Tra le tante controversie che hanno attraversato la saga sequel di Star Wars, poche hanno generato dibattiti così accesi quanto la scelta di Luke Skywalker di addestrare Rey.

Dopo anni di esilio autoimposto, dopo aver voltato le spalle alla galassia e al suo stesso ruolo di Maestro Jedi, il leggendario eroe ha accettato di trasmettere le sue conoscenze a una giovane scavenging proveniente da Jakku. Ma perché proprio lei? Perché Rey ha meritato ciò che Ben Solo, suo nipote, non ha mai ottenuto davvero?

La serie a fumetti Star Wars: Legacy of Vader numero 10 pubblicata da Marvel Comics ha finalmente offerto una risposta a questa domanda bruciante. E la bellezza di questa rivelazione risiede nella sua disarmante semplicità, in quattro parole che tagliano attraverso anni di speculazioni, teorie dei fan e polemiche online.

L’ambientazione è carica di tensione emotiva. Kylo Ren, dilaniato dal proprio tormento interiore tra The Last Jedi e The Rise of Skywalker, medita per raggiungere lo spirito di suo zio nel Netherworld of the Force, quel paradiso dei Jedi dove le anime dei maestri continuano a esistere. Il confronto è inevitabile: Kylo deve sapere, ha bisogno di comprendere perché Luke ha creduto in Rey più di quanto abbia mai creduto in lui.

La domanda di Ben Solo è diretta, carica di risentimento mascherato da rabbia: “Perché lei?” Luke Skywalker, con quella saggezza acquisita attraverso decenni di fallimenti e redenzioni, risponde con una semplicità che rappresenta l’essenza stessa dell’insegnamento Jedi: “Perché voleva imparare”.

Quattro parole in italiano, altrettanto potenti nella loro versione originale. Nessun riferimento al lignaggio, nessuna menzione del potenziale nella Forza, nessuna speculazione sul sangue di Palpatine che scorre nelle sue vene. Solo la pura, cristallina verità: Rey cercava conoscenza, non potere. Voleva apprendere, non dominare.

Questa risposta diventa ancora più significativa quando la si colloca nel contesto dell’intero arco narrativo di Luke Skywalker. Nel primo Star Wars del 1977, Luke era semplicemente un ragazzo di fattoria su Tatooine, convinto di essere figlio di un navigatore su una nave mercantile di spezie. Non sognava destini grandiosi o eredità leggendarie. Quando Obi-Wan Kenobi gli offre la possibilità di imparare le vie della Forza, Luke non cerca vendetta o gloria: cerca risposte, conoscenza, un modo per dare senso all’universo che lo circonda.

Questa sete di apprendimento prosegue in The Empire Strikes Back, dove la sua impazienza nel voler imparare da Yoda diventa quasi frenetica. Ma le motivazioni rimangono pure: Luke vuole capire, vuole trasformare la saggezza in pratica. Non è mai stata una questione di potere per il potere stesso.

Il contrasto con Ben Solo non potrebbe essere più stridente. Figlio di Han Solo e Leia Organa, due tra i più grandi eroi della Ribellione, Ben è cresciuto con il peso di un’eredità schiacciante. Il suo percorso verso il lato oscuro è stato alimentato da aspettative, pressioni familiari e dalle manipolazioni di Palpatine attraverso Snoke. Quando Luke lo accetta come studente nella sua nuova Accademia Jedi, Ben non è il ragazzo del deserto in cerca di risposte: è il rampollo di una dinastia, identificato fin dall’infanzia come possessore di un enorme potenziale nella Forza.

Luke, traumatizzato dal fallimento con Ben e dalla distruzione della sua Accademia, si era ritirato su Ahch-To convinto che l’ordine Jedi dovesse finire. Ma poi arriva Rey. Una ragazza che non sa nulla delle sue origini, che è cresciuta da sola su un pianeta desertico, sopravvivendo giorno dopo giorno. Una giovane donna che attraversa la galassia con un unico obiettivo: imparare da Luke Skywalker.

In Rey, Luke vede il riflesso di se stesso. Vede il ragazzo che un tempo fissava il doppio tramonto di Tatooine sognando qualcosa di più grande. Vede la purezza dell’intenzione, la fame di conoscenza non corrotta dall’ambizione o dal peso delle aspettative altrui. E in quel momento, Luke completa la sua trasformazione: da studente a maestro, da colui che cercava Obi-Wan a colui che diventa Obi-Wan per un’altra generazione.

La Forza, in fin dei conti, aveva reso i suoi piani evidenti come la luce del giorno. Rey non era lì per caso, e la sua somiglianza con il giovane Luke non era una coincidenza narrativa: era il senso stesso dell’esilio di Luke e della sua eredità finale. Dove aveva fallito con uno studente gravato da troppe aspettative, Luke poteva riuscire con una studentessa che portava solo la voglia di crescere.

La risposta di Luke a Kylo Ren diventa quindi molto più di una semplice spiegazione: è una lezione finale per chi vuole ascoltarla. Non è il potenziale nella Forza a fare un Jedi, non è il lignaggio o la profezia. È la volontà di imparare, l’umiltà di ammettere la propria ignoranza e il desiderio sincero di diventare qualcosa di migliore.

Kylo Ren, naturalmente, odia questa risposta. È troppo semplice, troppo diretta, troppo vera per essere accettata da chi ha costruito la propria identità sul risentimento e sul senso di tradimento. Ma per i fan che hanno cercato di comprendere le scelte narrative di The Last Jedi e The Rise of Skywalker, queste quattro parole offrono una chiave di lettura profonda e coerente.

Star Wars: Legacy of Vader numero 10 non solo chiude un dibattito che ha attraversato anni di discussioni online, ma ricorda a tutti noi quale sia il vero cuore della saga: non i superpoteri o le battaglie spaziali, ma il viaggio di persone ordinarie che scelgono di diventare straordinarie attraverso l’apprendimento, il sacrificio e la fede in qualcosa di più grande di loro stesse.

Luke Skywalker, il ragazzo che voleva solo imparare, è diventato il maestro che ha riconosciuto quella stessa fame in un’altra anima perduta. E in questo passaggio di testimone risiede la vera immortalità della sua leggenda.

Lascia un commento