lungo sessant’anni dimostra la sua solidità: non nell’assenza di tempeste, ma nella capacità di affrontarle insieme.

Vanessa porta ancora nel cuore l’esperienza di Giulia, il film che le valse l’Oscar nel 1978, interpretato a 40 anni. La storia dell’amicizia tra due donne sullo sfondo del nazismo, con Jane Fonda, “contribuì a rafforzare la mia consapevolezza politica, la difesa dei più deboli.” Un film per cui Arthur Miller, di fede ebraica, la difese dalle accuse di essere troppo di sinistra: se non ci fosse stata Vanessa, Miller non avrebbe dato i diritti del suo libro. “Ricordo che mi dovetti rasare a zero,” racconta, riferendosi a Playing for Time, dove interpretava una donna ebrea che suonava il violino nei lager.

Il suo impegno per il Medioriente rimane una priorità, con quella fermezza che la caratterizza. Quando le si chiede se nascerà mai una nazione palestinese, risponde lapidaria: “La nazione palestinese già esiste.” Gli occhi di ghiaccio non lasciano spazio a dubbi.

A Tivoli, da sessant’anni, Franco aiuta un villaggio di bambini orfani e poveri. “Vanessa ama quel posto, lì abbiamo battezzato nostro figlio,” racconta. È in questi dettagli che si coglie la dimensione autentica del loro legame: non solo passione cinematografica e politica, ma anche gesti concreti di cura verso chi ha meno.

Mentre Vanessa riceve il riconoscimento alla carriera a Torino, Franco si prepara per un altro onore: a febbraio 2026 riceverà una stella sulla Hollywood Walk of Fame, nella categoria Motion Pictures, durante l’undicesima edizione del Filming Italy – Los Angeles. Due icone del cinema che continuano a brillare, ciascuna con la propria luce, ma sempre insieme.

“Cosa vorrebbe avere del carattere di Franco?” chiedono a Vanessa. “Mi piace il suo intero miscuglio,” risponde lei. E Franco: “Vorrei avere la sua determinazione.” È questo il segreto di un amore che dura sessant’anni: non cercare di cambiare l’altro, ma imparare ad amarne proprio quel miscuglio unico e irripetibile che lo rende ciò che è. Lei, Giovanna d’Arco. Lui, il maggiordomo fedele. Insieme, una delle coppie più belle e longeve della storia del cinema.

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