Il ministro della Cultura Alessandro Giuli proclama trionfalmente di aver “trovato” 100 milioni di euro da destinare al fondo per il cinema e l’audiovisivo. Secondo lui, si tratta di risorse “inutilizzate dal 2022”, ora riassegnate per decreto. Un’operazione che il ministro definisce un successo, nonostante i “necessari e consistenti tagli” imposti dalla manovra.
Ma dietro l’annuncio si cela una manovra che ha il sapore dell’ennesimo raggiro. Le associazioni di categoria – Anica, Apa, Cna Cinema e Audiovisivo – non ci stanno: quei 100 milioni non sono un regalo, ma fondi già maturati dalle imprese attraverso i contributi automatici per sviluppo, produzione e distribuzione. In altre parole, soldi dovuti, non concessi.
Il settore è furioso. Le imprese attendevano lo sblocco di quelle risorse, non il loro saccheggio per coprire i buchi della Finanziaria. Le rassicurazioni ricevute dal ministro si rivelano carta straccia. “La tutela dei diritti acquisiti è imprescindibile – tuonano le associazioni – e una loro violazione sarebbe gravissima, soprattutto dopo il lavoro congiunto con il Mic per accelerare l’erogazione”.
Il presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale (IsICult) smonta la narrazione ministeriale: non si tratta di “fondi inutilizzati”, ma di “fondi non assegnati”. Una partita di giro che sposta risorse già destinate al settore: 40 milioni per il 2022, altri 40 per il 2023, e 21,3 per il 2024. Altro che nuova liquidità: è un travaso mascherato.