Ci sono debutti che restano nella storia per il trionfo immediato, e poi ci sono quelli che iniziano con un’orchestra di fischi. Battlestar Galactica, il reboot targato Syfy che avrebbe ridefinito la fantascienza televisiva nei primi anni Duemila, appartiene alla seconda categoria.
E al centro della tempesta c’era lei: Katee Sackhoff, la giovane attrice chiamata a interpretare Kara “Starbuck” Thrace, uno dei personaggi più iconici della serie originale del 1978.
Durante una recente apparizione al podcast The Joe Rogan Experience, Sackhoff ha ricordato con lucidità e una punta di ironia quel momento cruciale della sua carriera. La prima apparizione pubblica del cast alla Comic-Con di San Diego nella mitica Hall H non fu esattamente una passerella trionfale. “Sono stata fischiata”, ha raccontato l’attrice senza mezzi termini. “Mi hanno fatto buu”. Un battesimo del fuoco che avrebbe spezzato molti, ma non lei.
Il problema era chiaro fin dall’annuncio del casting: nella serie originale di Glen A. Larson, Starbuck era un personaggio maschile, interpretato da Dirk Benedict. Per i fan più devoti della prima ora, quella scelta rappresentava un tradimento imperdonabile. Non si trattava solo di fedeltà alla fonte originale, ma di un attaccamento viscerale a un’epoca televisiva che stava per essere riscritta secondo nuovi codici narrativi.
Quello che rende il racconto di Sackhoff particolarmente affascinante è il contesto tecnologico dell’epoca. Correva l’anno 2003 e Internet era ancora una frontiera inesplorata per molti. “Internet non esisteva, per quanto mi riguardava. Era come una cosa nuovissima”, ha ricordato l’attrice. Quando qualcuno le suggerì che online si stava parlando dello show, la sua reazione fu emblematica: “Cos’è Internet?”. Dovette recarsi in un Internet Café per scoprire cosa il mondo digitale pensasse di lei, un’immagine quasi anacronistica oggi ma perfettamente verosimile per quell’epoca di transizione.
La scoperta non fu piacevole. Thread su thread di critiche feroci, fan storici del franchise che rifiutavano categoricamente l’idea di una Starbuck al femminile. Sackhoff, con la saggezza che solo la retrospettiva può dare, ha ammesso che quella situazione la turbò. “Mentirei se dicessi che non mi ha sconvolto”, ha confessato. Ma poi ha aggiunto un dettaglio fondamentale: aveva ventitré anni, l’età perfetta per affrontare quella tempesta con quella che lei stessa ha definito “la beata ignoranza della gioventù”.
C’era anche un altro fattore che la proteggeva dalle critiche: la convinzione che lo show non sarebbe durato comunque. “Non pensavo che lo show sarebbe durato. Quindi era tipo: ‘Vabbè, non è un grosso problema’. Solo un momento passeggero, tipo: sono nella Hall H”. Una forma di distacco quasi zen che, paradossalmente, potrebbe averla aiutata a dare il meglio di sé senza il peso paralizzante delle aspettative.
La storia di Battlestar Galactica è, in fondo, la storia di una conquista graduale. Il franchise originale era andato in onda su ABC per una sola stagione tra il 1978 e il 1979, seguito dal breve spin-off Galactica 1980 l’anno successivo. Dieci episodi e poi il silenzio. Ma quell’impronta era rimasta indelebile nella memoria collettiva degli appassionati di fantascienza, una generazione cresciuta con quella mitologia spaziale.
Il reboot di Ronald D. Moore non era una semplice rivisitazione nostalgica. Era una reimaginazione radicale, più oscura, più complessa, più adulta. Una delle tante operazioni di restyling che avrebbero caratterizzato la televisione del nuovo millennio, ma con una differenza sostanziale: funzionava. Funzionava talmente bene da conquistare progressivamente proprio quei fan che inizialmente l’avevano rifiutata.
Sackhoff ha raccontato come, convention dopo convention, la fila al suo tavolo diventasse sempre più lunga. E non solo: le persone iniziavano a confessarle una cosa curiosa. “Mi dicevano: non volevamo che ci piacesse lo show, ma lo adoriamo”. È la vittoria più dolce per un artista: conquistare chi era predisposto a odiarti, non attraverso compromessi, ma restando fedele alla propria visione.
La serie sarebbe andata avanti per quattro stagioni complete, più una miniserie iniziale e due film per la televisione. Ha vinto numerosi riconoscimenti, ha ridefinito gli standard della fantascienza televisiva e ha costruito una base di fan appassionati che ancora oggi la considerano una pietra miliare del genere. Kara “Starbuck” Thrace è diventata uno dei personaggi femminili più amati e complessi della TV moderna, un pilota di Viper tormentato e coraggioso che ha dimostrato come il cambiamento di genere di un personaggio potesse arricchirne la profondità anziché tradirne l’essenza.
Il destino del franchise resta incerto. Un revival era stato annunciato per Peacock di NBCUniversal qualche anno fa, ma a luglio 2024 il progetto è stato ufficialmente cancellato. Se Battlestar Galactica tornerà ancora una volta non è dato saperlo. Ma una cosa è certa: dopo l’esperienza del reboot dei primi anni Duemila, i fan potrebbero essere un po’ più aperti mentalmente. Hanno imparato che tradire le aspettative, a volte, significa superarle.