L’educazione criminale della ragazza che ha cambiato Mare Fuori

Prima che diventasse il volto più enigmatico di Mare Fuori, prima che il suo sguardo glaciale e ferito conquistasse il pubblico, c’era una ragazza. Io sono Rosa Ricci, diretto da Lyda Patitucci e presentato alla Festa del Cinema di Roma, è il prequel che racconta la genesi di una delle figure più iconiche della serialità italiana.

Un film che fonde azione, formazione e tragedia, costruendo il ritratto di una giovane donna che impara troppo presto le regole della sopravvivenza e della paura.

Napoli, 2020 Rosa Ricci ha quindici anni e un’eredità ingombrante: è figlia di uno dei boss più temuti della città.

È una ragazzina schiva, che vive in una gabbia dorata protetta da Don Salvatore e dal suo clan.

Quando viene rapita da un narcotrafficante intenzionato a colpire suo padre, Rosa si ritrova prigioniera su un’isola remota.

Minacciata e costantemente in pericolo, durante la sua prigionia intraprende però un percorso di crescita e stringe un legame profondo che le darà forza e una nuova consapevolezza.

Mentre il padre scatena una guerra per salvarla, Rosa non aspetta di essere salvata: progetta la sua fuga.

Quando finalmente torna a Napoli, non è più la ragazza di prima: ora è pronta a riprendersi la sua vita.

E a scegliere, da sola, il suo destino. Anche se questo significa trovare vendetta.

Protagonista assoluta Maria Esposito, che restituisce una Rosa potente e fragile allo stesso tempo, costruendo un personaggio credibile, umano, istintivo.

Accanto a lei Raiz (Don Salvatore Ricci), Ivan Castiglione, Giovanni Amura, Antonio De Matteo, Antonio D’Aquino, e Yari Gugliucci.

La regia di Lyda Patitucci predilige un linguaggio visivo cinematografico, fatto di contrasti netti, sguardi sospesi e una fotografia che alterna la luce dorata del Sud al buio claustrofobico della prigionia.

Io sono Rosa Ricci è un viaggio nell’ombra e nella rinascita.

Lyda Patitucci costruisce un film che rinuncia al romanticismo tragico della serie madre per scegliere un tono più duro, più asciutto, quasi “noir”.

La narrazione alterna tensione e introspezione, esplorando il confine sottile tra innocenza e colpa, fragilità e potere.

La protagonista attraversa un vero e proprio rito di passaggio, in cui la violenza diventa linguaggio e sopravvivere significa imparare a dominare la paura.

Visivamente potente, il film trova il suo cuore in Maria Esposito: magnetica, autentica, capace di comunicare tutto con uno sguardo.

Qualche prevedibilità narrativa affiora, ma l’energia emotiva resta intatta.

Rosa non è più solo un personaggio: è simbolo di una generazione che lotta per definire se stessa, anche nel buio.

Tra fragilità e ferocia, Io sono Rosa Ricci non è solo un prequel: è un racconto di rinascita. Una storia di sangue, crescita e autodeterminazione, che ci ricorda come la forza, a volte, nasca proprio dal dolore.