La notte scorsa si è spento a Roma, all’età di 74 anni, Mauro Di Francesco, l’attore e cabarettista che per un’intera generazione ha incarnato l’essenza della commedia italiana degli anni Ottanta.

Ricoverato da un mese per complicazioni di salute, Maurino – come lo chiamavano tutti – ha lasciato un vuoto incolmabile nel panorama dello spettacolo italiano. Una decina di anni fa aveva affrontato con coraggio un trapianto di fegato che gli aveva regalato una seconda possibilità, ma il destino aveva altri piani per lui.

Nato a Milano il 17 maggio 1951, figlio di una sarta teatrale e di un direttore di palcoscenico, Di Francesco aveva il teatro nel sangue ancor prima di poter scegliere. A soli cinque anni debuttò con il Mago Zurlì, dando inizio a una carriera precoce che lo vide bambino attore in spot pubblicitari e spettacoli teatrali. Ma fu l’ingresso a quindici anni nella prestigiosa compagnia di Giorgio Strehler a segnare una svolta decisiva: lavorare accanto a Valentina Cortese significava respirare il grande teatro, quello che forma e trasforma. A diciassette anni arrivò anche la televisione, con lo sceneggiato Rai “La freccia nera”.

Gli anni Settanta furono quelli del cabaret, la fucina che avrebbe plasmato il volto della comicità italiana. Insieme a Livia Cerini e poi nel Gruppo Repellente, creatura geniale di Enzo Jannacci e Beppe Viola, Di Francesco condivise il palco con colleghi destinati a diventare leggende: Diego Abatantuono, Massimo Boldi, Giorgio Faletti. Era l’epoca in cui la risata nasceva dalla strada, dall’osservazione della realtà milanese, da quella capacità tutta lombarda di ridere di se stessi senza perdere dignità.

Ma è negli anni Ottanta che Maurino diventa un’icona. I film di Carlo Vanzina – “I fichissimi”, “Il ras del quartiere”, “Eccezzziunale veramente – Capitolo secondo… me” – lo trasformano in un volto familiare per milioni di italiani. È in “Sapore di mare 2 – Un anno dopo”, “Yesterday – Vacanze al mare”, “Ferragosto Ok” e nei due capitoli di “Abbronzatissimi” che costruisce il suo personaggio più riconoscibile: il giovane milanese impacciato, quello che cerca di conquistare le ragazze con una timidezza disarmante, un mix perfetto di ironia, genuinità e quella malinconia che rendeva ogni sua battuta più umana, più vera.

Chi lo ha conosciuto ricorda il suo talento nel rendere credibile anche il personaggio più goffo, perché dietro la maschera comica c’era sempre un attore vero, cresciuto nelle migliori scuole teatrali italiane. Indimenticabili le sue apparizioni accanto a Diego Abatantuono in “Attila flagello di Dio” di Castellano e Pipolo, dove la chimica tra i due attori creava momenti di pura comicità.

Sul set di “Sapore di mare 2” incontrò l’attrice francese Pascale Reynaud, dalla quale ebbe un figlio, Daniel. Successivamente, nel 1997, sposò Antonella Palma di Fratianni. La vita privata divenne sempre più importante negli ultimi anni, quando rallentò drasticamente l’attività artistica per dedicarsi alla Toscana e agli affetti più cari, senza mai perdere quella simpatia e quella battuta pronta che lo avevano reso celebre.

Il suo ultimo film risale al 2019: “Odissea nell’ospizio”, diretto dall’amico Jerry Calà. Un testamento artistico che chiudeva un cerchio iniziato quasi settant’anni prima, quando un bambino di cinque anni saliva sul palco con il Mago Zurlì senza sapere che avrebbe attraversato mezzo secolo di spettacolo italiano, lasciando un’impronta indelebile nel cuore di chi lo ha visto recitare. Mauro Di Francesco se n’è andato, ma il suo sorriso impacciato continuerà a vivere in quelle commedie estive che ancora oggi ci fanno sorridere, ricordandoci un’epoca in cui ridere era più semplice, più leggero, più umano.

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