Ci sono film che non invecchiano mai, opere che continuano a vivere nell’immaginario collettivo come cartoline perfette di un’epoca. Operazione San Gennaro è uno di questi.

Sessant’anni dopo la sua uscita nelle sale, il capolavoro di Dino Risi torna a battere ciak, questa volta sotto la guida della storica Titanus Production. Non un semplice omaggio nostalgico, ma un vero e proprio ponte tra due Napoli, due modi di fare cinema, due italie che si parlano attraverso la commedia e il furto più amato della storia del cinema italiano.

L’annuncio arriva direttamente da Maria Grazia Saccà, che dal timone della casa di produzione fondata da Gustavo Lombardo nel 1904 sta orchestrando una stagione di rilancio intelligente e rispettosa. Dopo anni dedicati alla riscoperta dei classici del catalogo, dal 2023 la Titanus ha concentrato le energie sul consolidamento della produzione, ristrutturando la divisione Titanus Production come entità indipendente dedicata a film e serie tv. Il remake di Operazione San Gennaro si inserisce proprio in questa strategia: non cancellare il passato, ma farlo dialogare con il presente.

Il film originale del 1966 era molto più di una commedia brillante. Dino Risi, milanese trapiantato nell’anima partenopea per la durata delle riprese, aveva saputo catturare la vera essenza di Napoli in un racconto tragicomico che oscillava tra superstizione e religione, tra furbizia e ingenuità. Al centro della scena, un cast stellare: Totò nei panni indimenticabili di Don Vincenzo detto ‘o Fenomeno, Nino Manfredi come il pupillo Dudù, e un gruppo di ladri americani decisi a trafugare il tesoro di San Gennaro. La città non era semplice sfondo scenografico, ma protagonista assoluta, con i suoi vicoli, i suoi personaggi sgangherati, le sue contraddizioni luminose.

Insieme a Mario Monicelli, Ettore Scola e Luigi Comencini, Risi aveva costruito le fondamenta della commedia all’italiana, quel genere capace di far ridere e riflettere insieme, di mostrare le debolezze umane senza mai sconfinare nel macchiettismo. Operazione San Gennaro incarnava perfettamente questa filosofia: ogni battuta era una piccola verità, ogni personaggio un archetipo riconoscibile, ogni scena un affresco di un’Italia che cambiava velocemente ma conservava radici profondissime.

Il nuovo adattamento mantiene lo spirito dell’originale ma lo proietta nell’oggi. Un americano sbarca a Napoli durante la caotica festa di San Gennaro con l’intento di trafugare il tesoro, ma il contesto è radicalmente mutato: siamo nell’era dei social media, del turismo di massa, delle Stories e dei selfie davanti a ogni monumento. Come si organizza una rapina quando ogni angolo della città è immortalato da migliaia di smartphone? Come si muovono i malviventi quando la privacy è un concetto obsoleto? Il film promette di rispondere a queste domande mantenendo intatti gli ingredienti classici: comicità, equivoci, tradimenti e quella particolare allegria malinconica che solo Napoli sa regalare.

Non è la prima volta che qualcuno rende omaggio a quel furto leggendario. Nel 2017, Carlo Vanzina aveva realizzato Caccia al tesoro, con Vincenzo Salemme protagonista di una storia dove un padre disperato chiedeva a San Gennaro il permesso di rubarne il tesoro per pagare l’operazione salvavita del figlio. Nel film di Vanzina c’era persino una citazione esplicita all’opera di Risi: la terrazza panoramica di Via Toledo 424, dove abitava Dudù, tornava sullo schermo come un saluto affettuoso a quell’universo narrativo.

Ora la Titanus alza ulteriormente la posta, annunciando un progetto che vuole essere dialogo generazionale oltre che cinematografico. Regista e cast non sono ancora stati svelati, ma l’intenzione dichiarata è chiara: mettere in scena un confronto rispettoso tra due epoche, far convivere la Napoli di Totò con quella degli influencer, la pellicola con il digitale, la commedia classica con le dinamiche contemporanee.

C’è qualcosa di profondamente simbolico in questa scelta. Il tesoro di San Gennaro, custodito gelosamente da secoli, diventa metafora del patrimonio culturale italiano: qualcosa da proteggere ma anche da far vivere, da tramandare ma anche da reinterpretare. La Titanus, che ha attraversato l’intero Novecento producendo alcuni dei titoli più importanti del cinema italiano, sa bene che i classici non sono musei da visitare in silenzio, ma organismi vivi che respirano attraverso nuove generazioni di spettatori.

Resta da vedere se questo remake riuscirà nell’impresa più difficile: far ridere senza tradire lo spirito dell’originale, modernizzare senza snaturare, omaggiare senza scimmiottare. La sfida è ambiziosa, il terreno scivoloso. Ma forse è proprio questo il tipo di scommessa che il cinema italiano deve tornare a fare: guardare al proprio glorioso passato non con reverenza paralizzante, ma con la stessa sfacciataggine creativa che animava Risi, Totò, Manfredi quando decisero di raccontare una rapina impossibile in una città impossibile da decifrare.

Napoli aspetta, con quel sorriso beffardo e complice che conosce bene. San Gennaro protegge ancora il suo tesoro, ma forse è pronto a concedere un’altra volta il palcoscenico ai ladri più simpatici del cinema. Sessant’anni sono passati, ma alcune storie meritano di essere raccontate ancora, con linguaggi nuovi ma anime antiche. Il ciak sta per battere di nuovo: stavolta con uno smartphone in una mano e la memoria di un capolavoro nell’altra.

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