Quando pensi a David Duchovny, la mente corre inevitabilmente agli archivi polverosi dell’FBI, alle luci al neon dei corridoi sotterranei e a quella voce che sussurrava “La verità è là fuori”.
Fox Mulder è stato per anni il volto dell’ossessione investigativa, l’uomo che credeva negli alieni quando nessun altro lo faceva. Ora, però, Duchovny abbandona le teorie della cospirazione per immergersi in un thriller psicologico dalle tinte britanniche che promette di riscrivere le regole del gioco. Dal 14 novembre, tutti i sei episodi di “Malice” saranno disponibili su Prime Video, trasportando l’attore americano in un viaggio tra il sole accecante della Grecia e le ombre gelide di Londra.
La serie si apre con una cartolina che nasconde veleno. Adam, interpretato da Jack Whitehall, è un tutor carismatico che sembra uscito da un romanzo di Patricia Highsmith: educato, affascinante, con quel sorriso che disarma anche i più sospettosi. Durante una vacanza idilliaca in Grecia, la famiglia Tanner lo accoglie con la fiducia ingenua di chi non immagina che dietro gli occhiali da sole e le camicie di lino si nasconda un piano meticoloso di distruzione. Quando la tata della famiglia si ammala gravemente, Adam orchestra il suo ingresso nella casa londinese dei Tanner con la precisione di un maestro di scacchi. Ma questa non è una partita qualsiasi: è una guerra silenziosa dove ogni mossa è calcolata per smantellare, pezzo dopo pezzo, l’equilibrio di una famiglia apparentemente perfetta.
David Duchovny veste i panni di Jamie Tanner, il capofamiglia che rappresenta tutto ciò che Fox Mulder non è mai stato: radicato, agiato, circondato dall’affetto di moglie e figli. Eppure, proprio questa stabilità diventa il suo tallone d’Achille. Al suo fianco, Carice van Houten, indimenticabile Melisandre di “Game of Thrones”, interpreta Nat, una donna che si ritrova intrappolata tra l’amore per il marito e i dubbi crescenti su ciò che sta accadendo sotto il loro tetto. La natura vendicativa di Adam emerge lentamente, come un veleno che si diffonde nelle vene: mette Jamie e Nat l’uno contro l’altra, manipola le dinamiche familiari, semina discordia con la maestria di chi conosce esattamente dove colpire per far crollare un castello di carte.
Il cast di “Malice” è un mosaico di talenti che eleva la miniserie ben oltre il thriller psicologico standard. Jack Whitehall, noto per i suoi ruoli comici, compie qui una virata drastica verso il drammatico, dimostrando una versatilità che sorprenderà anche i suoi fan più affezionati. A completare il nucleo familiare dei Tanner ci sono Harry Gilby, Teddie Allen e Phoenix Laroche nei panni dei tre figli, mentre Christine Adams e Raza Jaffrey interpretano Jules e Damien, i migliori amici della coppia, con le esordienti Rianna Kellman e Jade Khan nei ruoli delle loro figlie. È un ensemble che funziona come un organismo unico, dove ogni personaggio è una tessera necessaria al puzzle narrativo.
Chi è davvero Adam Healey? Cosa ha spinto questo giovane affascinante a dedicare tempo ed energie per infiltrarsi così profondamente nella vita dei Tanner? La serie costruisce il suo mistero attraverso flashback calibrati e rivelazioni dosate con chirurgica precisione. Coloro che tentano di scavare nel passato di Adam si ritrovano a giocare una partita pericolosa, dove la curiosità può costare molto più di quanto siano disposti a pagare. L’ossessione del protagonista solleva domande inquietanti, ma le risposte arrivano sempre troppo tardi, quando il danno è già fatto e le conseguenze sono irreversibili.
Per Jamie Tanner, la discesa negli inferi è graduale ma inesorabile. Il suo mondo comincia a crollare: la carriera vacilla, il matrimonio si incrina, i figli sembrano estranei. Quando finalmente i pezzi del puzzle iniziano a comporsi e Jamie comprende che Adam potrebbe essere il responsabile di tutti i loro recenti disastri, la domanda diventa lacerante: sarà troppo tardi per salvare la sua famiglia? “Malice” gioca con il concetto di tempo e percezione, costringendo lo spettatore a chiedersi quanto si possa essere ciechi di fronte all’evidenza quando questa si presenta con il volto dell’amicizia.
La scelta di ambientare la serie tra la Grecia solare e la Londra nebbiosa non è casuale. Il contrasto visivo rispecchia perfettamente la dualità di Adam: la superficie luminosa e l’oscurità interiore. Le riprese greche offrono quello scenario da cartolina che rende ancora più stridente il tradimento che si consuma sotto quel cielo azzurro, mentre Londra, con la sua architettura vittoriana e i suoi spazi claustrofobici, diventa la gabbia perfetta per l’atto finale di questa tragedia moderna.
David Duchovny, dopo decenni di carriera tra alieni e autori in crisi, dimostra ancora una volta di saper scegliere progetti che sfidano la sua immagine consolidata. Jamie Tanner è vulnerabile dove Fox Mulder era corazzato, è credulo dove l’agente dell’FBI era sospettoso. È un personaggio che permette all’attore di esplorare sfumature inedite, lontane dai cliché che hanno definito la sua filmografia. Se in “X-Files” la verità era là fuori, in “Malice” è nascosta molto più vicino, forse troppo vicino per essere vista.
Con il debutto fissato per il 14 novembre su Prime Video, “Malice” si prepara a conquistare gli appassionati di thriller psicologici e i nostalgici di Duchovny in egual misura. Sei episodi che promettono di tenere incollati allo schermo, dove ogni scena è un tassello di un mosaico più grande, dove nulla è come appare e dove la domanda fondamentale non è “chi è il colpevole” ma “quanto siamo disposti a credere alle persone che scegliamo di far entrare nelle nostre vite”. La risposta potrebbe essere più inquietante di qualsiasi verità aliena Fox Mulder abbia mai cercato.