Ci sono luoghi dove la bellezza ha un prezzo. E poi c’è Capo Malfatano, in Sardegna, dove un pastore ha dimostrato che alcune cose semplicemente non sono in vendita.
È da questa storia vera, quella di Ovidio Marras, che nasce “La vita va così”, il nuovo film di Riccardo Milani al cinema dal 23 ottobre, un racconto che vibra tra le contraddizioni del nostro tempo e la forza silenziosa di chi sceglie di resistere.
La trama è un microcosmo che riflette battaglie universali: una spiaggia da cartolina, un imprenditore che sogna un centro turistico, un pastore e sua figlia che si rifiutano di abbandonare la loro casa. E un intero paese diviso, stretto tra la promessa di lavoro e il desiderio di preservare l’anima di un territorio. Ma questa non è solo una favola ambientalista. È qualcosa di più profondo, più umano.
“La Sardegna è un territorio che frequento da una vita. Qui Ovidio Marras, il pastore che si rifiutò di vendere e che è morto un anno fa, è diventato un simbolo prima locale, poi nazionale e infine addirittura mondiale. Dovevo farci un film”.
Il regista ha passato mesi a incontrare pastori, a comprendere il loro mondo, il loro ritmo, la loro filosofia. Alla fine ha trovato Giuseppe Ignazio Loi, 85 anni, pastore vero che recita nel film con una naturalezza disarmante. “Ha lo sguardo limpido e puro di un bambino”, spiega Milani con una tenerezza palpabile.
Virginia Raffaele interpreta la figlia del pastore, e per prepararsi al ruolo ha fatto un viaggio non solo geografico ma linguistico.
“Per la pronuncia mi ha aiutato Daniela, un’amica sarda di Riccardo. Ho capito che stavo facendo progressi quando, incredibilmente, mi sono accorta che riuscivo a capire la stupenda parlata del pastore sul set. All’inizio mi sembrava giapponese”. Girare nella vera casa di Ovidio Marras, a venti metri da una delle spiagge più belle del mondo, è stata un’esperienza che l’ha segnata: “La notte sentivi il rumore del mare e lì ho pensato: ecco perché era così innamorato di questo luogo”.
Diego Abatantuono veste i panni dell’imprenditore, il presunto antagonista della storia. Ma Milani ha costruito un personaggio sfaccettato, lontano dal cliché del cattivo di cartone. “Il problema non è lui, ma la cultura che incarna: quella di chi pensa di poter comprare tutto”, spiega Abatantuono. “Infatti quando il pastore si rifiuta di vendergli il terreno e la sua casa, resta sbalordito. Non riesce a credere che si possa rinunciare al lavoro e ai soldi: quello è il suo mondo”. Il personaggio intraprende un viaggio in Sardegna non per conquistare, ma per comprendere. E in questo desiderio di capire si nasconde tutta l’umanità del film.
“Volevo mostrare le ragioni di tutti”, chiarisce il regista. “Creare lavoro e proteggere il territorio sono due bisogni reali, il film è un invito a trovare il modo per conciliarli”. Non ci sono buoni e cattivi assoluti in questa storia, solo persone con bisogni diversi che abitano lo stesso mondo fragile.
Sul set di “La vita va così” si è creata una famiglia temporanea ma intensa. C’è anche Aldo Baglio nel cast, e le domeniche a Pula, vicino a Cagliari, diventavano momenti di condivisione culinaria. “Eravamo compagni di pianerottolo”, racconta Virginia Raffaele con affetto. “Ci trasformavamo in due comari, lui cucinava il primo e io il secondo. Io facevo le piccatine al limone e lui la pasta con le carotine. Sta in fissa con quel piatto, dice che è l’unico che gli permettono di cucinare a casa”. Abatantuono invece ricorda con ironia: “Io in una scena mangio il famoso uovo dello chef Cracco. E mi va pure di traverso”.
Il film parla di luoghi che hanno un valore che trascende il mercato, e questa domanda ha toccato corde profonde anche nei protagonisti. Per Virginia Raffaele il luogo del cuore non c’è più: “Era il vecchio Luneur di Roma, lo storico Luna Park che avevano fondato i miei nonni, la mia casa da bambina. Nel 2008 venne chiuso lasciando sulla strada 200 famiglie. Ecco, sul set mi sono ricordata di quella storia lì”. Diego Abatantuono invece si perde in un elenco affettuoso: “Ho nel cuore il quartiere Giambellino di Milano. Ma anche il Derby Club e poi Roma, Lucca, Bologna e la mia casa sulle colline tra la Romagna e le Marche”.
La Sardegna stessa diventa un personaggio del film, con la sua bellezza selvaggia e le sue contraddizioni. Abatantuono confessa il suo amore per Tavolara, dove ha avuto una casa, e per l’entroterra scoperto con Cracco per “Dinner Club”: “L’entroterra è incredibile, con boschi e altopiani meravigliosi”. Virginia Raffaele, che da giovane ha fatto l’animatrice a Porto Rotondo, ha riscoperto l’isola attraverso il cinema: “Dopo il film, la bottarga sarda è diventata una delle cose che amo di più in assoluto. E guardate che io sul cibo ‘nun me faccio parla’ dietro!'”.
Il film si chiude con una dedica speciale a Gigi Riva, il leggendario calciatore del Cagliari scomparso nel 2024. “È uno degli eroi che ho avuto la fortuna di incontrare”, rivela Milani con emozione. “Lui veniva da fuori, ma è diventato un simbolo di quella terra, una bandiera. Gli hanno offerto una fortuna per lasciare il Cagliari, ma lui aveva la stessa filosofia del film. Non tutto è in vendita e non tutto si può comprare”.
In un’epoca in cui tutto sembra avere un prezzo, “La vita va così” racconta la storia di chi ha scelto diversamente. Di chi ha guardato il mare dalla finestra della sua casa e ha capito che quella vista non aveva equivalente in denaro. Di chi ha preferito il rumore delle onde a quello delle ruspe. È un film che pone domande scomode e non offre risposte facili, ma invita a riflettere su cosa significhi davvero la parola “ricchezza”.
Giuseppe Ignazio Loi, il pastore ottantacinquenne protagonista, all’inizio del set era spaesato. “Non capiva perché si dovesse ripetere una scena o perché spostassero tutto tra un ciak e l’altro”, racconta Virginia Raffaele. Ma la sua autenticità ha conquistato tutti. “È un uomo straordinario, vero, autentico”, conferma Abatantuono. “Se adesso diventa famoso, spero che non cambi”.
La storia di Ovidio Marras è diventata leggenda. Un simbolo prima locale, poi nazionale, infine mondiale. E ora, grazie al cinema di Riccardo Milani, quella piccola casa a venti metri dal mare più bello del mondo continua a raccontare che esistono valori che nessun assegno può comprare. Perché, come recita il titolo, la vita va così: ci sono cose che semplicemente non hanno prezzo.