Il fandom di Star Wars non ha ancora finito di metabolizzare la notizia del rifiuto a Steven Soderbergh e Adam Driver per The Hunt for Ben Solo, e già emerge un altro capitolo di quella che sta diventando una saga nella saga: quella dei grandi registi respinti dalla galassia lontana lontana.

Questa volta il protagonista è David Fincher, il visionario dietro capolavori come Seven, Fight Club e Zodiac, che dopo l’Episodio IX aveva un’idea per tornare nell’universo che lo aveva visto muovere i primi passi professionali.

Secondo quanto riportato da Jeff Sneider nella sua newsletter InSneider, Fincher avrebbe avuto conversazioni concrete con Lucasfilm per dirigere un film ambientato dopo The Rise of Skywalker. Non un episodio qualsiasi, ma un progetto che avrebbe seguito uno dei personaggi dell’Episodio IX, anche se i dettagli della pitch rimangono avvolti nel mistero. Sneider stesso ha ammesso di conoscere i particolari ma di aver promesso di non rivelarli, lasciando aperta una porticina di speranza che forse, un giorno, quel progetto potrebbe ancora materializzarsi.

Ma cosa è andato storto? La questione si è arenata su un punto non negoziabile per un regista del calibro di Fincher: il final cut, il montaggio finale. Nonostante il regista fosse disposto a scendere a compromessi sul budget e su altri aspetti della produzione, non poteva rinunciare al controllo creativo totale sulla sua opera. E Lucasfilm, semplicemente, non poteva concederglielo. Una linea rossa che ha reso ogni ulteriore trattativa inutile.

La storia tra Fincher e Star Wars è più lunga e intrecciata di quanto si possa immaginare. Prima di diventare uno dei filmmaker più rispettati di Hollywood, Fincher era un giovane assistente cameraman e fotografo di matte painting alla Industrial Light & Magic, lavorando proprio a Il ritorno dello Jedi e Indiana Jones e il tempio maledetto. Kathleen Kennedy lo aveva già corteggiato per dirigere Il risveglio della Forza, il primo capitolo della trilogia sequel, ma all’epoca Fincher declinò. Venne poi offerto l’Episodio IX, ma anche quella volta disse no, dichiarando apertamente di non avere interesse nel cinema di franchise.

Eppure qualcosa cambiò tra il 2017 e il 2019. Cosa può aver fatto ricredere un regista che aveva sempre tenuto le distanze dai blockbuster dopo la traumatica esperienza di Alien 3? Forse il contesto temporale offre una chiave di lettura. Fincher si sarebbe riavvicinato a Lucasfilm proprio dopo l’uscita di The Rise of Skywalker, in un periodo in cui il suo ultimo film per il cinema, L’amore bugiardo – Gone Girl, risaliva ormai al 2014, e il suo successivo progetto, Mank, era destinato esclusivamente a Netflix.

Il timing è cruciale per comprendere entrambi i rifiuti, quello a Fincher e quello più recente a Soderbergh. Nel 2019-2020, Lucasfilm stava spostando il baricentro di Star Wars verso le serie televisive su Disney+, con The Mandalorian a fare da apripista trionfale. I film erano ancora nei piani, affidati a nomi come Patty Jenkins, Taika Waititi e Rian Johnson, ma evidentemente lo studio non era pronto a cedere un controllo così ampio a un autore che, non a caso, ha trovato casa a Netflix proprio perché la piattaforma gli garantisce libertà creativa assoluta e budget generosi.

La situazione cambiò apparentemente nel 2021, quando Lucasfilm sembrò più aperta a riportare Star Wars sul grande schermo con progetti ambiziosi. Fu in quel periodo che approvò effettivamente il film su Kylo Ren proposto da Adam Driver e Steven Soderbergh, salvo poi vederlo bocciato dalla Disney stessa. Un paradosso amaro: Lucasfilm potrebbe non aver voluto dare pieno controllo a Fincher, ma era pronta a fidarsi di Soderbergh, solo per essere poi fermata dai piani alti della casa madre.

Star Wars si trova oggi in un territorio inesplorato e scivoloso. The Mandalorian & Grogu, il prossimo film del franchise, non sta generando l’entusiasmo che Disney si aspettava. Dieci anni fa, un nuovo capitolo della saga era l’evento cinematografico per eccellenza a livello globale. Oggi, a malapena scalfisce la conversazione culturale. Eppure non è che manchino registi di talento desiderosi di cimentarsi con quella galassia: il problema sembra essere che Lucasfilm e Disney non riescono a trovare il modo di dirgli sì.

La domanda che aleggia su tutto questo è inevitabile: che forma avrebbe Star Wars oggi se Disney avesse detto sì a questi progetti? Se avesse permesso a David Fincher di portare la sua estetica precisa e psicologicamente stratificata in quella galassia? Se avesse lasciato che Steven Soderbergh raccontasse la redenzione postuma di Ben Solo? Sono domande destinate a rimanere senza risposta, almeno per ora.

Resta però un barlume di possibilità. L’esperienza traumatica di Alien 3 non ha impedito a Fincher di considerare un ritorno a Star Wars. Se il futuro del franchise prenderà una direzione diversa, se Lucasfilm troverà un modo per bilanciare visione autoriale e necessità produttive, forse quel regista che fotografava i modellini per Il ritorno dello Jedi potrebbe ancora tornare a casa. Questa volta, però, con la macchina da presa saldamente nelle sue mani e il diritto di decidere quale sarà l’ultima inquadratura.

Lascia un commento