Tra i capolavori dello Studio Ghibli esiste un film che il tempo non ha scalfito, anzi: lo ha reso urgente. Porco Rosso, uscito nel 1992 dalla mente visionaria di Hayao Miyazaki, è molto più di un’avventura animata con un protagonista dalle sembianze suine.
È un manifesto contro l’autoritarismo, un requiem per gli ideali perduti, una riflessione sulla guerra che risuona con forza assordante nell’epoca contemporanea. Mentre altri film del catalogo Ghibli conquistano le classifiche e i cuori del pubblico mondiale, questo gioiello nascosto attende pazientemente di essere scoperto da chi è pronto ad ascoltarne il messaggio.
Ambientato nel Mar Adriatico tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, il film ci trasporta in un’Europa ancora ferita dalla Prima Guerra Mondiale, mentre le ombre del fascismo si allungano minacciose sull’Italia di Mussolini. In questo scenario storicamente denso, Marco Pagot, un tempo celebre asso dell’aviazione, ha scelto l’esilio volontario. Ma non è fuggito solo geograficamente: si è trasformato in un maiale antropomorfo, lavorando come cacciatore di taglie freelance contro i pirati del cielo. Questa metamorfosi non è un capriccio fantastico alla Kafka, ma una dichiarazione di intenti visiva e potente.
La scelta di Miyazaki di rappresentare il protagonista come un maiale diventa il cuore simbolico dell’intera narrazione. Porco incarna letteralmente il rifiuto di partecipare a un sistema corrotto, preferendo la sua forma animale all’ipocrisia di una società che glorifica il nazionalismo e prepara nuove guerre. Come afferma lo stesso personaggio in una delle battute più memorabili del cinema d’animazione: “Preferisco essere un maiale che un fascista”. Non è retorica: è una linea di demarcazione morale tracciata con la precisione di un bisturi.
Il film si sviluppa attraverso l’incontro di Porco con personaggi che rappresentano diverse risposte alla crisi morale dell’epoca. C’è Gina, la proprietaria dell’Hotel Adriano e cantante malinconica, che rappresenta la speranza e il legame con l’umanità perduta del protagonista. C’è Donald Curtis, l’asso americano ingaggiato dai pirati del cielo, simbolo dell’ambizione e della ricerca di gloria. E poi c’è Fio Piccolo, la giovane meccanica prodigio che ripara l’aereo di Porco e, in un certo senso, inizia a riparare anche lui.
Ciò che rende Porco Rosso straordinariamente rilevante oggi è la sua capacità di parlare alle generazioni successive senza perdere un grammo di potenza. I temi esplorati da Miyazaki non sono relegati a un capitolo di storia concluso, ma respirano nel presente: la resistenza all’autoritarismo, il trauma post-bellico, il senso di colpa del sopravvissuto, la difficoltà di mantenere la propria integrità morale in un mondo che premia il compromesso. Porco è un reduce che porta sulle spalle il peso dei compagni perduti, visioni oniriche di aerei che salgono verso il cielo in una processione silenziosa di morti che lo perseguitano.
La genialità del film risiede nel suo equilibrio tonale: Miyazaki non cade mai nella predicazione o nel melodramma autoindulgente. Alterna momenti di puro divertimento avventuroso, duelli aerei mozzafiato animati con la maestria artigianale che ha reso lo Studio Ghibli leggendario, a riflessioni profonde sul costo della guerra e sulla natura del coraggio. Il regista giapponese, noto per le sue convinzioni pacifiste e anti-nazionaliste, infonde in ogni fotogramma la sua ideologia senza trasformare mai il film in un pamphlet.
Porco Rosso è anche un’elegia per un’epoca di transizione: quella tra le due guerre mondiali, quando l’aviazione rappresentava ancora romanticismo e libertà prima di diventare strumento di distruzione di massa. Gli aerei del film sono dipinti con amore ossessivo per i dettagli tecnici, ma Miyazaki non dimentica mai che dietro ogni carlinga c’è un essere umano con le sue scelte morali. Il protagonista rifiuta di rientrare nell’aeronautica militare, rigettando il richiamo della patria e dell’onore nazionalista in favore della libertà personale e dell’etica individuale.
Il contesto storico non è mai didascalico, ma permea ogni scena come un’ombra costante. Il fascismo di Mussolini non occupa il centro della scena, eppure la sua presenza si avverte nella pressione sociale che Porco subisce, nei tentativi di farlo rientrare nei ranghi, nella difficoltà di mantenere la propria indipendenza in un mondo che sta scivolando verso l’abisso. La forza del disimpegno diventa un atto di resistenza: allontanarsi da regimi oppressivi non è vigliaccheria, ma coerenza morale quando l’alternativa è la complicità.
Visivamente, il film è un trionfo dell’animazione tradizionale. Ogni scena del Mar Adriatico brilla di una luce particolare, le isole emergono dall’acqua come gioielli, gli aerei danzano nel cielo con una fisica che bilancia realismo e poesia. La base segreta di Porco, nascosta in una baia appartata, diventa metafora del suo rifugio psicologico: un luogo dove può esistere secondo i propri termini, lontano dal giudizio e dalle aspettative di una società che non riconosce più.
Fio rappresenta il futuro, l’ingenuità che non è stata ancora corrotta dalla guerra. La sua presenza nel film introduce una dinamica interessante: lei crede ancora nell’onore, nella bellezza del volo, nella possibilità di costruire qualcosa di positivo. Il suo entusiasmo si scontra con il cinismo di Porco, ma invece di distruggere uno dei due poli, Miyazaki permette loro di coesistere e influenzarsi reciprocamente. È un dialogo intergenerazionale sulla possibilità di mantenere la speranza senza ignorare la realtà.
La colonna sonora di Joe Hisaishi, collaboratore storico di Miyazaki, intreccia melodie nostalgiche e inni avventurosi che elevano ogni sequenza. La canzone di Gina, cantata nel suo hotel mentre guarda il cielo in attesa di un ritorno che forse non avverrà mai, condensa in pochi minuti musicali l’essenza della malinconia del film: l’attesa, la fedeltà, la capacità di sperare contro ogni logica.
Porco Rosso è un film per adulti mascherato da avventura animata, una caratteristica che lo rende uno dei lavori più maturi dello Studio Ghibli. Non offre risposte facili o lieti fine consolatori nel senso tradizionale. Il finale, deliberatamente ambiguo, lascia lo spettatore con domande piuttosto che certezze: Porco ritornerà umano? Ha davvero importanza la forma che assumiamo se preserviamo la nostra essenza morale? Il film suggerisce che l’integrità personale sopravvive alle ideologie fallimentari, che sia l’autoritarismo o l’assurdità della guerra.
Oggi, più di trent’anni dopo la sua uscita, Porco Rosso parla a una generazione che affronta nuove forme di nazionalismo, populismo autoritario, polarizzazione politica. Il messaggio di Miyazaki sulla necessità di resistere alla pressione conformista, di mantenere la propria bussola morale anche quando il mondo intero sembra muoversi in un’altra direzione, risuona con un’urgenza quasi profetica. Porco non è un eroe nel senso convenzionale: è disilluso, stanco, porta cicatrici invisibili. Eppure, proprio questa sua umanità imperfetta lo rende un modello più credibile di tanti eroi senza macchia.
Guardare Porco Rosso significa immergersi in una riflessione sulla natura del coraggio, che non è l’assenza di paura o dubbio, ma la capacità di agire secondo i propri principi nonostante tutto. È un invito a considerare le conseguenze dell’azione e dell’inazione, a riconoscere che la vera forza risiede nel rifiutare la complicità con sistemi ingiusti, anche quando questo comporta solitudine e incomprensione.
Questo capolavoro sottovalutato merita di essere riscoperto e celebrato non come reliquia nostalgica, ma come opera viva e pulsante che continua a interrogare, sfidare e ispirare. In un’epoca in cui l’animazione è spesso ridotta a intrattenimento per famiglie o spettacolo tecnologico, Porco Rosso ricorda che il medium può essere veicolo di idee profonde, di critica sociale, di bellezza che non teme la complessità. È un film che ogni spettatore dovrebbe vedere almeno una volta nella vita, non solo per la sua maestria tecnica o per il suo posto nella filmografia di Miyazaki, ma per il messaggio universale e senza tempo che continua a trasmettere con forza inalterata attraverso i decenni.